Come vivono i 263 della Rossari Varzi licenziati dallo stabilimento di Ivrea

Come vivono i 263 della Rossari Varzi licenziati dallo stabilimento di Ivrea I "nodi,, dell'occupazione in alcune aziende piemontesi I Come vivono i 263 della Rossari Varzi licenziati dallo stabilimento di Ivrea Una sottoscrizione per Natale ha fruttato 19.500 lire a persona - Tutti usufruiscono d'una indennità (il 66^0 della paga netta) che verrà corrisposta fino al 15 di febbraio -1 sindacalisti chiedono che sia prorogata per altri 3 mesi Numerose donne hanno accettato di fare lavori domestici - Qual è la situazione negli stabilimenti del Gruppo (Dal nostro inviato speciale) Ivrea, 9 gennaio. La Rossari e Varzi è uno elei grossi « nodi » dell'occupazione in Piemonte. Mi presento alla tessitura di Ivrea. Il cancello dello stabilimento è chiuso. Esce un sorvegliante: « Qui — mi dice — ormai non viene più nessuno. E' tutto fermo ». Kicordo le appassionate assemblee che le maestranze tenevano nel mese di luglio nella fabbrica occupata. E' Unito anche questo. Mi rivolgo ai sindacalisti. Parecchi sono impegnati nella preparazione dello sciopero generale di venerdì 12 e non hanno tempo. Trovo il segretario della Cisl, Armando Michelizza: « Abbiamo riunito la genie della Rossari e Varzi l'ultima volta in dicembre per spartire il residuo del fondo di solidarietà. La sottoscrizione ha fruttato cinque milioni e rotti. Abbiamo dato 19.500 lire per persona». Michelizza mi spiega che atlualmente i lavoratori della Rossari e Varzi « usufruiscono della indennità di disoccupazione speciale che corrisponde, per sei mesi, il 66 per cento della paga netta ». I sei mesi scadranno verso il 15 febbraio. I sindacati hanno già avanzato la richiesta di proroga per altri tre mesi. Anche il sindaco di Ivrea, professor Mario Rey si sta preoccupando di ottenere una proroga. «La situazione dell'occupazione nell'area di Ivrea — dice il sindacalista Michelizza — è preoccupante. La Olivetti non assume da un paio di anni e lenendo conto delle persone che lasciano l'azienda per motivi vari ciò significa 1500 posti di lavoro in meno. La Chàtillon (della Montedison-Fibre) con il blocco delle assunzioni ha eliminato 200-300 posti di lavoro in due anni e parla di un'esuberanza di 650 lavoratori, su 1800, tra un anno. Le aziende minori non assumono e non si sviluppano. La disoccupazione è soprattutto femminile e giovanile ». Che cosa fanno e dove sono i 263 dipendenti della Rossari e Varzi di Ivrea? Finito il preavviso contrattuale sono stati tutti licenziati. Solo il direttore — anche lui licenziato — deve ancora finire il preavviso che (in base al contratto dei dirigenti ed all'anzianità di servizio personale) è di 11 mesi e mezzo. « Deve presentarsi in ufficio tutti i giorni — mi dice un ex dipendente — anche se non c'è assolutamente niente da fare. Una scena assurda che si ripete ogni giorno. Nella fabbrica le macchine sono ferme. E' stato portato via un poco di cotone di proprietà della Olcese che negli ultimi tempi forniva la materia prima perché non c'erano più i soldi per acquistarla ». Tra le donne, ex operaie della Rossari e Varzi, « alcune hanno il marito che lavora alla Olivetti e con il sussidio di disoccupazione riescono a tirare avanti alla meno peggio ». Altre « hanno accettato dei lavori ad ore, senza marchette assicurative (perché altrimenti perderebbero il sussidio di disoccupazione) presso famiglie e guadagnano 400-500 lire all'ora». Le donne « in condizioni particolarmente disagiate sono una ventina ». Alcune sono state assistite dal Cornu ne « con lavori di pulizia nel le scuole, negli asili nido, eci celerà ». Altre « tramite le parrocchie e gli enti assistenziali'» hanno trovato lavori saltuari ad ore, magari a tagliare l'erba nei campi. Ci sono delle operaie anziane « per le quali mancavano due 0 tre anni alla pensione». Tra gli ex operai « una mezza dozzina hanno trovato lavoro alla Eti-Vallesusa di Strambino, per sostituire le donne nel turno di notte; tre sono stati assorbiti dalla Ilssa Viola; due o tre svolgono lavori di giardinaggio per il Comune ». Uno degli impiegati « ha preso in gestione una osteria». Gli altri impiegati « trovano molte difficoltà ». Tutti, uomini e donne, operai ed impiegati, sperano in una cosa sola, « che almeno l'indennità di disoccupazione speciale venga prorogata di altri tre mesi». E per la azienda che speranze ci sono? A Milano, nella sede della Rossari e Varzi, si accenna vagamente a trattative. L'impressione è che non ci sia niente di consistente. La difficoltà principale è rappresentata dai macchinari che sono giudicati «poco interessanti». 