Peron insegue il suo passato di Andrea Barbato

Peron insegue il suo passato VENERDÌ ANDRÀ IN ARGENTINA Peron insegue il suo passato (A 77 anni, con la giovane moglie Isabella, torna tra i "descamisados" ancora affascinati dal mito della dolce Evita) Tra pochi giorni, Juan Domingo Perón comincerà ad inseguire il suo passato. Sarà un viaggio di ottomila chilometri dall'Europa all'America Latina, da Madrid a Buenos Aires, con tappa a Roma. L'aereo che riporterà il generale sulle sponde del Rio de la Piata, da dove fu esiliato diciassette anni fa, sarà probabilmente un pittoresco microcosmo dell'Argentina peronista, che dal 1955 non ha mai smesso di aspettare il ritorno del « Jcfe espiritual de la nación ». Per riaccompagnare in patria il loro capo esule, si muoveranno sindacalisti, ex ministri, vescovi; ci sarà Arturo Frondizi, uno dei successori di Perón alla presidenza, che ha stretto con lui un'alleanza politica; e ci saranno le glorie sportive nazionali, come il pugile Carlos Monzon e il calciatore Omar Sivori. Gli altri, le folle dei « descamisados », saranno all'aeroporto e nelle strade di Buenos Aires a salutare il ritorno dell'esule. « Rimarrò forse una setti ninna, o forse per sempre », ha detto pochi giorni fa Perón. E' un'incertezza sulla quale riposa anche il futuro politico dell'Argentina, a pochi mesi dalle prime elezioni libere dopo una serie di governi militari. Se potrà imporre la propria candidatura, è giungere fino al voto, quasi certa mente Juan Perón riconquisterà la Casa Rosada nelle eie zioni dell'I 1 marzo, e dal 25 maggio prossimo tornerà alla presidenza: i sondaggi più re centi vedono i peronisti in testa rispetto all'unico partito che possa contrastarli, l'« limone civica radicale », una formazione conservatrice guidata dall'anziano Ricardo Balbin. Ma i militari al potere consentiranno il confronto fra le forze politiche? Permetteranno a Perón non solo di guidare il partito alle elezioni, ma anche di giungere e di muoversi liberamente in Argentina? Il generale Lanusse ha dovuto consentire alla ripresa della vita politica, alla riapparizionc dei partiti, alla prossima riapertura di un Parlamento che è sbarrato da sei anni; ha dovuto promettere, insomma, il ritorno alla normalità istituzionale. Ma un disordine, una sommossa, un indizio di guerra civile, sarebbero sufficienti ad indurre i militari (e soprattutto la Marina, tradizionale nemica del peronismo) a ritirare le promesse, e ad imporsi di nuovo come garanti dell'ordine sociale. Tutto questo, Perón lo sa bene. Perciò da molto tempo, dalla sua villa madrilena della Puerta de Hierro, ha da una parte avversato fieramente i militari che lo avevano cacciato dal potere, ma dall'altra parte ha scoraggiato quell'ala del peronismo che affidava le proprie speranze all'insurrezione o che si alleava con le formazioni della guerriglia urbana. Per lo stesso motivo, non ha raccolto né le sfide né le proteste di Lanusse, e non è tornato in Argentina entro quel 25 agosto, data fissata dai militari per far decadere ogni candidato che non si trovasse sul territorio argentino. Perón sa di disporre dell'appoggio di grandi masse ansiose di riscatto, sulle quali grava una crisi economica profonda: prezzi csdMigtlv è o i i e n i i i che raddoppiano in un anno, svalutazione del peso, abissale deficit del bilancio nazionale. Ma il generale sa anche che i suoi rivali politici, in borghese o in divisa, non aspettano altro che l'esplosione delle masse popolari per un nuovo « golpe ». A 77 anni, Perón compie un viaggio che contiene non pochi rischi, non solo politici, ma anche fisici. Alcuni episodi recenti (come l'ammutinamento nel carcere di Rawson o l'uccisione di sedici prigionieri a Trelew) dimostrano che gli animi in Argentina sono tesi fino allo scontro. Le masse operaie e