Istruzione permanente di Silvio Ceccato

Istruzione permanente Verso un rinnovamento del processo educativo Istruzione permanente Oggi la scuola non è più la sorgente esclusiva delle nostre conoscenze, abbiamo la radio, la tv, i fumetti, la stampa quotidiana, i corsi aziendali, la stessa pubblicità - Si impone quindi il problema di conservare il più a lungo possibile, nell'uomo adulto, le capacità assimilative, creative e fantastiche proprie del ragazzo Si parla c si parlerà sempre più spesso di educazione permanente. Nel Convegno organizzato il mese scorso dall'Istituto Internazionale delle Comunicazioni, a Genova, e stata il tema della sezione dell'Istituto dedicata alle Tecniche di delusione e dell'informazione. Se ne parla sia per quel tanto di moda che accompagna l'espressione, sia perché essa contiene un valore positivo di facile soluzione verbale, sia perché, c qui viene l'ovvio, non solo i nostri tempi corrono veloci ed il patrimonio scientifico-tecnico si rinnova presto, ma soprattutto perché la scuola non rappresenta ora la sorgente più abbondante, anche se rimane la più organizzata, delle nostre conoscenze, in quanto queste ci inseguono ed entrano nelle case attraverso la radio, la televisione, i tascabili, la stampa quotidiana e periodica, etc. Tre princìpi La tentazione è forte. Chi si dedicherà all'educazione permanente farà opera socialmente utile e magari anche redditizia. Si apprestano infatti corsi di aggiornamento da molte parti, corsi postuniversitari, seminari e ritiri. Ci pensano le scuole come le aziende; e l'orizzonte si allarga con l'offerta dell'università televisiva, dell'università per corrispondenza, etc, di cui almeno all'estero si sanno i successi. Come non essere d'accordo? Tuttavia, ho accennato, con tutto ciò si rimane nell'ovvio. Anche la vita è sempre stata una scuola, altrimenti non avremmo l'« uomo di esperienza », etc. Siamo così in più d'uno a ritenere che questa permanenza dell'educazione prenda vita non tanto da strutture educative postscolastiche, quanto da un modo di porgere il sapere che sin dall'inizio risponda all'intento. Lo sintetizzo in tre principi: 1 - conservare il più a lungo possibile le capacità assimilative, creative e fantastiche del bambino e ragazzo nell'adulto e nel vecchio; 2 - adottare negli anni giovanili, soprattutto nella scuola, un tipo di educazione che si autosviluppi negli anni successivi; 3 - legare l'insegnamento sin dagli anni di scuola a fonti che non vengano meno nel corso della vita. Il terzo punto del programma è in atto. 11 bambino viene familiarizzato con le trasmissioni audiovisive (certe famiglie sono stale costrette all'acquisto del televisore per i richiami scolastici alle trasmissioni), il quotidiano trova ospitalità nella scuola, ove si legge e commenta, e simili. 11 primo punto c stato anche esso oggelto di molte proposte. Chi ne desidera un quadro legga per esempio di Alex F. Osbom Applied Imagination: Principles and Procedures of Creative Problem - Solving, tracollo da Franco Angeli Uditore (Milano 1967) come L'immaginazione creativa: Sviluppo e utilizzazione. Vi troverà le tecniche del brainstorming, che ci impone di ascoltare le idee altrui sospendendo per un certo tempo ogni rifiuto critico, le tecniche per la trasformazione forzata di un'idea, attraverso un « in più » o un « in meno » della cosa di cui si parla, etc. Autosviluppo Tuttavia, il punto su cui più conlerci è il secondo, quello cioè di un sapere porto in modo che si autosviluppi. A questo proposito infatti (benché ciò che si innova in un mestiere come l'insegnamento, che da quando l'uomo ha avuto un figlio, diciamo da un cinquecentomila anni, è stato gestito dai peggiori ma anche dai migliori cervelli, per lo più si risolva in qualche gioco di etichette), qualcosa di nuovo ce. Esso proviene da due parli, del resto connesse: la prima rappresenta uno sviluppo critico ad opera del tradizionale monopolista stesso della mente, il filosofo; la seconda riprende i risultali delle sottilissime analisi della vita mentale richieste per la costruzione delle cosiddette macchine inlelligenli, o meglio dei modelli dell'uomo che osserva e categorizza e pensa e descrive, si atteggia e valuta, etc. La « rivoluzione » si enuncia -. in modo molto semplice. I nostri contenuti mentali, cioè percezioni, rappresentazioni, categorie, eie, possono venire considerali come il riflesso, all'interno della nostra testa, di qualcosa di già dato, di esistente di per sé con le sue caratteristiche e posto all'esterno della lepevesipsedqdtenmralizednrecseoràepl'rftocdtscmrcq«seqlpvpessdlilcIi lesta. Per intenderci, quando percepiamo una pera, questo avverrebbe perché il percepito già si trova là, sull'albero, o sul piatto, con quel colore e forma, separato dall'aria, dalle foglie, dalla porcellana, eie, e viene da quel suo