La guerra ai cacicchi di Sandro Viola

La guerra ai cacicchi NEL MESSICO DELLA MISERIA CONTADINA La guerra ai cacicchi Molti attribuiscono al presidente Echeverria l'intenzione di riformare il "sistema" - Un primo passo si è compiuto sopprimendo i corrotti procacciatori di voti - Più diffìcile sarà la ridistribuzione della ricchezza e la lotta fiscale ai consumi di lusso ("Siamo un Paese che importa falsa pittura classica") - Il fallimento potrebbe portare ad "un fascismo di tipo coloniale" (Dal nostro inviato speciale) Città del Messico, gennaio. L'opinione di molti è che in questi due anni, da quando è in carica il presidente Luis Echeverria Alvarez, la situazione politica messicana abbia conosciuto un'evoluzione positiva. Il romanziere Carlos Fuentes e Aura, La morte di Artemio Cruz; ne è convitilo. Octavio Paz, il maggiore poeta messicano, si esprime in modo un po' più dubitativo ma è sostanzialmente d'accordo. D'accordo è anche Carlo Coccioli, lo scrittore fiorentino che vive da tanti anni in Messico e ha una grande esperienza del mondo latinoamericano. Fatto più curioso, l'opinione è condivisa persino dai sociologi e dagli economisti marxisteg giunti del Colegio de Mexico, forse il più brillante istituto universitario del subcontinente. La cultura Si capisce, l'opinione di gente così diversa non può essere del tutto uniforme. Per Fuentes, Paz e un altro gruppo di letterati che nelle scorse settimane hanno dibattuto la questione sulla rivista di Paz, Plurales, Echeverria sarebbe seriamente intenzionato a riformare il "sistema messicano", a modificarne — prima che sia troppo tardi — le storture più evidenti. Per chi parla, invece, da posizioni più di sinistra, quel che è avvenuto e sta avvenendo è soltanto un « cambio di stile ». A'o?z sarà Echeverria, uomo dell'apparato del Pri (il partito al potere da quarant'anni), a intaccare gli interessi costituiti, ad allentare la stretta dei gruppi di pressione, introducendo i due «cambi» di cui il paese sembra avere più bisogno: una democratizzazione della vita politica e una diversa — meno crudele di com'è oggi — distribuzione della ricchezza. Ma ciò non toglie che una certa evoluzione (ammodernamento, razionalizzazione ) esiste, il che è sempre meglio di niente. Il censimento dei segni positivi affiorati in questi due anni sembra dare ragione agli estimatori dell'at tuale presidente. La liberazione dei circa duecento prigionieri politici che attendevano da anni un processo nella prigione di Lecumbcrri, un qualche controllo della vasta e capillare corruzione amministrativa che affligge il Paese, la messa a riposo del capo della polizia cli Città del Messico quando a giugno dell'anno scorso fu chiaro che i gruppi parafascisli avevano nella polizia appoggi importanti, la soluzione energica (e non certo a favore della potente Confederación Patronal, la Conftndustria locale) d'un paio di complesse vertenze sindacali, il tentativo — per ora appena abbozzato — di arginare lo strapotere del business statunitense. Inoltre, Echeverria starebbe cercando di riformare il decrepito baraccone del partito al potere, macellino politico-burocratica praticamente senza uguali (specie di « meraviglia » messicana come le rovine preispaniche), favorendo la circolazione di uomini e idee nuovi, provando a colmare il fosso che separa l'apparato politico (perciò la politica) dalle masse. Fosso che si allarga sempre più, e la cui misura è data dagli indici di astensionismo alle elezioni: 50, 60, sino al 76 per cento di astensioni. « Il tentativo — dice Modesto Seara Vdsquez, che dirige all'Università il "Centro di relazioni internazionali" — è importante, e vie¬ ne condotto con una certa decisione. Per la prima volta il vertice del partito è ora affidato a due intellettuali, due uomini che in Europa verrebbero definiti "di sinistra"». E in effetti un incontro col presidente e il segretario generale del Partito Rivoluzionario Istituzionale nel massiccio palazzo dove ha sede la « centrale » del Pri, conferma queste intenzioni di rinnovamento. Nel partito « C'ambiare — dice il presidente Jesus Reyes Herolcs mostrando in uno scaffale il Gramsci "completo" delle edizioni Einaudi — era divenuta un'esigenza irrimandabile. E' inutile far qui la lista delle cose che non funzionavano nel partito, perché essa è nota. Ma un esempio si può fare, quello del "cacicchismo". Il "cacicco", il ras locale. 