Sta scritto nel codice

Sta scritto nel codice Sta scritto nel codice Ad uno sguardo superficiale, l'episodio della ragazza bolognese, autorizzata prima dal tribunale minorile ad incontrarsi eon il fidanzato e poi dal procuratore generale presso la corle d'appello a sposarlo, nonostante l'atteggiamento dei genitori recisamente contrario sia agli incontri sia al matrimonio, potrebbe sembrare un segno dei tempi. Qualcosa, cioè, di completamente rivoluzionario, ispirato dall'intento di contestare l'autorità familiare e di favorire la ribellione dei figli. Nulla di più errato. Tanto il tribunale minorile di Bologna quanto il procuratore generale presso quella carie d'appello, hanno fatto uso di poteri loro conferiti dal, codice civile del 1942. La data di origine delle norme applicate — rispettivamente gli articoli 353 e 90 di tale codice — non lascia dubbi sulla loro non modernità. Anzi, si tratta di disposizioni che il codice 1942 ha ereditato dalla legislazione anteriore. Più esattamente, all'epoca del codice 18b5 spettava al tribunale ordinario (il tribunale dei minorenni fu istituito soltanto nel 1934) il compito di adottare provvedimenti «convenienti nell'interesse del figlio » tutte le volte che j il genitore avesse abusato del IIIcava alla corte d'appello (il procuratore generale le subentrò nel 1929, anno del Concordato) il compito di autorizzare eventualmente il matrimonio del minore, qualora pa- \ dre e madre avessero negato il loro consenso alle nozze. Attualmente, l'art. 533 legit- a patria potestà, mentre toc- || lima il tribunale minorile ad « adottare i provvedimenti convenienti iiU'interessc del figlio » ■. quando la condotta del genii tore esercente la patria pote- sta appaia « comunque pregiudizievole al figlio»; a sua volta, l'ari. 90 stabilisce che « il matrimonio può essere autorizzato per gravi motivi dal procuratore generale presso Iti corte d'appello » allorché il genitore esercente la patria potestà abbia negalo l'assenso necessario per la validità del matrimonio del minore. E' chiaro che, nella vicenda sottoposta al suo giudizio, il I tribunale bolognése ha ritenuto pregiudizievole alla ragazza I c, in definitiva, non giustificaI bile il comportamento dei genitori drasticamente ostili a qualsiasi lipo di rapporto, anche il più onesto, con il fidanzato. Analogamente, il procuratore generale ha ravvisato l'esistenza di gravi molivi idonei a far superare la mancanza dell'assenso dei genitori al matrimonio: in altre parole, pure qui il loro attuggiamento negativo è parso privo di giustificazione. Cerio, il caso non ha molti precedenti né sotto l'uno né sono l'altro profilo. Questo può spiegare il senso di sorpresa, ed anzi di stupore, che la notizia ha suscitato all'atto del suo primo divulgarsi. Naturalmente, l'evoluzione dei tempi e la più rapida maturazione dei giovani, specie quando sia accompagnata dalla ragionata consapevolezza dei | propri diritti umani, hanno favorito il duplice intervento permissivo dell'autorità giudiziaria. Si è fatta una particolare applicazione del concetto secondo cui il genitore, nell'esercizio della patria potestà, non deve seguire criteri d'interesse personale, o di capriccio, o di risentimento, ma deve aver di mira l'interesse c l'educazione del minore. In base a tale conceuo. è spesso accaduto di veder sconfessare dal giudice il rifiuto opposto dal genitore al desiderio del figlio di incontrarsi con un parente, con un avo, persino con la madre. Quesia volta, ecco la novità, l'incontro vietato riguardava due fidanzali, l'ima (si badi) eli 17 anni e l'altro di 25. In questa prospettiva, che si ricollega al più generale principio in virtù del quale lo Stato non può disinteressarsi di quanto avviene nell'ambito della famiglia allorché l'equilibrio dei rapporti interni ad essa cade in crisi sacrificando sistematicamente la sua ordinata convivenza, una sola noia appare difficilmente accettabile ai nostri giorni: l'affidamento all'ullicio del pubblico ministero, per giunta senza la possibilità di un reclamo ad altro organo, della competenza a concedere l'autorizzazione matrimoniale. Molto opportunamente, il progetto di riforma del diritto di famiglia prevede il passaggio di questa competenza al tribunale, con conseguente reclamabilità del provvedimento in corte d'appello. Con il che si porrebbe riparo ad una situazione che risale al 1929, epoca tutta tesa al potenziamento dei poteri del pubblico ministero, allora alle dirette dipendenze dell'esecutivo. Un'ultima rapida osservazione merita di essere effettuata: anche nel matrimonio canonico, la mancanza del consenso dei genitori è suscettibile di surrogazione. II parroco deve consultarsi con il vescovo e questi, esaminate accuratamente le circostanze del caso, può permettere la celebrazione del matrimonio ove giuste cause lo consiglino. Come si vede, né per lo Stato ne per la Chiesa i genitori sono arbitri assoluti del destino dei loro figli. Giovanni Conso

Persone citate: Giovanni Conso

Luoghi citati: Bologna