Torna Valentino, a suon di tango

Torna Valentino, a suon di tango "Ciao Rudy,, di Garinei e Giovannini in scena a Milano Torna Valentino, a suon di tango La commedia musicale sul celebre divo del muto è interpretata nella nuova edizione da Alberto Lionello (Dal nostro inviato speciale) Milano, 21 novembre. «Rudolph Valentino non aveva che trentuno anni quando morì... Il treno funebre giunse a Hollywood a pagina 23 del Times di New York»: sono le ultime amare righe dello splendido «pezzo» che Dos Passos ha dedicato all'attore italiano in Un mucchio di quattrini. E un riverbero di queste pagine di Tango lento si può cogliere nella commedia musicale che Garinei e Giovannini, con Luigi Magni, hanno imbastito sulla vita di una delle più osannate, e più derise, «ombre bianche» del muto documentandosi sulla coloritissima letteratura, dal rosa al giallo e al nero, fiorita sull'argomento. «Ciao, Rudy», che si rappresenta da ieri sera al Lirico, e del quale Garinei e Giovannini hanno anche curato la regìa (ma lo spettacolo non reca stavolta la loro sigla d'impresari), non è un nuovo «musical» dei due «grandi» del teatro leggero italiano. Andò già in scena sei anni fa a Roma, con Marcello Mastroianni nella parte principale, e da Roma non si mosse, non so se per la felliniana indolenza del protagonista, o per i suoi impegni cinematografici o anche per la sua piuttosto opaca interpretazione: «Recita come sa, balla come deve e canta come può — si disse allora — ma è tanto stotiato che fa tenerezza». Ora, sostituito Mastroianni da Alberto Lionello, snellito alquanto il testo, rinfrescate, ma non abbastanza, le musiche di Trovaioli, completamente rinnovate le coreografie che in questa edizione sono firmate da Gino Landi, e ancora con le rutilanti scene e gli sgargianti costumi di Giulio Coltellacci, Ciao, Rudy andrà a zonzo per la penisola, anche a Torino naturalmente, e con un successo di pubblico che, a giudicare dalle acco¬ glienze ottenute alle anteprime di sabato e di domenica, e alla prima di questa sera, dovrebbe essere come suol dirsi clamoroso. s Sostanzialmente, lo spettacolo è rimasto quello del '66. Si apre con una festosa baraonda davanti al cinema di New York dove, nel 1926, si scatena il fanatismo per II figlio dello sceicco (l'ultimo film di Valentino, l'attore morì poco dopo) e procede a ritroso con l'emigrante pugliese Rodolfo Guglielmi che, rifiutandosi di riconoscersi nel divo dello schermo — lui che aspirava soltanto a « quattro palmi di terra in California» —, ricorda con un quadretto che sa un po' di presepe il suo sbarco in America tredici anni prima. E di qui muove la vicenda, narrata e di volta in volta rivissuta da alcune delle numerose donne che affollarono l'esistenza, se non il letto ( si sussurra che non fosse quel gagliardo amatore che appariva sullo schermo), di Valentino. Di nuovo, oltre ai ritocchi e ai mutamenti accennati, c'è il «cast» dove spicca, e non solo per la parte preponderante assegnatagli dagli autori, Alberto Lionello il quale, non potendo ricalcare (e poi che sugo ci sarebbe stato?) il personaggio di Valentino, lo butta garbatamente in parodia — basette, brillantina e occhiate assassine che poi pare fossero dovute a miopia — ottenendo l'effetto più spassoso nel tango che arieggia quello famoso dei Quattro cavalieri dell'Apocalisse. Perché Lionello, oltre a confermarsi quell'eccellente attore che tutti apprezzano e quell'intonato cantante che pochi sospettano, si rivela un sorprendente ballerino, persino di «tip-tap». Sulla sua bravura, oltre che sulle sue gambe e sul suo fiato, si regge uno spettacolo che avrà i suoi difetti (il racconto stenta ad ingranare, l'andirivieni delle donnine è una ficelle un po' debole per tirarlo avanti, il dialogo non è sempre entusiasmante e con un retroterra così esiguo del costume e del cinema americano a cavallo degli Anni Venti il protagonista rischia l'inconsistenza), ma rimane tra i più dignitosi e ambiziosi di Garinei e Giovannini, e tra i più imponenti e sfarzosi con la sua ingegnosa e complicata machinerie di tapis roulants. schermi e scenari calati dall'alto, che consente rapidissimi mutamenti d'ambiente. E anche tra i più piacevoli se non si pretende da un «musical» ciò che esso non può dare. Certo, una commedia su Valentino potrebbe essere un'altra cosa, ma si tenga conto della prudenza che gli autori hanno dovuto usare (mescolando gli episodi, mutando i nomi, non accennando ad esempio a Pola Negri né a Wilma Banky ) per portare sulla scena personaggi appena di ieri. Questi sono affidati, oltre al corpo di ballo che si prodiga nelle splendide zccrgdrEL(clenitnpdlsqstnvcctUdtrcpgasntssncufccoreografie, ad attrici di prò-1 sa e rivista tra le quali Car- men Scarpitta ha più risalto, ìGiusi Raspani Dandolo più grinta, Mita Medici più gra- i zia, e Paola Borboni meno concentrazione, meritando ancora una citazione la sicurezza di Marzia Ubaldi, il piglio di Loredana Berte, il brio di Violetta Chiarini e di Lorenza Guerrieri, l'impegno di Emiliana e di Simona Sorlisi. Alberto Blandi * '

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