I mafiosi sfuggono alla giustizia ma infine si sbranano tra di loro di Luciano Curino

I mafiosi sfuggono alla giustizia ma infine si sbranano tra di loro Tante volte una sentenza di assoluzione vuol dire la morte I mafiosi sfuggono alla giustizia ma infine si sbranano tra di loro Nessuno parla, i testimoni vengono fatti tacere - Così il mafioso esce a testa alta dal tribunale, ma svolta l'angolo ed è abbattuto da "ignoti" con una raffica di mitra - Una catena terrificante di delitti per la supremazia dei "padrini" - Si teme una nuova esplosione di violenza quando usciranno gli "innocenti" del processo per viale Lazio (Dal nostro inviato speciale) Palermo, 25 novembre. «L'individuo in oggetto è il capo della mafia locale. E' di carattere violento e prepotente. E' sempre sfuggito ai rigori della legge: infatti è incensurato. Per la consumazione dei crimini si serve esclusivamente di sicari...» si legge in un rapporto dei carabinieri che riguarda un boss mafioso. Il suo nome non importa, perché questo rapporto può andare bene per gran parte dei «padrini». Sono incensurati, per i loro crimini si servono di sicari. Ogni tanto gli scappa una disavventura e finiscono in qualche «processone» alla mafia, ma la maggior parte ne esce assolta. Per molti il processo è stato un'occasione per allargare il giro delle proprie conoscenze. Uno degli imputati minori di questo processo per la strage di viale Lazio afferma di avere conosciuto Cavatajo — ucciso in quel massacro — al processo di Catanzaro. Il presidente Navarra gli dice: «Chissà perché io e la gente normale facciamo le nostre conoscenze al bar o a teatro e voialtri ai processi». Il presidente di corte d'assise Giuseppe Navarra è scapolo, vive con la madre novantenne, non sa guidare l'auto, ha un solo hobby ed è lo scopone, gioca con Salvo Randone. E' uomo di grande energia e ha alto il senso della giustizia, questo processo per la strage di viale Lazio e associazione per delinquere è affidato certamente a un buon presidente. Il nome Navarra è abbastanza comune in Sicilia. C'era un dottor Michele Navarra al vertice della mafia di Corleone. Era così incensurato che riuscì a diventare primario dell'ospedale, medico di fiducia dell'Inam, presidente dell'Associazione coltivatori diretti, ebbe altri incarichi di prestigio. Durante il suo «regno» avvennero nel Corleonese undici omicidi nel 1944, se- dici nel '45, furono diciassette nel '46. Navarra sfuggì sempre alla giustizia, fu ammazzato da mafiosi. Questo è il punto. Sfuggono alla giustizia, ma si ammazzano tra di loro. Si eliminano l'un l'altro, si sbranano, è cannibalismo. Il mafioso che esce a testa alta da un tribunale, svolta l'angolo ed è abbattuto da «ignoti» con una raffica di mitra. Mi dicono — e non si fa fatica a crederci , n ¬ o n a i i , che il mafioso rigore della legge (che cosa può fare la legge quando non si trovano prove, mancano le testimonianze? Qui si dice: «Le persone per bene non vanno a deporre e chi ci va lo fa a suo rischio e pericolo » ), più che la legge, dunque, teme il mafioso rivale, quello che gli insidia il potere. Il dottor Michele Navarra aveva nei suoi ranghi un «picciotto» chiamato Luciano Liggio, molto ambizioso, che fece strada, divenne luogotenente del Navarra. In un rapporto della polizia leggo che Liggio aveva sparso tanto terrore attorno a sé ed era ormai tanto potente che «quasi fu portato dagli eventi a sostituirsi al suo "padrino" Michele Navarra». Due agosto 1958. Navarra è assassinato in auto tra Lercara Friddi e Corleone, con lui è ucciso anche un passeggero occasionale, il dottor Giovanni Russo. Si contano, nei cadaveri e nell'auto, oltre cento