Sbarcano gl'inglesi di Vittorio Zucconi

Sbarcano gl'inglesi BRUXELLES, CAPITALE ANGLO-EUROPEA Sbarcano gl'inglesi Dal f gennaio il Regno Unito entrerà in forze nell'Europa a nove, terra d'espansione per la sua industria Nella capitale della Cee manderà qualche migliaio di funzionari, dirigenti e imprenditori, e imporrà l'inglese come prima lingua comunitaria - Questo corpo di spedizione lavorerà in una torre orgogliosa e vivrà in propri quartieri, britannici dai "pubs" ai supermercati: «come a Calcutta», dice un giornalista londinese (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, novembre. Dopo le dieci di sera, nel pub c'è spesso qualcuno che tenta di suonare al piano il « Valzer delle candele », ma i clienti del locale, il « Queen Victoria », non ascoltano. Da bravi inglesi continuano a bere birra e lanciare freccette al bersaglio di sughero appeso al muro, conversare a mezza voce. Alle pareti la regina Vittoria, la regina Elisabetta con i membri della famiglia reale e il primo ministro li osservano benevoli, indifferenti. Queen Victoria Se non fosse per il pesante accento fiammingo che inquina l'inglese dei camerieri, sarebbe assai difficile rendersi conto che, oltre la porta, non c'è il « Big-Ben », ma il palazzo Berlaymont, sede della Comunità Economica Europea. Il « Queen Victoria » si trova infatti a Bruxelles, come altri ventidue identici pubs inglesi disseminati per tutta la città e aperti negli ultimi quattro mesi: fra trenta giorni, il i" gennaio, gli inglesi entreranno ufficialmente nella Comunità, ma da tempo le loro avanguardie sono sbarcate in Belgio per preparare la capitale ad accoglierli. « Spero di vedere un'Europa dove uomini e donne di ogni paese si considerino tanto europei quanto figli della loro terra e, dovunque vadano, possano dire "Qui sono a casa mia"» scrisse Winston Churchill: Bruxelles sta realizzando il suo sogno incompiuto. Mentre i gestori dei pubs (ce ne sono otto solo intorno alla sede della Cee) spolverano i massicci interni in finto legno, i grandi speculatori edili acquistano interi nuovi quartieri del centro per costruirvi « shopping centers » e uffici, e le grandi industrie britanniche accrescono la loro « partecipazione » nelle compagnie europee quasi ogni giorno, anzi talvolta le assorbono completamente. « Cosi — ha scritto il tedesco Die Zeit — un inglese a Bruxelles potrà lavorare per un'impresa inglese, mangiare e bere in un pub inglese, vivere in una casetta inglese, fare lo shopping in un supermercato inglese. Viva l'Europa unita ». Il "business" « L'Union Jack (la bandiera inglese) sventola sulla città », ha titolato in prima pagina un giornale belga (La libre Belgique), annunciando che la « Jones, Long and Wootton », immobiliare londinese, aveva acquistato un vasto terreno in pieno centro. L'esclamazione del giornale è certo retorica e viziata di sciovinismo, ma le cifre della « conquista » inglese di Bruxelles, sono impressionanti: l'ultimo acquisto della immobiliare britannica è il terzo nel breve volgere di quattro mesi. Esso comporterà un investimento valutato a circa tredici miliardi di lire e darà vita ad una torre alta 150 metri, interamente destinata ad uffici. Dalle sue finestre, gl'impiegati (tutti alle dipendenze d'imprese britanniche) potranno ammirare poco distante un'altra torre, in tutto simile e costruita dalla stessa società, dove le mogli spenderanno i loro stipendi nel fervore dello shopping. Valore otto miliardi di lire. Tra le due torri, destinate a modificare e caratterizzare il paesaggio urbano di Bruxelles negli Anni 70, i bulldozer stanno scavando il posto ad un altro quartiere inglese (Immobiliare Ellis) del genere « ciclo chiuso »: uffici, negozi, ristoranti, albergo, banca eccetera, per un valore intorno ai venti miliardi. Le imprese sembrano rischiare capitali ingenti: chi riempirà infatti gli uffici e popolerà le infrastrutture che le immobiliari britanniche stanno costruendo a Bruxelles? In realtà, i grandi speculatori londinesi non rischiano niente: essi sanno che l'industria inglese ha già scelto l'Europa come terra d'espansione e la capitale belga come centro direzionale: i fatti lo provano. La Imperiai Chemical Industries sta costruendo in Olanda e in Francia stabilimenti in comune con due delle maggiori imprese petrolifere europee; la British Leyland Corporation ha già assorbito l'Innocenti automobili; la Rowntree Macintosh (alimentari) sta organizzando una « filiale comune » con la francese Perrier (già largamente interessata nell'italiana San PellegrinoI; Laporte (chimica) ha dato vita a un'iniziativa comune con la maggiore industria chimica belga, la Solvay; la Beecham tfarmaceuticit sta costruendo un gigantesco stabilimento per la produzione di antibiotici in Belgio; la Electric and Musical possiede la metà del capitale dì due fabbriche italiane di apparecchi radiotelevisivi; infine (la City non poteva mancare) la Olive Holdings Ltd. ha creato due nuove compagnie dì agenti di cambio operanti sulle piazze francesi e del Benelux. Per tutte queste compagnie (e per molte altre le cui operazioni sono in corso, ma ancora ignote) la sede continentale sarà Bruxelles. Nella capitale belga vivono attualmente circa quarantamila cittadini stranieri, classificati « di reddito medio o superiore »: sono l'esercito grigioscuro