posto trasferito e quindi raddoppiato dentro la nostra testa tramite l'aria, l'occhio, il nervo ottico, etc. Oppure i nostri contenuti mentali possono venire considerati, ed allora individuati, analizzati e descritti, nelle operazioni con cui li costituiamo. Per esempio, la pera sarà il risultato di un certo funzionamento del nervo otlieo, il cui operato sia reso presente da un'attenzione che vi si applica, altrimenti passerebbe inavvertito. Di questo operato, tuttavia, una parte sarà tenuta mentalmente presente ed una parte lasciata: si terrà presente per esempio dei colori l'opaco verdc-giallo-rosso e verrà lascialo il verde-verde delle foglie, oppure il bianco del piatto, in ogni caso il trasparente, cioè l'aria. Poi, sulla linea di demarcazione fra ciò che è stato tenuto e ciò che e stato lascialo, l'attenzione spostandosi costruirà la forma e le tre dimensioni: inline, da quelle separazioni, il percepito uscirà anche localizzato. Il risultato di quelle operazioni è il percepito « pera », quell'unico percepito senza alcun raddoppio. Dei due percepiti, quello esterno e quello interno — quello interno fra l'altro eguale a quello esterno affinché il primo sia reale ed il secondo vero — come si vede, non c'è più traccia. E nemmeno c'è traceia dell'assurdo problema di spiegare il trasporto di qualcosa che rimane al suo posto, o di spiegare un confronto fra l'incognito esterno ed il cognito interno; della spogliazione della fisicità di quello esterno, perché la testa è già piena del fi¬ sico cervello, etc. etc.; in breve tutta la perenne problematica del filosofare. Ho fatto il caso della percezione, ma la slessa soluzione del raddoppio del percepito si estese più o meno a tulli i contenuti del pensiero, in particolare alle centinaia di categorie, ed al pensiero stesso, inteso anch'esso come un riflesso di articolazioni esistenti di per sé nella nalura o realtà e trasferite nella testa. Ne conseguì che mentre ogni prodotlo manuale, di trasformazione fisica, poteva venire presentato sia per le caratteristiche statiche che per quelle dinamiche, fra le quali i procedimenti ed il materiale di sua provenienza, i prodotti mentali dovevano venire presentati soltanto nel primo modo, e per di più attraverso indicazioni irriducibilmente o negative o metaforiche (il celebre punto geometrico che non ha dimensioni, parti, forma, etc., l'arte che è disinteresse, e simili, oppure sempre il punto che « è più piccolo di un granello di sabbia », o l'arie clic « è una grande vita », ove il piccolo ed il grande sono del tutto metaforici), od indicazioni tautologiche od in contrasto con gli esempi (si pensi alla definizione di «nome» nelle linguistiche). La memoria 11 mentale ebbe così anche un solo modo di essere insegnato. E' vero che anche senza saperlo chi apprende esegue le operazioni con cui ne costituisce gli oggelti, ma la forma dell'esposizione avrà ripercussioni ben negative su una educazione permanente, cioè sullo sviluppo mentale del discente, (a) Anzitutto questi dovrà imparare a memoria le descrizioni di quei contenuti, perché non potrà mai trarne la consapevolezza deviata dal suo fresco operare; ed il memorizzare, se è facile al bambino, se è motivato dall'esame, non lo è altrettanto nell'adulto, (b) Poi, avrà l'impressione che si traiti di qualcosa di universale e necessario, ritoccabile forse dai grandi della storia, ma non dai piccoli della cronaca, in quanto appunto sottratto ad un operare che potrà cerio venire ripetuto ma anche lascialo o cambiato. Per rimanere all'operare percettivo, e senza quindi giungere al più complesso dal quale prendono vita gli atteggiamenti, scientifico, magico, filosofico, etico, politico, religioso, di lavoro, di gioco, economico, grazioso, etc, si ricordi come nel bambino percezione, rappresentazione, ed eventuale produzione grafica si sviluppino sino ai 5-9 anni, ma poi l'albero, la casa, il cane, etc, tracciati allora si fissano per tutta la vita, nonostante questa ci abbia portato a vedere alberi, case e animali di mille fogge. Questo perché li abbiamo continuati a vedere sottratti ad un operare che non si è quindi più evoluto ed è divenuto un nostro stereotipo, cioè il più grande nemico di una istruzione permanente. La sostituzione del tradizionale insegnamento in chiave di datità delle discipline mentali, che va fra l'altro allargata all'intera vita mentale con un insegnamento in chiave operativa, non potrà certo esaurire tutti i provvedimenti per un'istruzione permanente; né si può considerare già pronto per l'uso in tutti i particolari. Tuttavia se ne possiede ormai un chiaro indirizzo ed una messe abbastanza ampia di risultali. Potrebbe, ripeto, costituire il fatto nuovo nei programmi di una istruzione permanente. Silvio Ceccato

Persone citate: Alex F. Osbom, Franco Angeli

Luoghi citati: Genova, Milano