proiettili sparati da cinque mitra. Le indagini portano a Liggio e a un suo parente, ma il 23 ottobre 1962 sono entrambi assolti per insufficienza di prove. Nel frattempo, lupare e mitra si sono fatti sentire. E' la guerra tra i «navarriani» e i «liggiani», che dura cinque anni, termina con lo sterminio dei primi. Un^ese dopo la morte di Navarra, nelle strade di Corleone in un giorno di festa, le due bande si scontrano, si spara anche dalle finestre e dai tetti, ci sono morti e feriti. Nei mesi e negli anni seguenti si susseguono conflitti a fuoco, imboscate. Assassinati in casa, sul bordo di una strada con il sasso in bocca, in una cava di tufo. Cadono navarriani e uomini di Liggio. Sono uccise persone che non sono mafiose, ma hanno avuto la sventura di avere assistito a un omicidio o comunque di «sapere troppo». Intanto, la vecchia mafia contadina, di stampo feudale, per sopravvivere in un mondo che cambia troppo in fretta, deve adattarsi alle variazioni «di mercato». Diventa, secondo il 'rapporto parlamentare antimafia, «più dinamica e sanguinaria, marcia verso i grandi redditi: dall'abigeato alla macellazione clandestina all'estorsione e infine all'assalto della stessa! Palermo nel settore dei mercati, dell'edilizia, del contrabbando, della droga». Sono però in tanti a «volere» Palermo. Liggio e i fratelli La Barbera, Buscetta e i cugini Gre- j co, Cavatajo che ha una pistola «Cobra Colt», Rimi e Panzeca, Torretta e Bontade. Alleanze e rivalità feroci, con regolamenti di conti ed auto imbottite di tritolo, ed una esplode a Ciaculli uccidendo sette carabinieri. Si sa che in quegli anni di fuoco fu sconfitto il gruppo La Barbera. Ma subito incominciò una guerra tra i vincitori per il comando generale. Guerra che non è ancora finita e stragi come quella di viale Lazio sono battaglie non decisive, che anzi aprono nuovi fronti, propongono altri «conti da regolare». Il rapporto della Commissione parlamentare antimafia, dopo avere elencato gli omicidi e le stragi avvenuti più che il | nsdcmmBcpscdppufiddaPdp«tptfcsSSvcS tI | egli ultimi anni, dice che mbra possibile attribuire i elitti «ad un unico intento riminoso diretto alla sisteatica eliminazione degli uoini vicini ai Torretta e ai La arbera. Né è da escludere he, mentre da un lato altri e ù clamorosi fatti di sangue ano da inserire in un tale ontesto, dall'altro la catena ei delitti contro i reduci del rocesso di Catanzaro possa roseguire, alimentando cosi lteriormente questa nuova ammata di violenza che dal icembre del 1969, dal giorno ell'eccidio di viale Lazio, si è bbattuta su Palermo». Finito il «processone» di alermo, fra qualche giorno, opo la sentenza, alcuni imutati torneranno liberi per non avere commesso il fato» o per «insufficienza di rove», e potrebbero alimenare ulteriormente la nuova iammata di violenza. Si dice he ci sono parecchi conti in ospeso e che vanno regolati. Si regolano in una «strage di San Valentino», oppure della ittima (un avversario o uno he sa troppo) non si trova raccia. La vecchia mafia conadina infoibava i suoi nemii nelle cave di tufo. Dicono che la nuova mafia muri gli avversari nelle colonne di cemento dei palazzi in costruione. C'è gente che alle due, re di notte è stata svegliata dalla betoniera di un vicino cantiere entrata in funzione. Perché si dovrebbe azionare ina impastatrice di cemento a quest'ora della notte? E' meglio non chiederselo o non andarlo a raccontare, perché le persone per bene non vanno a deporre e chi ci va lo fa a suo rischio e pericolo». Luciano Curino e l , a a n Palermo. Il corpo di un malioso accanto alla sua auto: la lotta tra bande rivali e sempre violenta (Telcfoto Ansa)