Fu il Grand Guignol

Fu il Grand Guignol La realtà ha superato il teatro Fu il Grand Guignol t mTeatro del Grand Guignol. | pa cura di Corrado Augias, ì hEd. Einaudi, pag. 392, 5000. lire : Ad Letti o riletti coscienziosamente t tredici testi raccolti da Corrado Augias. e cercando di ii vederli » nella saletta parigina di me Chaptal dove per mezzo secolo furono rappresentati, si può tranquillamente concludere che il repertorio del Grand Guignol. « liquidato a suo tempo con poche note severe o. al con cldslscigtrarlo, con offensiva compia- j dcenza », non è più stato riva-1 lutato non solo perché, come \ scrive l'Augias in un'ampia i oe minuziosa nota conclusiva,: non è più stato letto, sceni-1 Scarnente soprattutto, ma anj che perché non ne valeva la pena. Queste pièces gremite di criminali, di sadici e di dementi d'ogni specie, grondanti sangue e lacrime, che ! erano poi lacca rossa e glicerina, e che offrivano a una diva dell'orrore, la Maxa, il pretesto di farsi uccidere in sessanta modi diversi, esasperavano sino alla ripugnanza il naturalismo che le aveva generate fondando l'azione teatrale « sulla sola convulsione degli accadimenti ». Detto questo, altrettanto tranquillamente si può aggiungere che questi testi conservano tuttora un notevole interesse per la storia dello spettacolo, della teoria e del costume teatrale. Soprattutto per la « politicità », e qui non importa se quasi sempre involontaria o inconsapevole, che l'Augias non senza sottigliezza, ma anche con qualche forzatura, rintraccia in essi considerando il Grand Guignol come un « rivelatore quasi automatico delle contraddizioni e della ferocia nascosta nelle istituzioni dette civili del tempo ». Teatro politico quindi, nel senso assai lato di teatro di documento e di testimonianza e, nonostante la sua indifferenza all'ideologia, di denunzia e di accusa, almeno come grido. Con un'avvertenza tuttavia: il teatro può essere, sì, una spia del proprio tempo ma, si badi, è quasi sempre in ritardo, e più reticente e ambiguo, rispetto alla letteratura e alle arti figurative. Basti pensare che il Grand Guignol apre i battenti nel 1896 j — come « Théàtre Salon », zgplfpccaGps ma già lanno dopo con il proprio nome — quando li ha appena chiusi il teatro di Antoine e, soprattutto, quando il naturalismo è finito da un pezzo. Il che da una parte costrinse il Guignol a darsi la fisionomia che ebbe rendendo più evidenti e congestionati i riferimenti, e dall'altra gli precluse ogni possibilità di sviluppo e ne accorciò resistenza: nel 1929 il teatro, e il genere, sono già al tramonto. Di questa rapida decaden:a giustamente l'Augias in- dica una delle cause principa- li nella tecnica più perfezio nata del cinematografo che, oltre ad attingere sovente al le stessi fonti (Poe, Wells, Stevenson...), saccheggiò sen- za scrupoli il repertorio granghignolesco con risultati, sul piano di una tecnologia dell'immaginario, assai più efficaci. Al telefono ad esempio, una delle più celebri pièces del « principe del terrore » André de Lorde (la recitava anche Zacconi e non manca nel libro un'accurata appendice sulla fortuna del Grand Guignol in Italia), fu più volte portata sullo schermo e, nel 1909, quasi certamente suggerì a Griffith The lonely villa offrendo al regista americano il destro per una delle sue primissime prove di montaggio alternato. E poi, conclude l'Augias, oltre che da un'altra finzione, quella cinematografica appunto, il Guignol è stato su¬ perato anche dalla realtà, e già con la prima guerra mondiale e le sue insensate carneficine, figuriamoci oggi. Che cosa sono, di fronte ai campi di sterminio, i millecinquecento ulani del Bel reggimento che debbono essere abbattuti come cani rabbiosi? E dopo gli esperimenti sugli esseri umani compiuti dai medici nazisti, chi può veramente rabbrividire per i trattamenti crudeli inflitti agli animali dal Fabbricatore di mostri? Ormai la tortura, che il Guignol riservava al sadismo di pochi, è una pratica cor rente in quasi tutti i paesi del mondo. Almeno questi drammi sono talvolta attraversati da un moto di pietà per gli umili e i derelitti (Una lezione alla Salpétrière che viceversa condanna, nell'incoscienza di un medico, lo strapotere delle classi agiate, o Laboratorio di ciechi, ancora tutto impregnato di ottocentesco filantropismo) o da aneliti umanitari e fermenti anarchici che ne nobilitano i protagonisti (Miss Agnese di Manciurla e La gabbia) e persino da una vena di humour che curiosamente fa assomigliare L'innocente criminale (dove i poliziotti, il giudice e il vero colpevole convincono un poveraccio a lasciarsi condannare per un delitto che non ha commesso) a una commedia di Feydeau o addirittura di Campanile. Alberto Blandi

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