contadine, come pure la media borghesia urbana, sono sul ciglio dell'esasperazione e della violenza. « La guerra civile non è un'ipotesi impossibile », ha detto Perón, che cerca di accreditarsi come un candidato di pacificazione nazionale. Ma l'Argentina nella quale sbarcherà alla fine della settimana,' è un paese molto diverso da quello che lasciò nel 1955 e più ancora da quello che trovò quando salì al potere nel lontano 1946. Emerso fra le file di quel gruppo di ufficiali simpatizzanti per l'asse nazifascista, Perón aveva poi trovato vocazione politica e consenso fra le masse povere, che lo avevano portato alla presidenza. Si trovò a gestire, con inetodi spregiudicati, il nascente sviluppo industriale argentino, e le riserve di ricchezza accumu late da quella nazione non coinvolta nella guerra. La sua ideologia sociale, il « giustizialismo » era una miscela confa sa, una dottrina che cercava di fondere, fra scenografie oceaniche, le aspirazioni dei «peones» inurbati e quelle dei ceti imprenditoriali, cementandole con il nazionalismo e un vago socialismo. La figura di sua moglie Eva Duarte, la leggendaria Evita santificata dall'adorazione popolare, lo aiutò notevolmente a creare la propria popolarità: Evita era il simbolo vivente della ri vincita dei poveri, ma morì di leucemia a soli 33 anni, nel 1952. Era cominciato il perio do difficile: ostilità interne, penetrazioni economiche dalle sterno, grandiosi progetti falliti, e un aperto dissenso con la Chiesa cattolica, che portò fino alla scomunica di Perón da parte di Pio XII. Quando i militari insorgono, Perón lascia l'Argentina, che da allora ha visto otto presidenti, quasi tutti militari, alternarsi al potere in una sequenza di colpi di Stato e di « pronunciamientos » talvolta sanguinosi. Dal 1966, la politica era fuori legge, in Argentina: e intanto nelle fabbriche di Cordoba o nelle università di Rosario e di Buenos Aires, fra i sessantaduc sindacati operai tutti legati al ricordo di Perón, era nata l'impazienza verso le antiquate strutture economiche e sociali argentine. Era nata la violenza, il delitto politico, come unica alternativa alla repressione. Perón invecchiava nella sua villa madrilena. Sembrava dapprima che si fosse rassegnato al culto delle memorie, ma presto si capi che non aveva mai smesso di pensare al giorno del ritorno. Teneva contatti stretti con gli uomini che, in Argentina, gli erano rimasti fedeli. Impartiva ordini, governava a distanza. Al svcasdopi suo fianco, comparve una nuo va moglie, Sabcl Martincz, che compiva frequenti viaggi n America Latina: se non ha ancora il magnetismo di Evita, sembra tuttavia capace di tradurre fedelmente in pratica gli ordini del marito generale. Si chiamano « Isabclinos » quei peronisti che, nelle lacerazioni interne del partito giustizialista, godevano dell'appoggio diretto di Sabcl, e perciò si sapevano protetti a distanza da Perón in persona. E su quell'aereo per Buenos Aires ci sarà anche lei, Sabel de Perón. Chi ha visto Perón in questi mesi, ha trovato un uomo giovanile ed energico, che ha tessuto con cura le trame della rivincita politica. Molti dei suoi antichi avversari, da Frondizi alla Chiesa cattolica spagnola, sono dalla sua parte. Perfino Che Guevara disse di lui che « c preferibile chi sbagli dalla parte del popolo Con una serie di messaggi e di ultimatum, inviati al popolo argentino e ai militari, Perón ha chiarito il suo prò gramma, ha disegnato l'alter nativa fra il ritorno al potere del giustiziammo e il caos nazionale o magari la guerra fratricida. E i « peones » e gli operai, più poveri di sempre, hanno ricominciato ad aspettare l'arrivo dell'aereo che riporterà in patria l'uomo che promette di salvarli. Andrea Barbato La giovane moglie di Perón, Isabella; l'ex dittatore argentino e l'indimenticabile Evita