7000 km nell'Oceano la regata da Città del Capo a Rio

7000 km nell'Oceano la regata da Città del Capo a Rio kvela 7000 km nell'Oceano la regata da Città del Capo a Rio Quarantaquattro equipaggi (tre italiani) salutati da 150 mila spettatori - I rischi della traversata: due anni fa uno scafo si scontrò con una balena e affondò in poco tempo - Barche di 9 metri tengono medie di 6 nodi per migliaia di chilometri - Come "sfruttare" gli alisei Sabato scorso sono partiti da Città del Capo i quarantaquattro equipaggi che partecipano alla lunghissima regata transoceanica con traguardo a Rio de Janeiro. Li hanno salutati 150 mila spettatori, segno tangibile di popolarità della vela. 1 giornali ne hanno parlato sottolineando due l'alti: sono in gara tre barche italiane con equipaggi italiani, la regata di 7000 chilometri offre notevoli rischi compreso quello di scontrarsi con una balena (due anni fa uno scafo fu colpito con tale violenza da affondare in poco tempo). Dirci che un'impresa del genere non appare importante e affascinante soltanto nella misura in cui è rischiosa. E' un metro da rifiutare tenacemente, perché suggerito da un vero e proprio capovolgimento dei valori fondamentali c di quelli sportivi. Allo slesso modo si dice che una scalala è eccezionale perché l'alpinista ha molte probabilità di essere bloccalo dalla tormenta. La transoceanica Capetown- Rio è straordinaria come impresa che ripropone all'uomo, in gruppo, e non in solitario, il tema della navigazione col vento su lunghissime distanze, facendo riscoprire qualità messe in disparte nell'esistenza abituale: conoscenza degli clementi naturali e dell'universo (navigare con gli astri), abilità nello sfruttare i venti senza rischiare avarie e avendo di fronte non poche ore di regala ma un mese, sopportazione reciproca e solidarietà Ira l'equipaggio, capacità di stabilire col mare un rapporto inedito, fatto di attenzione continua ma anche di pazienza. Il tempo ha misure diverse. Le distanze ingigantiscono, quando in 24 ore si percorrono 100 miglia avendone di Ironie più di 5.000. Due fatti meritano rilievo: partecipano barche relativamente piccole, prevalgono i venti favorevoli (che ci siano donne negli equipaggi non è per nulla una novità). In partenza i « venti della montagna », piuttosto l'orti da terra verso il largo, poi gli alisci di sud-est, costanti verso le eoste del Brasile. Le barche navigano con lo « spinnaker» per giorni e giorni, a seconda della forza degli alisci. Scafi di 9 metri tengono inedie di 6 nodi su migliaia di chilometri, pur contando gli inevitabili periodi di bonaccia o di difficoltà. Una galoppala insomma; innumerevoli velisti la sogneranno a occhi aperti. Sarebbe interessante averne buoni documentari filmali, anche per far conoscere la tecnica di una tale navigazione, più faticosa e difficile di quanto si immagini, con momenti di estrema tensione. Si ripensa ai velieri del secolo scorso, che sfruttavano gli alisei per raggiungere velocità altissime, mantenendo per settimane medie di 12 nodi e più. Barche piccole, dicevo. 11 « Namar » di Guzzetti non arriva ai 10 metri fuori tulio, l'« Impala » di Fogar e 10.5La terza barca italiana, il « Kola » di Malingri, è lunga 11,7Per una regata-crociera in aque di casa, oppure su distanze limitale, queste barche apparirebbero di dimensioni più che rispettabili. Andrebbero benone anche per un solitario, come si è visto alla regata transatlantica dell'anno scorso. Ma quando si tratta di far vivere e faticare quattro o cinque persone per un mese entro lo spazio di uno scafo di 9 metri, le cose cambiano. Si moltiplicano le probabilità di attriti, se non di litigi. 1 malanni e le esigenze individuali, che il solitario vince e soddisfa per proprio conto, investono i compagni di navigazione con pesanti conseguenze di ordine pratico e psicologico. 1 partecipanti le temono più della collisione con le balene. Alliatamento e tolleranza diventano importanti quanto le qualità nautiche e le doti dello scafo se la barca è piccola. I risultati della Capetown-Rio de Janeiro dovranno essere letti in rapporto alle dimensioni. Non si dimentichi che imprese del genere vengono ritenute relativamente facili, e sono compiute con una certa disinvoltura, da ehi possiede barche sui 15-20 metri di lunghezza. C'è qualche americano che campa portando a spasso per l'Atlantico ospiti a pagamento: dalle Antille al Mediterraneo, dall'Africa al Sud America. Ma lo fa su barche di 20 o 50 metri. Guzzetti, Fogar, Malingri. hanno buone probabilità di affermarsi. Ottimi timonieri e navigatori, falli più esperti dalla «transatlantica» in solitario nel caso dei primi due. Non è però la vittoria che eonta. Compiere l'impresa è un premio ec¬ dadq cezionale per un innamorato del mare e della navigazione a vela. Eccezionalità dovuta anche alle spese necessarie (si pensi al solo trasporto della barca, da Genova a Capetown, e da Rio a Genova, ai viaggi aerei, alla preparazione) e al tempo richiesto. Pochissimi possono permettersi una regala del genere, proibitiva per tanti che avrebbero le qualità e capacità di affrontarla. Parliamone dunque, perché e singolare e interessante, ma senza mitizzare queste imprese e senza cadere nell'errore di chi sta propagandando la vela come una disciplina per eroi, o professionisti d'altura. Mario Fazio

Persone citate: Fogar, Guzzetti, Kola, Malingri, Mario Fazio