I mazzieri neofasci di Francesco Rosso

I mazzieri neofasci LA NUOVA VIOLENZA ORGANIZZATA IN SICILIA I mazzieri neofasci A Catania i missini hanno ottenuto nel 1971 un successo elettorale servendosi in modo spregiudicato della violenza: usandola per "convincere" i riottosi, dimostrandosene oltraggiati per invocare l'ordine - Reclutano nei quartieri malfamati e all'Università, dov'è rinato il Guf, accoltellatori, dinamitardi e frequentatori di campi paramilitari alle falde dell'Etna (Dal nostro inviato speciale) Catania, 1 gennaio. Il quartiere di San Berillo Vecchio è il posto di lavoro, lo stabilimento, per cinquecento prostitute. E' un caso atipico in Italia, da paragonare ad Amburgo e Copenaghen, con la differenza che in questo covo si annida anche altro, la più pericolosa teppaglia catanese. I grandi rapinatori, sequestratori di persone, scippatori (dicono che lo scippo, ormai diffuso in tutta Italia, sia tipica invenzione catanese) hanno la loro sede stabile in questo rione malfamato, con diramazioni a San Cristoforo e Cannitello. I "galoppini" A San Berillo Vecchio e negli altri due quartieri, fanno capo sovente i partiti politici, senza distinzione di colore, per reclutare i loro galoppini elettorali, focosi e spesso non alieni dal convincere con minacce i votanti. Due componenti la banda che rapì il ricco agricoltore Aldo Palumbo, estorcendogli 107 milioni di riscatto, appartenevano a partiti di sinistra, ed uno era considerato il grande elettore di un attuale deputato. Fin qui, però, si rimane al limite del malcostume politico: assumere il delinquente come propagandista è deplorevole sul piano morale, ma non provoca spargimento di sangue. La violenza politica a Catania incomincia quando su di essa s'innestano gli interessi elettorali dei neofascisti, decisi ad ottene- re un successo che faccia clamore. E sono riusciti a conseguirlo nelle elezioni amministrative del 13 giugno 1971, quando il msi ottenne centomila voti schiacciando tutti gli altri partiti: persino la de, che a Catania aveva sempre ottenuto una larghissima maggioranza. L'on. Almirante, esultante per la vittoria, elesse Catania «capitale morale d'Italia »; negli Anni Sessanta la «Milano del Sud», che già copiava con cinquant'anni di ritardo la Milano del Nord, diventava la culla del neofascismo come quell'altra era stata la città primigenia del mussolinismo. Le radici di questa vittoria devono essere cercate nella realtà socioeconomica di Catania (lo stesso vale per Messina) e nella spregiudicatezza con cui ì missini hanno saputo servirsi di questa realtà. Lo I hanno fatto in due modi: ' sfruttando la violenza in ogni senso, usandola quando era necessario per « convincere» i riottosi: oppure dimo- strandosenc oltraggiali, dati- do voce alle masse di elettori stanchi del disordine di- lagcnte. dell'immoralità, del teppismo di strada, della delinquenza. La loro it55w I neofascisti reclutano i loro « mazzieri ». come sono chiamali qui i manganellatori, nei tre quartieri malfamati cui ho già accennato ed all'Università, dove il Guf (hanno riesumato il vecchio nome di Gruppo Universitario Fascista dì staraeiana memoria l ha il predominio I \ assoluto ed impone la sua legge bastonando, o accoltellando, gli studenti iscritti ad altri partiti. L'esempio più clamoroso e quello che ha per protagonisti Salvato- re Ardizzone. neofascista, e Roberto Pecoraio, comunista. L'Ardizzone aggredì lo studente avversario e gli vibrò nove coltellate. Per fuggire dall'Università ferì lo studente antifascista Lanza1 fame ed un agente della 1 squadra politica che tentavano di fermarlo. Altro episodio significati-vo. Lo studente missino Saro Spina un giorno uscì sanguinante dalla toeletta dell'Univrsità dilaniata da una esplosione. Una perquisizione in casa sua rivelò quantità enormi di esplosivo, tali da far saltare in aria il palazzo. Studenti e « mazzieri » non studenti giocano vo- lentieri con l'esplosivo. Il 4 ottobre scorso Alfio Spampinato fece saltare con bombe la libreria Feltrinelli; fu condannato a quattro anni e sei mesi per tentata strage. Alcuni giorni dopo un giovane muratore entrò occasionalmente in una grotta prossima al cantiere in cui lavorava, trovò un ordigno, ci giocò un poco e l'ordigno esplose dilaniandolo. I suoi parenti, recandosi a deporre fiori sul luogo dove il ragazzo era morto, scoprirono una ventina di bombe. Erano ordigni SRCM, dette Balilla, le stesse usate contro la libreria Feltrinelli e le sedi del pei e della de, di cui si servono normalmente i «bombardieri» neofascisti. Quando non usano il coltello, le bombe o la rivoltella, i neofascisti sì divertono a scrivere frasi oscene sui ì muri, a inviare missive minatorie, a giocare pesanti scherzi: una mattina, su un pennone del giardino pubblico Bellini, la gente che passeggiava vide pendere una bandiera col macabro emblema nazista, la svastica. Ma più congeniali ancora alla loro etica di