dei funzionari delle organizzazioni internazionali, dei rappresentanti e impiegati industriali (tutte le grosse società sono presenti nel cuore del Meo), dei « businessmen » non meglio identificati, dei giornalisti provenienti da tutto il mondo. Spendono oltre 300 miliardi di lire guadagnati nelle rispettive nazioni, frequentano gli stessi ristoranti, s'incrociano negli stessi «cocktails parties», sparlano delle stesse persone. Con gli indigeni hanno pochi ed epidermici contatti. L'anziano corrispondente del Daily Telegraph, Walter Farr, sostiene che « a Calcutta era press'a poco così ». Dunque, anche i rinforzi che Sua Maestà britannica sta inviando a Bruxelles per ingrossare l'esercito degli stranieri non faticheranno ad adattarsi a questa « vita coloniale » di nuovo tipo. Se ne aspettano tra sei e diecimila, famiglie comprese. Non pochi tra loro saranno giornalisti: anche la stampa britannica ha preso molto sul serio, come d'abitudine, i suoi nuovi compiti all'interno della Comunità Europea. Il Financial Times pubblica settimanalmente, da oltre un mese, un'intera pagina dedicata soltanto alle istituzioni comunitarie e al loro funzionamento: pagina che il corrispondente da Bruxelles, Regìnald Date, definisce « una follìa », ma che ha evidentemente i suoi lettori. Tutte le pubblicazioni e le agenzie inglesi stanno infatti irrobustendo i loro uffici. Anche così, irresistibilmente, l'inglese si affermerà come lingua di lavoro per tutti nella Comunità Europea, come è ormai la lingua dei « parties », del « business », e del cinema, poiché in Belgio i film non sono doppiati per non turbare la suscettibilità dei due gruppi linguistici del Paese, francese e fiammingo. La scorsa settimana, per la prima volta in quattordici anni di Mercato Comune, il portavoce ufficiale della Cee ha tenuto la sua conferenza-stampa nella lingua di Shakespeare, seminando il panico in una comunità giornalistica avvezza alla francofonia. Ma non c'è nulla da fare, la Cee parlerà sempre più inglese e sempre meno francese: per avere un posto a un corso di lingua occorre aspettare la primavera prossima o essere raccomandati. Nella loro implacabile avanzata, dopo i quartieri di affari, i cinema, le industrie, i bar, i centri d'informazione, gli eredi di Guglielmo il Conquistatore si accingono ora a piazzare l'Union Jack nel cuore dell'ingranaggio i principale, cioè negli uffici I della Comunità Europea. I Circa millecinquecento futuri funzionari inglesi della Commissione esecutiva sono in questo momento selezionati ed addestrati in patria per lo sbarco nel Mec. Alla loro testa, i due rappresentanti inglesi nell'esecutivo europeo, sir Christopher Soames e George Thomson, il primo ex ambasciatore a Parigi (e futuro vicepresidente della Cee), il secondo ex ministro. Il corpo di spedizione britannico arriverà per gradì, poiché .il 1" gennaio prossimo si apre il « periodo transitorio » dell'adesione, una sorta di rodaggio quinquennale; ma nei corridoi dell'allucinante sede in vetrocemento della Cee si vive un'atmosfera da Bisanzio assediata. Trecento funzionari di vario grado dovranno andarsene, avanguardia di una più grave amputazione, per far posto agl'inglesi, irlandesi e danesi. Altri dovranno piegarsi ai nuovi superiori britannici, cedendo loro anni di sudata carriera. I nove governi della Cee (finanziatori di tutto l'apparato burocratico) hanno infatti stabilito che l'organico della Commissione non può dilatarsi a dismisura: sono già ottomila le persone nel libro-paga della Cee (per una spesa complessiva di quasi 70 miliardi di lire annui) e la semplice addizione dei nuovi membri porterebbe il totale a cifre sproporzionate ai compiti. Questo «strano animale politico » (come il primo presidente Hallstein definì la Commissione esecutiva della Cee) non merita ancora di superare gli effettivi d'una divisione. Per risparmiare Per ospitare i nuovi arrivati, la Cee ha affittato un intero palazzo di quindici piani attiguo al Berlaymont (13 piani), pomposamente battezzato nel nome di «Carlo Magno», un europeista ante litteram. Ma, nonostante lo sfoltimento dei ranghi e i nuovi uffici, il reggimento dei dipendenti Cee dovrà stringersi un poco: in questi giorni tavoli, scrivanie e poltrone in trasloco s'incrociano nei corridoi delle sedi Cee, seguite da mesti impiegati. Piccoli funzionari avvezzi ad ufflci da amministratore delegato dovranno piegarsi alla convivenza, mentre le molte segretarie paventano i nuovi capi britannici, che hanno fama di superiori esigenti e pignoli. Gl'inglesi, si dice, non approvano il blando ritmo di lavoro che ormai vige alla Cee e intendono dare saggio della loro tradizionale efficienza burocratica. « Nostro primo compito — avverte minaccioso Z'Economist — sarà quello di svegliare e stimolare il pachiderma burocratico della Commissione ». Alla Comunità l'incertezza e l'ansia per la concorrenza dei « nuovi arrivati » serpeggiano anche nei settori più imprevedibili. Nell'albo pubblico dei piccoli annunci affisso nel ristorante della Comunità, accanto a cani smarriti ed auto usate, mani femminili hanno appeso un cartello denso di malinconia: « Causa prossima concorrenza nuovi moderi inglesi, gruppo ragazze francesi ricercano urgentemente cavalieri anche non giovanissimi o fino ad ora respinti ». Vittorio Zucconi 1; M