L'industriale rapito temeva qualcosa e aveva deciso di viaggiare armato

L'industriale rapito temeva qualcosa e aveva deciso di viaggiare armato Vana attesa dei famigliari: i rapitori non si sono fatti vivi L'industriale rapito temeva qualcosa e aveva deciso di viaggiare armato Si era procurato un martello che teneva sempre sull'auto per difesa personale - Aveva l'impressione che una macchina lo seguisse nei suoi spostamenti: forse erano i banditi che studiavano il "colpo" La polizia sempre ferma per non compromettere un eventuale contatto della famiglia con i criminali (Dal nostro inviato speciale) Vigevano, 21 dicembre. Questo sequestro dell'imprenditore Pietro Torielli sta assumendo la fisionomia dei tempi lunghi. Qualcuno dice: è lo stile sardo. Non che debbano essere sardi i rapi¬ tori; è il sistema che denota una preparazione accurata e l'intenzione di lasciare maturare le cose a fuoco lento per ottenere poi un risultato più efficace. Nr-mmeno oggi i rapitori si sono fatti vivi. Ci sono state delle telefonate nella villa di via Omegna 11, ma prive di autenticità. Sono i mitomani, i maniaci che non mancano mai in occasioni di questo genere, tanto più che sono stati pubblicati i numeri di telefono che i rapitori possono fare per entrare in contatto con la famiglia ed essi costituiscono una tentazione per certa gente. Una di queste" telefonate pare sia stata sfatta ieri: una voce avrebbe fletto» con tono incerto: « Siamo i rapitori, pagate il riscatto u. Stanotte, alle due, altro squillo del telefono, nuovo fiotto di emozione e di speranza da parte di chi alzava il cornetto; ma dall'altro capo del filo solo un lungo silenzio e un respiro. Stamattina altre parole farfugliate in maniera incomprensibile. In sostanza, niente. E d'altra parte è mollo probabile cho quando i rapitori del ragionier Torielli si faranno avanti, udranno una via diversa da quella del telefono diretto di casa, non fosse altro per la paura che esso sia controllato. E' facile che il contatto avvenga attraverso qualche persona amica di famiglia che lo stesso sequestrato potrà indicare a chi lo tiene prigioniero. Assieme a questi maniaci che sono pronti ad inserirsi scioccamente nel dramma di una famiglia emergono colo ro che si dichiarano in grado di scoprire il rifugio nel quale i banditi tengono prigioniero l'ostaggio: uno, ad esempio, ha telefonato agli inquirenti assicurando che potrà chiarire il mistero mediante la radioestesia, con il suo pendolino; vorrebbe soltanto che gli consegnassero un oggetto appartenuto al Torielli. Carabinieri e polizia sono fermi, pronti ma inattivi: seguono le disposizioni che hanno avuto dal magistrato il quale non vuole che in alcun modo sia messa in pericolo la vita dell'uomo rapito. D'altra parte non è che, anche volendo, essi potrebbero fare molto con le loro indagini. Gli elementi di cui dispongono sono scarsi: c'è la rivoltella Smith e Wesson 38 Special, c'è il cappello tipo tirolese di velluto, il fazzoletto insanguinato che i banditi han'no dimenticato sulla Maserati-Citroèn del Torielli abbandonata a Corbetta quando essa è rimasta senza benzina. Ma l'arma non presenta impronte digitali e dal numero di matricola si sa già che non è possibile ri- j salire alle sue origini perché è entrata in Italia clandesti- i namente; cappelli con il no- j me della ditta di Pordenone che ha venduto questo, ne I sono stati smerciati moltissirai, in tutto il Veneto; il fazzoletto, infine, è un capo j banalissimo, senza segni par- i ticolari. Restano, più che i dati tangibili su cui lavorare, le ipotesi. « Quella clic emerge so- \ pra tutte — diceva stasera uno degli inquirenti — resta sempre l'ipotesi del sequestro a scopo di estorsione totoqniltinleccldtcpvgTp:HlpuecmascpclcialpntMmacspvmscNon si può certo parlare di un rapimento per vendetta che abbia come scopo la soppres sione