Fiumi inquinati: è vecchia la legge che deve tutelarli

Fiumi inquinati: è vecchia la legge che deve tutelarli Fiumi inquinati: è vecchia la legge che deve tutelarli Ha 40 anni - "La situazione è inquietante", dice il dirigente la Pretura - Ammende che non scoraggiano nessuno - L'urgenza di norme aggiornate L'inquinamento idrico è stato il tema di una conferenza tenuta ieri sera dal consigliere dirigente la Pretura, dott. Brunetti, durante una riunione del Rotary « Torino Centro ». ti La situazione in Piemonte è inquietante — ha detto il magistrato — la legislazione è frammentaria, antiquata ed insufficiente. Diamo uno sguardo all'area ecologica di Torino: la concentrazione demografica è elevata (vi risiede il 47 per cento della popolazione regionale); il 10 per cento dei Comuni è privo di acquedotti; a Rivoli, Orbassano. Caselle e Brandìzzo mancano fognature nere; nel 65 per cento dei casi, i liquami biologici sono smaltiti con pozzi perdenti; l'inquinamento industriale è aggravato dalla presenza in 15 Comuni di industrie insalubri ». Le norme per la prevenzione e la repressione dell'inquinamento idrico sono, oggi, superate. Il Testo Unico della legge sanitaria del 27 luglio '34 prevede che il sindaco può prescrivere determinate norme nei confronti di manifatture o fabbriche, allo scopo di prevenire o impedire il danno o il pericolo derivante da vapori, gas, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi. « ruttatila le maggiori cautele nell'immissione dei residui liquidi — ha osservato 11 dott. Brunetti — non sono previste, come sarebbe logico, dal Testo Unico, ma dalle norme sulla pesca che risalgono al 1931 ». Solo nel '61, in esecuzione della convenzione internazionale di Londra, sono state emanate norme sulla lotta contro l'inquinamento delle acque marine. Di particolare interesse l'articolo 15 che vieta « di danneggiare le risorse biologiche delle acque marine con l'uso dì sostanze tossiche atte a intorpidire, stordire o uccidere i pesci e gli altri organismi acquatici ». I contravventori, puniti con la reclusione fino a 2 anni e la multa fino a un milione, sono co¬ stretti a riparare 1 danni arrecati. II codice penale punisce con la reclusione fino a 15 anni chi «avveleni le acque destinate al l'alimentazione» consapevolmente, mentre la pena è ridotta di' 6 mesi a 3 anni se il fatto avviene per colpa. Infine, chi, senza rendere velenosa l'acqua, la «corrompe», è punito con ia reclusione da 3 a 10 anni soltanto se dalla sua attività deriva « un pericolo per la salute pubblica »; mentre chi sporca o deteriora le acque potabili, è punito con una ammenda. « Queste norme — ha detto il consigliere Brunetti — riguardano però solo l'acqua potabile. Le altre acque dolci trovano tutela nel Testo Unico per la pesca, che risale al 1931. L'articolo fi punisce con l'ammenda o l'arresto fino a 6 mesi chiunque peschi con sostanze nocive e l'articolo 9 prevede un'ammenda fino a 200 mila lire per chi scarica rifiuti industriali in acque pubbliche senza avere ottenuto la preventiva autortzzazionc dal presidente della giunta provinciale ». L'esame di queste norme porta a una conclusione sconfortante: manca una legge certa e precisa che tuteli l'inquinamento dei corsi d'acqua e delle falde sotterranee. I rimedi? Il magistrato li ha cosi riassunti: « Primo: costituire un organismo per l'esame della situazione dell'area ecologica regionale. Secondo: formulare prescrizioni di carattere tecnico-sanitario da adottarsi nella eliminazione, nello smaltimento e, ove necessario, nella raccolta in luoghi determinati delle sostanze inquinanti, in modo uniforme. Terzo: predisporre l necessari strumenti di controllo e di verifica per il rispetto delle prescrizioni adottate. La qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria dovrà poi essere riconosciuta ai componenti di questo organismo, al fine di consentire l'agevole svolgimento delle correlative attività di polizia ».

Persone citate: Brunetti

Luoghi citati: Londra, Orbassano, Piemonte, Rivoli, Torino