1 locali invece potrebbero anche essere utilizzati per un'altra attività. Una spinta alla utilizzazione dei capannoni potrebbe venire dal fatto che l'area è vincolata dal Comune ad uso industriale. Non potrebbe cioè essere utilizzata per una speculazione edilizia. Il sindaco Rey ci conferma che tf-o resta area in- dpdVpvdssasmnicridvscnntsls dustriale o viene destinata a pubblica utilità ». Per gli ex dipendenti della Rossari e Varzi « questo vincolo rappresenta l'ultima speranza di veder riaprire in qualche modo i cancelli ». I problemi nati dalla «messa in liquidazione» della Rossari e Varzi non si limitano ad Ivrea (anche se in quest'area appaiono particolarmente gravi) ma si proiettano su tutto il Piemonte. Gli interventi della Gepi e di alcune aziende private hanno risolto in parte il problema dell'occupazione. Secondo una valutazione approssimativa solo metà delle maestranze che la Rossari e Varzi aveva nei vari stabilimenti verranno rioccupate nelle nuove attività: in tutto 1500-1600 persone su oltre tremila. Non è nemmeno detto che l'intervento della Gepi possa andare avanti senza guai. Alcuni tecnici fanno previsioni pessimistiche. «In alcuni stabilimenti della Rossari e Varzi — si afferma — la Gepi è intervenuta mettendo quasi tutto il denaro necessario all'acquisto degli impianti. Le aziende che gli si sono affiancate (Bassetti, Zucchi, Legler, Cotoniere Meridionali, Elio Olona) sono intervenute con somme minime. Queste aziende ritireranno la produzione fatta negli stabilimenti. La Gepi però dovrà cederla a "prezzi internazionali"». I «prezzi internazionali» sono molto bassi perché si tratta di una produzione che fanno anche i paesi in via di sviluppo (dove i salari sono inferiori). A giudizio dei tecnici «la Gepi si troverà quindi a dover affrontare forti tensioni sindacali nelle fabbriche, per i carichi di la¬ voro ed i salari; oppure dovrà subire grosse perdite di gestione». Ecco la situazione negli stabilimenti della Rossari e Varzi: Filatura di Varallo Ponibia — E' i stata ceduta ad un'azienda meccanica che av- i vierà tra qualche mese una produzione di m'nuteria meccanica. C'è la possibilità di un riassorbimento dei 160 di- pendenti, dopo corsi di riqualificazione. Confezioni di Galliate — Aveva 200 dipendenti. E' stata assorbita dalla Gepi. Forse si proseguirà nella confezione, oppure verrà creato un magazzino generale. E' previsto il riassorbimento di una cinquantina di persone. Tessitura di Galliate — Aveva 550 dipendenti. E' stata ceduta alla Gepi che provvederà a gestirla con Bassetti, Zucchi, Legler, Cotoniere Meridionali, Elio Olona. Continuerà la precedente attivi,tà, con qualche decina di persone in meno. Parecchia gente è alla ricerca di un altro posto di lavoro. Tintoria e candeggio del Varallìno — Aveva 220 dipendenti. E' stata ceduta direttamente dalla Rossari e Varzi alla T.S.T. (Tintoria Stamperia Tessile). Ha già ripreso l'attività con una trentina di persone che entro l'anno dovrebbero salire ad un massimo di 100. Tessitura di Trccate — Aveva 220 dipendenti. La gestirà la Gepi con Cantoni. I lavori preliminari dovrebbero cominciare in primavera. Attualmente si stanno finendo le lavorazioni che erano in corso sul conto Rossari e Varzi. Assorbirà 150-160 persone. Stabilimento dì Crespi d'Adda — Aveva 1200 dipendenti. Ne saranno riassorbiti circa 800. Sarà gestito dalla Gepi con Bassetti, Zucchi, Legler, Cotoniere Meridionali, Elio Olona. L'attività di tessitura e filatura dovrebbe riprendere a giorni. La Rossari Moda di Borgomanero, assorbita dalla Gepi, è già in attività. Sergio Devecchi