della vittima. Se i bau- diti avessero avuto questa in- tensione avrebbero agito di-versamente, la cronaca nera purtroppo lo insegna: lo avrebbero atteso all'uscita dall'ufficio o davanti all'abitazione e gli avrebbero sparato uccidendolo all'istante. Loro avevano invece bisogno del Torielli vivo, evidentemente per usarlo come merce di scambio, cioè per un riscatto ». Qualcuno confuta questa tesi, sostiene la possibilità che gli aggressori non si accontentassero di un delitto freddo e sbrigativo, ma che volessero infliggere una dura lezione alla loro vittima e sottoporla ad un « processo » preventivo. Ma ciò implicherebbe un odio feroce e un movente ai quali nessuno è in grado di dare una giustificazione logica. Ora, naturalmente, fioriscono le voci. Si sente dire: prestava denaro a tassi alti; oppure: aveva rifiutato di assoggettarsi ad un racket che gli imponeva il versamento d'una certa somma per ogni macchina da calzaturificio venduta. A questo proposito si ricorda che a Zingone, la località vicina a Trezzano dove l'azienda Torielli ha l'ufficio di direzione e dove Pietro junior ha risieduto fino all'agosto scorso, tempo fa ha preso l'avvio un certo tipo di malavita che poi si è spostata a Milano ed è sfociata appunto nei vàri racket. Sono, ripetiamo, voci, che non trovano alcun fondamento non appena vengono sottoposte all'attenzione di chi, qui a Vigevano, conosce bene i Torielli: Pietro senior, il padre che ha fatto la fortuna con la sua lunga attività in questo campo commerciale, e Pietro junior, il figlio che ha saputo continuarla con il suo attaccamento al lavoro. Si nega che qualcuno della famiglia abbia esercitato l'usura e si ritiene ben poco attendibile l'idea di una punizione che venga da chi voleva imporre dei taglieggiamenti e non c'era riuscito. Forse il ragionier Pietro Torielli presagiva qualche pericolo. Un paio di mesi fa :H,veva manifestato al padre l'intenzione di chiedere il p'orto d'armi e di munirsi di una pistola, ma poi non si era deciso a presentare al commissariato l'apposita domanda. Aveva invece chiesto ad uno dei propri dipendenti, sempre due mesi fa, di procurargli uno dei martelli di plastica con anima di ferro che di solito fanno parte dell'attrezzatura dei meccanici che riparano le macchine per i calzaturifici. Il martello, aveva specificato il Torielli, lo avrebbe tenuto sulla propria auto per difesa personale. E infatti è stato trovato sui sedili posteriori della Maserati-Citroèn; in un primo momento gli inquirenti avevano creduto che fosse il corpo contundente che era servito ai banditi per rompere uno dei cristalli della vettura. Pare anche che la moglie dell'imprenditore fosse da un po' di tempo preoc¬ cupata perché il marito le aveva detto di avere avuto qualche volta l'impressione di essere seguito da un'automobile. Forse erano i rapitori che stavano studiando lo abitudini della loro vittima designata. E' molto probabile che l'ideatore del piano sia un elemento esperto in questo genere di crimine: la meccanica del rapimento vero e proprio, da noi descritta ieri sulla base delle testimonianze raccolte, dimostra che le cose erano state studiate bene. Gli esecutori materiali, quando si sono trovati di fronte all'imprevisto della Maserati-Citroèn che si è fermata per mancanza di benzina, hanno poi tradito la mancanza di sangue freddo e di autocontrollo dimenticando sulla vettura abbando¬ nata la rivoltella, il cappello e il fazzoletto. Ciò non toglie, comunque, che l'azione nel complesso segua un suo corso teoricamente idoneo per i fini che i malviventi si prefiggono, in questo corso si inseriscono forse il silenzio e l'attesa prima della richiesta del riscatto. Tutto sommato questa è la speranza dei congiunti del ragionier Pietro Torielli Remo Lugli li padre del sequestrato

Luoghi citati: Italia, Milano, Pordenone, Veneto, Vigevano