Roma: vino dei Castelli venduto "avvelenato,, di Francesco Santini

Roma: vino dei Castelli venduto "avvelenato,, Scandalo denunciato dal Nas Roma: vino dei Castelli venduto "avvelenato,, Chiuse ventidue cantine di Frascati, Velletri, Monteporzio e Marino - Due già arrestati - Previsti altri mandati di cattura Avrebbero usato un tossico pericoloso per stabilizzare il vino (Nostro servizio particolare) Roma, 17 gennaio. Il vino dei Castelli, ultimo vanto dei «romani de Roma», è sofisticato e in proporzioni tanto rilevanti che oggi si sconsiglia persino di assaggiarlo. Visitate all'improvviso dai carabinieri del Nas, Ventidue cantine di Frascati, Velletri, Monteporzio e Marino, località tra le più rinomate per la bontà del prodotto, sono state chiuse; si annunciano, per domani, altrettanti mandati di cattura per i ventidue proprietari, due persone già sono state arrestate. Per stabilizzare il vino nuovo e immetterlo immediatamente sul mercato di Roma che, secondo dati non ufficiali, assorbe settimanalmente dai castelli ottocentomila litri del famoso «Cannellino», si servivano di un tossico pericoloso, l'azoto idrato di sodio. E' questo un veleno dagli effetti «catastrofici». «Nei casi limite — mette in guardia un enologo — sopraggiunge la morte. Nei più leggeri si hanno malesseri, disturbi alla digestione e via dicendo». Aggiunge: «L'azoto idrato di sodio attacca il sistema nervoso, opera sui sistemi enzimatici, danneggia i vasi sanguigni». Elenca poi una serie paurosa di possibili conseguenze, avvertendo, «senza la pretesa della precisione scientifica», su quanto può accadere a chi ingerisca una quantità elevata della sostanza incriminata: «Paralisi, cecità, convulsioni, gastriti, coliti, collassi, anemia, blocco intestinale, paralisi della respirazione ». Il presidente della provincia ha dichiarato: «In 74 campioni di vino, su 226 prelevati, dal laboratorio provinciale di igiene e profilassi in sette comuni della provincia di Roma, compreso quello di Roma, è stata riscontrata la presenza di azotidrato di sodio. Un terzo cioè dei vini fino ad ora esaminati e un terzo delle ditte implicate nell'indagine fatta in laboratorio'. 22 su 71, non sono risultati in regola». L'inchiesta è in pieno svolgimento ormai da 15 giorni; nessuno però a Roma conosce i nomi delle aziende incriminate né da quanto tempo il «vino genuino» dei Castelli sia un «pericolo pubblico» a portata di mano nelle mescite, nelle osterie, nei ristoranti, nei negozi più sofisticati, fin nei supermercati. Ad iniziare l'indagine è stato Gianfranco Amendola, noto come il «pretore degli inquinamenti» per le sue clamorose inchieste giudiziarie. Dinanzi alla gravità dei reati accertati ha dovuto segnare il passo e trasferire alla procura della Repubblica l'intero «dossier». Gli avvisi di procedimento sono stati quindi firmati dal sostituto procuratore Nicolò Amato, il quale, nell'indiziare di reato i responsabili delle cantine, ha citato l'articolo 440 del codice penale che prevede dai 3 ai 10 anni di reclusione per chi consumi e produca sostanze pericolose per la salute pubblica. «Mi auguro — ha detto ancora il presidente della provincia, La Morgia — che i nomi del responsabili vengano fatti da coloro ai quali compete, e fatti al più presto, per tutelare la salute dei concittadini e quelle ditte, il cui prodotto è esente dal pericoloso additivo chimico». Finora gli unici nomi resi pubblici sono quelli dei due arrestati: il commerciante vinicolo Giuseppe Ciffa e l'enologo Vittorio Magri, tutti e due di Frascati. Al primo i carabinieri del nucleo antisofisticazioni hanno sequestrato quattrocento quintali di vino trattato con la sostanza tossica; al secondo muovono l'accusa di aver contribuito, con la sua competenza, all'adulterazione. L'inchiesta è adesso ripartita in tre settori: parte degli inquirenti si occupano di stabilire le responsabilità dei produttori; altri sono impegnati nel rintracciare i negozi, le fiaschetterie e i ristoranti riforniti dagli adulteratori; altri ancora debbono stabilire attraverso quali sistemi i produttori siano riusciti a procurarsi l'azotidrato di sodio. E' questa infatti una sostanza non in commercio, venduta a più di centomila lire al chilo, pericolosissima perché per «stabilizzare» mille litri di vino sono sufficienti tre grammi e il minimo sbaglio può risultare fatale. Quello di stabilizzare il «Cannellino» evitando che nel trasporto a Roma si intorbidisca e perda il suo bel color d'oro è uno dei problemi che da sempre ha angustiato i produttori dei Castelli. Chi fino a qualche tempo fa non voleva aspettare che il vino nuovo si posasse lentamente nelle botti, si serviva di piccole quantità di zolfo, ma il prodotto, ai palati più raffinati, risultava irrimediabilmente compromesso. L'uso dello zolfo era negli anni scorsi molto diffuso, e i romani erano soliti andare ai Castelli direttamente, per una scampagnata «fori porta» in cerca delle «fraschette», un segnale di ra¬ csrstr mi verdi sporgenti da una staccionata lungo la strada per avvertire che nel podere si vendeva vino. Adesso lungo le strade dei Castelli è difficile incontrare una «fraschetta» ed il «Cannellino» smerciato nelle fiaschetterie romane da molto tempo non ha più il sapore dello zolfo. Francesco Santini 7 *

Persone citate: Castelli, Gianfranco Amendola, Morgia, Nicolò Amato, Vittorio Magri