Cee: politica comune per scambi con l'Est di Vittorio Zucconi

Cee: politica comune per scambi con l'Est Le nuove direttive con il 1973 Cee: politica comune per scambi con l'Est I Paesi della Comunità non potranno più avere rapporti autonomi e bilaterali con quelli del Comecon Le decisioni prese ieri dalla Commissione esecutiva (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, 21 dicembre. Nell'ultima riunione della Comunità a sei, la Commissione esecutiva ha messo a punto oggi la nuova «carta» dei rapporti commerciali ed economici fra la Cee e i Paesi del Comecon: a partire dal 1" gennaio prossimo, in base ad una decisione presa nel dicembre del '69, i paesi della Comunità Europea non potranno più condurre una politica commerciale autonoma e bilaterale nei confronti dell'Est; il documento preparato dall'Esecutivo Cee indica le nuove linee alle quali dovrà adeguarsi l'interscambio EstOvest. Poiché sarà proprio la Commis3ione a gestire a nome dei Nove la «Ost-Politik» europea, il testo preparato oggi assume una particolare rilevante importanza. Dalle settanta pagine del documento (che non ~ ancora pubblico ma di cui abbiamo appreso i punti di maggior rilievo) emergono tre elementi fondamentali: il primo è la progressiva «intensificazione» della politica commerciale dei Nove verso l'Est attraverso la Commissione, un punto sul quale non esistono più dubbi ma scadenze precise. Il secondo è \'«estensione del credito e delle garanzie di credito», il terzo la «cooperazione economica al fine di sfruttare la divisione internazionale del lavoro». Prima di esaminare in dettaglio quali saranno le nuove leggi dei rapporti Cee-Comecon, l'Esecutivo fornisce le cifre e le tendenze del commercio fra le due zone. Dal 1960 a oggi, dunque in 12 anni, il volume dell'interscambio è aumentato dei 500 per cento, passando da 1 miliardo a 300 milioni di dollari a 6 miliardi 500 milioni; la «bilancia commerciale», alla fine del '72, registra un attivo per la Cee di quasi 300 milio ni di dollari (3,1 miliardi le! importazioni, 3,4 miliardi le esportazioni), mentre nel '60 l'attivo fu a favore dell'Est per circa 50 milioni di dollari. Ormai — e il dato è forse ancora più significativo — il commercio con il Comecon rappresenta il 6,5 per cento delle importazioni e il 6 per cento delle esportazioni Cee, mentre nel '60 non era che il 4 per cento delle importazioni e il 3 per cento delle esportazioni. Gli scambi con i Paesi comunisti europei sono ormai una voce più importante del commercio con l'intera America Latina o con un colosso industriale come la Svezia, alla quale nel '60 erano, invece, largamente inferiori. Al primo posto è lTJrss, che vende ai Paesi Cee merci per un miliardo di dollari e ne acquista per 1,1 miliardi, ma il progresso più vistoso è della Romania, che ha decuplicato i propri acquisti in Europa (da 46 a 455 milioni di dollari) e largamente mcrementato le sue vendite (da 60 a 420 milioni). L'Italia e. tra i protagonisti europei del «boom» commerciale Est-Ovest, e ha accordi con tutti i Paesi del Comecon salvo la Repubblica Democratica Tedesca. Dal 1' gennaio '73, dice il primo dei «tre comandamenti» ai quali dovrà adeguarsi la politica commerciale dei «Nove», «non potranno più essere avviati negoziati bilaterali fra Stati membri della Cee e Paesi a commercio di Stato». Sarà ammesso soltanto il rinnovo dei cosiddetti «protocolli annuali», cioè le appendici strettamente commerciali dei vari trattati Est-Ovest, purché sia stata chiesta l'autorizzazione alla Comunità entro il '72. Dal documento Cee risulta che l'Italia ha provveduto per tempo a chiedere i rinnovi dei suoi «protocolli». In questa prima fase, dunque, i Paesi dovranno avvicinare progressivamente i loro rapporti con l'Est, armonizzandoli sempre più sino all'unificazione totale che avverrà alla fine del '72, quando scadranno contemporaneamente tutti i trattati fra Paesi occidentali ed orientali europei. Dunque, al 31 dicembre si chiude la fase della «Ost Politik» autonoma, al 31 dicembre '74, dopo un biennio di transizione, si aprirà l'epoca della «politica commerciale unica» diretta da Bruxelles. Queste scadenze, lo ricordiamo, sono già state decise definitivamente. Il secondo punto della risoluzione dell'Esecutivo riguarda «i crediti e le agevolazioni i rfi credito»: uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo del | commercio Est-Ovest è, infatti, la cronica carenza di valuta dei Paesi orientali. Per ovviarvi, gli Stati Uniti e il Giappone hanno creato istituti e metodi di credito assai agili. Gli Stati della Comunità agiscono accora «dispersi», anche se il volume dei fondi concessi è molto elevala, tre miliardi di dollari nel 71 Dunque, si può dire che lutti gli acquisti dei paesi Co¬ m(iesde'7isprBmgrnhptarpmladseelsl1ppss1gtCsgzsptatcI ì|iI;; mecon avvengono a credito (infatti la cifra corrisponde esattamente al valore globale delle loro importazioni). Dal '73 si dovrebbero unificare gli istituti e le forme creditizie, probabilmente attraverso la Banca Europea degli investimenti, per «rispondere alla grande dinamicità dei giapponesi e degli americani che hanno creato l'apposita Import-Export Bank». Questo punto è di importanza vitale per vincere la durissima concorrenza che nei prossimi anni si scatenerà sui mercati orientali, dove, dice la Commissione, la domanda di beni d'investimento e consumo è «pressoché illimitata» e l'interesse per le forniture europee occidentali «prevalente». Infine, la Cee indica la politica di cooperazione come necessario completamento a quella di credito. La costruzione di stabilimenti in comune, lo sfruttamento in società delle miniere, la fornitura del necessario «know-out» tecnologico, sono i mezzi per assicurare all'Est quello sviluppo senza il quale la politica del credito provocherebbe solo un indebitamento pericoloso. L'obiettivo di fondo della OstPolitik commerciale ed economica europea è «l'utilizzazione massimale della divisione internazionale del lavoro». al fine di stabilizzare gli scambi rendendoli complementari e, dunque, reciprocamente necessari. Vittorio Zucconi