adoratori della forza fisica sono i campeggi estivi, che diventano autentici campi paramilitari. Tutti in divisa Uno di tali campi Dux è stato organizzato l'estate scorsa a Zafferano, e vi hanno partecipato anche neofascisti di Messina e dintorni. Il poligono di tiro era stato sistemato contro il fianco di una collina, ed alcune lattine servivano da bersaglio. La divisa era uguale per tutti, ed era decisamente diversa da quella dei cowboys, anche perché i partecipanti al campo non erano ragazzini, ma giovanotti già noti per la loro attività politica tra le file del msi. Il centro più attivo del neofascismo catanese è la Università, dove i qufini pos¬ sotto agire con una certa li- berta anche per la- copertura che gli viene data da alcuni docenti, i quali, se non sono ufficialmente schierati coi neofascisti, ne appoggiano però l'azione per il qualunquismo politico diffuso in certi strati sociali, soprattutto nella media e piccola borghesia. Sono questi ceti, infatti, che hanno riversalo i loro voti sul msi alle elezioni amministrative del 1971. Spentosi lo slancio produttivo degli Anni Sessanta, quando Catania pareva avviata a diventare una grande metropoli europea, la città è ritornata alle sue primitive condizioni di grosso emporio, popolata da funzionari statali e da clientele politiche affamate di posti di lavoro. A Catania c'è un negozio ogni trenta abitanti, nel Comune vi sono oltre settemila dipendenti, ve ne sono pochi meno alla Provincia, mentre tre volte tanti sono fermi sulla soglia dei vari uffici in attesa di essere assunti, accomodarsi su una sedia e qui aspettare il 27 del mese. Nelle strade, sciamando da San Berillo Vecchio, San Cristoforo, Cannitello, dilaga la delinquenza più arrogante; rapinatori che aggrediscono i passanti in pieno giorno puntandogli coltelli alle costole, o rivoltelle alla tempia, assalti a banche, tabaccherie, banchi lotto, scippi a non finire, con sfregio alla donna. E' tramontato anche il mito del catanese corteggiatore, ma cavalleresco. Sul lungomare della Plaia marito e moglie si recavano in au- to a Siracusa: quattro scippatori tentarono di rubare la borsetta alla signora attraverso il finestrino aperto. II marito della donna tentò ai reagire e gli scippatori, dopo aver arraffato la borsa, pugnalarono la donna. In una via centrale di Catania marito e moglie camminavano a braccetto; due scippatori tentarono di strappare la borsa alla donna. Il marito lì inseguì, li raggiunse, recuperò la borsa. Gli scippatori, per lo sfregio subito (tale fu considerata la restituzione della refurtiva), spararono sulla donna e la ferirono al capo. Ho già detto in altra corrispondenza che scippatori, teppisti, rapinatori, sono soventissimo ragazzini fra gli undici ed i quindici anni, ma vi sono anche giovanotti che hanno un lavoro, garzoni di barbiere, di fornaio, studenti falliti. E' un sottobosco disponibile anche per le avventure politiche, di cui si servono abbondantemente i neofascisti per te loro spedizioni punitive contro esponenti di altri partiti, che sovente si concludono con pestaggi sanguinosi a furia di manganellate e botte con catene di bicicletta. Dopo aver indagato sulla particolare situazione politi- c«. s* finisce per concludere che Catania è la città più fascista d'Italia: davvero la capitale morale del neosquadrismo, come l'ha definita Almirante. Ma i catanesi che hanno un minimo di senso critico mettono in guardia contro le facili conclusioni. Catania. Una manifestazione di giovani fascisti, con caschi e manganelli-bandiera, nel giugno del 1971 (Foto Team Un vero malessere Persino i comunisti riconoscono che i missini sono stati abili nello sfruttare il malessere provocato dal disordine amministrativo, dal vertiginoso indebitamento del Comune (che tuttavia non riesce a far funzionare i servizi essenziali), dalla mancanza dì lavoro, dalla delinquenza dilagante. Col solito linguaggio qualunquistico dei fascisti, i missini hanno promesso ordine, laguro per tutti, disciplina; sono siiti creduti ed hanno stravinto. Però, mi dicono altri amici, non basta ciò per definire Catania città fascista: se mai è vero l'opposto. I catanesi sono i siciliani più beffardi e vendicativi, hanno colato fascista per protesta contro la politichetta clientelare degli amministratori e di quasi tutti i partiti. Poiché sono anticomunisti viscerali, essi hanno riversato i voti del loro malumore sui lascìstì. Tuttavia, mi fanno osservare, la loro protesta si è limitata alla consulta zione amministrativa. Il 7 maggio scorso, nelle elezioni politiche nazionali, i neofascisti sono stati ridimeli stonati, ed hanno perduto un bel po' di voti. E soggiungono: « La sola città siciliana in cui i fascisti sono In costante ascesa, ma per ragioni diverse da quelle di Catania, è Messina ». Un'affermazione da controllare. Francesco Rosso

Persone citate: Aldo Palumbo, Alfio Spampinato, Almirante, Ardizzone, Saro Spina