Parole che cambiano sesso

Parole che cambiano sesso LA DIFESA DELLA LINGUA ITALIANA Parole che cambiano sesso E' questione di secoli ("la gregge" diventa "il gregge"), ma anche di numero: uovo e uova, creando problemi su cui si arenò persino il Leopardi - La retorica insegnata in televisione Tre sono le varietà o passioni del nome (come altamente dicevano i vecchi grammatici): genere, numero e caso. Fermiamoci alla prima tt passione » (il genere), e più precisamente a quella famiglia di nomi che, pur appartenendo alla stessa declinazione, s'usano in ambedue i generi e perciò son detti eterogenei. Assai cospicua nell'italiano antico iil folgore, la folgore; il fonte, la fonte; il gregge, lu gregge; il dimane, la dimane ecc.), l'uso moderno le è andato attorno con la force, si che restano in piedi, insieme con gli aggettivi di seconda classe {.grande forte feroce ecc.), il fine, la fine; il fronte, la fronte (con differenza di significato), e altri non 'moltissimi. Ma purtroppo si danno nomi i quali, oltreché eterogenei, sono per dispetto anche eterocliti: vale a dire che appartengono cosi a genere come a declinazione diversa. Qui, volendo stringere il campo a quelli soltanto che hanno un sol genere e una sola declinazione tanto nel singolare quanto nel plurale, e lasciando cadere come disusato e irritante il plurale toscano ovi, incontriamo nomi d'uso comunissimo li; centinaio, le centinaia; il riso, le risa), o addirittura domestico, come appunto l'uovo, le uova; il paio, le paia e simili. Dice la comare E perché neppure una comare può sempre evitare dipendenti relative costruite col numerale Uno, ecco per tutti l'atroce rompicapo sintattico: ho comperato sei uova, uno delle quali si è rotto; ho comperato ecc., una delle quali si è rotta: ho compera to ecc., uno dei quali si è rotto. E' chiaro che comunque si dica, si va sghimbescio; né l'esempio diligentissimo del Leopardi: « uno delle loro uova » suona meno in- Iiij - I grato all'orecchio. A mitigare i l'effetto di discordanza (ha ragione il Peruzzi) non c'è che o cambiare la struttura i della frase o collocare i due j termini inconciliabili nino e uova ) a tale distanza che si sentano meno. Ma il rimedio dei rimedi sarà di attingere dalla Rettorica (la quale provvede anche alle massaie, come che esse non lo sappiano) la figura Sillessi o coI struzione di pensiero, e mettendo in opera la legge d'at| trazione del genere mascolino t fondamentale in tante parti dell'italiano), dire insomma « sei uova, uno dei quali si è rotto », « due paia di calzoni, uno dei quali è da ranaI mendare ». Ma come c'entra ! il pensiero? C'entra, perché | i maschili Uovo e Paio, fatti i ora ben persuasi di sé, assurgono a « soggetto d'affezione », col quale s'accorda, nel genere maschile, la subordinata relativa. Sembrano problemi lontani, e sono invece di stretta attualità. Si svolge alla tivù « La retorica nella cultura d'oggi », un programma a puntate ottimamente architettato e svolto da Giorgio Chiecchi con la consulenza del prof. Valerio Volpini, a contemplazione della scuola media superiore, ma istruttivo per tutti | in quanto « illustra la presenza della retorica come arte del convincimento nei vari aspetti della cultura della vita quotidiana ». E' motivo di stupore per molti, teleabbonati il costatare che quella | disciplina, ritenuta lontana e I uggiosa, e tutt'al più maestra di « ornato », incombe invei ce, per lo più incognita, nelj le vive sostanze del nostro | parlare di tutti i giorni. I! nome Anacoluto spaventa; e dalla cosa (deviazione l dalla sintassi regolare) l'Uso, j d'accordo con la Scuola, si I guarda come dal fuoco; ma j per mille fiammoline quel fuo| co si attacca: e nei proverbi i II!I e , i a i (chi te le fa, fagliele), e nel riflessivo impersonale toscano del tipo noi si fa. e in tante altre maniere di dire appena un po' sciolte (Renato ha i due donne a carico, che eiaI scuna ha le sue esigenze). Ma I quello che più colpisce è che ! anacoluteggiano anche le turI be politiche, la cui mente è per solito lungi dal pensiero delle Figure. Vi ha un anacoluto di specie vichiana, che consiste nella replicazione del soggetto in capo alla frase: « questo mondo civile egli certamente è stato fatto dagli uomini ». O non torna identica la stessa figura nel costrutto « Bandiera rossa la trionferà» (dove il ripigliamento la è aferesi di « ella » )? E non finirebbe più chi volesse enumerare i benefici che ci vengono dalla Litote (non mi pare ben fattoi e da consimili figure di temperanza (Eufemia, Antifrasi 1 che racchiudono tesori di civiltà; dalla Metonimia (e qui basta cuore, preso per il sentire e gli affetti); dalla stessa Catacresi (l'Olghina ha menato per il naso altre barbe che la tua), dall'affine Anaclasi (aspetto che mi sposi: dove Aspettare doppieggia tra «sperare che lo sposalizio si faccia presto », e « attendere senza fretta ch'esso indugi quanto si sia ») e così via. Chi è lo Zeugma? Ma che più? Quando leviamo una' preposizione che ci par superflua: pieno di donne e (di) debiti; anche allora poppiamo da una figura, 1 che è lo Zeugma, avendo noi aggiogato a quell'unico Di (zeugmatico) due comple- ! menti. i Ma addirittura un monumen| to inerita l'Enallage, sotto la quale riparano, da lei ribenedette, molte cose che sono negligenze o errori: dalla trascurala del congiuntivo («io credo ch'ei credette») all'infinito storico (e lui a ridere); dall'aggettivo in forza avverbiale (non ci vedo chiaro) a certe locuzioni, a pensarci bene, strane, come « domani vengo », « ho passato una notte agitata» (la Notte non si agita punto), «mi meraviglio dei fatti tuoi » e altre ancora. Rimossi quegli orridi nomi, si scopre la Rettorica per quello che è: una solenne giustificazione del parlare secondo natura. Leo Pestelli

Persone citate: Giorgio Chiecchi, Leo Pestelli, Peruzzi, Valerio Volpini