3ra stato per tutti questi anni intoccabile, data la sua funzione di procacciatore di voti. Quando abbiamo cominciato ad eliminarli, ci sono state nel partito forti resistenze: "Non capite, — ci dicevano — che questi uomini costituiscono la colonna vertebrale del partito?". Ma noi siamo decisi a liquidarli, a cancellarne la presenza parassitaria ». Afe, a sentire il presidente del Pri, le riforme si limiteranno a una moralizzazione all'interno del partito. « C'è il problema della distribuzione della ricchezza, e come primo passo d'una riforma fiscale degna di questo nome. La spesa di lusso, in Messico, ha assunto aspetti aberranti: ormai siamo un Paese che importa falsa pittura classica. Beninteso, programmi di questo tipo hanno già provocato i primi contrasti coi gruppi economicamente più forti. Ma contiamo di superarli. E se poi fallissimo, la prospettiva mi sembra molto oscura: magari un fascismo di connotati coloniali, alla brasiliana ». Così, si può senz'altro essere d'accordo con quanti vedono in Echeverria un riformatore: ciò che resta incerto è di che tipo di riformatore si tratti (se l'uomo miri a risultati blandi, di facciata, o radicali), e se in Messico sia concretamente possibile, a questo punto, avviare un programma di profonde riforme sociali. Per quanto riguarda quest'ultima eventualità, conviene non farsi molte illusioni. Tre tipi di forze (i gruppi economici, la burocrazia politica e gli interessi nordamericani) sono per natura opposti a un vero e radicale rinnovamento della società messicana, alla sparizione di quei due Messico di cui parlano i sociologi (Pablo Gonzales Casanova. Albert Meisteri e che danno luogo al fenomeno del « colonialismo interno ». In un Paese dove (ha scritto Octavio Paz nel suo bellissimo saggio sul Messico. Il labirinto della solitudine; il Senato e la Camera hanno funzioni del tutto formali, il potere giudiziario è impotente e la libertà di slampa è. più apparente che reale, il partito al governo (60 senatori su 60, 17S deputati su 213. tutti i governatori dei trenta Stati federali) finisce con l'esercitare una vera e propria « dominazione » politica. Gioco del potere Senza subire controllo dal basso, il Pri manipola infatti con le sue falangi di burocrati l'intera vita messicana, dai sindacati alla magistratura alle carriere universitarie. Ma essendo ormai, dopo quarant'anni. e malgrado « un uso smodato di linguaggio rivoluzionario ». nient'altro che « un gruppo d'interessi ». succede che esso non abbia veri obiettivi oltre alla sua sopravvivenza. Attendersi da questa grande macchina distributrice di posti pubblici, dai cui ingranaggi finiscono con l'avere origine anche le grosse fortune imprenditoriali, una diversa concezione della vita pubblica, una concreta evoluzione in senso democratico e progressista, e come attendersi dalle burocrazia dei partiti comunisti dell'Europa orientale una mentalità e una pratica liberali. Gli "altri" Il Pri ha rappresentato e rappresenta la grande valvola di promozione sociale delle élites operaie e contadine, e della piccola borghesia: militandovi si diventa senatori o deputati, e se no ci sono i traffici di influenze, l'« Inter mediarìato » tra i settori economici c il potere. Difficile, assai difficile, che insorga una qualche solidarietà tra questa « classe » e l'« altro Messico», i quattro milioni di disoccupati, i tre milioni di contadini senza terra, i braceros che vanno a lavorare oltreconfine, ì messicani (quattro su dieci, secondo i calcoli di A. Meister) che non calzano vere e proprie scarpe. Quanto ai gruppi imprenditoriali e alle grosse compagnie legate al capitale nordamericano, sarebbe ingenuo pretendere che seguano di buon occhio un vero tentativo di riforma, che non cerchino di opponisi in ogni modo possibile. Quando si è abituati a certi privilegi e a un dato costume (una evasione fiscale che sfiora il 75 per cento, la trama, delle mordidas, come dire le « bustarelle », per affrontare e risolvere qualsiasi intoppo, il massiccio trasferimento di capitali all'estero), non ci si adatta senza lottare a una situazione diversa. Non è un caso che tanto il presidente del Pri, come abbiamo visto, quanto il segretario generale Gonzales Pedrero e lo stesso Octavio Paz considerino la possibilità di una involuzione del sistema. Finisce che la prospettiva messicana più probabile resta un avanzamento del suo sistema produttivo (non tale, comunque, da integrare le masse marginala, un efficientismo che risolva le contraddizioni più pericolose (per esempio il pauroso incremento demografico: 3,4 per cento), mentre un autoritarismo a volta a volta proposto come difesa dal comunismo o dalla pressione americana baderà a contenere le spiale rivoluzionarie. Niente di molto diverso (se non più ii avanzato », appunto) del Messico attuale. Paese dove tre decenni di non partecipazione politica delle masse hanno suggerito il cinismo e l'arte di arrangiarsi, quel malinconico slogan (« Los que lamentan son los tontos ») con cui il messicano si fa strada nel suo universo sociale. Sandro Viola Città del Messico. 11 mercatino improvvisato di una contadina india alla periferia dell'immensa capitale (Foto Perucca)