Dove va la Storia di Carlo Carena

Dove va la Storia Oltre ogni angoscia, esiste un futuro Dove va la Storia K. Lowith: « Significato e fine della storia », Ed. di Comunità, pag. 259, lire 2700; K. Jaspers: «Origine e senso della storia », id., pag. 350, lire 3500. e è a e o , i e ; e Il problema della storia costituì per l'uomo un rovello fin dall'inizio delle sue meditazioni; ma la sua soluzione è fatata, basta awicinarvisi e toccarla perché svanisca o contamini lo stesso problema. Qualunque tentativo si sia mai fatto, una filosofia della storia, anche la più laica e la più materialistica, di Hegel, o di Marx, di Voltaire o di Proudhon, in quanto definizione sistematica che collega gli eventi e attribuisce loro un fine o anche soltanto una conclusione obbligata, diventa automaticamente « teologia », ubbidisce a una norma postulata e posta non da scienza ma da fede. Cosi conclude l'analisi di Karl Lowith, uno dei più rappresentativi filosofi tedeschi contemporanei. L'acuto e avvincente volume del Lowith risale a ritroso, da Burckhardt a Orosio, una via che sbocca ineluttabilmente sempre nell'escatologia biblica. Lo entusiasmo illuministico che fosse finalmente conclusa la dottrina dogmatica durata da Agostino a Bossuet e fondata su una base puramente irrazionale, si dimostra in realtà illusoria: la o le filosofie della storia non faranno che secolarizzare, rendere immanente un processo trascendentale. La sostituzione di ragioni o di fini non rappresenterà mai un salto qualitativo totale; ima fede e un'imposizione estrinseca di modelli continuerà a procedere anche nella visione dell'annullamento delle classi in Marx o del progresso « provvidenziale » in Comte. La panoramica pacatamente polemica del Lowith fu pubblicata, in una prima stesura inglese, nel 1949. Dieci anni dopo esattamente, nel 1959, Karl Jaspers pubblicava a sua volta l'Origine e senso della storia, che ora ricompare anch'essa in italiano nelle edizioni di Comunità. Malgrado il rischioso uso del termine « senso », pure questa vuol rimanere fondamentalmente un'analisi più che un'interpretazione. « Senso della storia » è « un senso per noi »; conoscere e comprendere il passato è per conoscere e comprendere il presente; la memoria è fondamento della storia ma anche della vita. Così, in quel suo stile sovrabbondante e trascurato, fatto di continui ritorni e di slanci poderosi in avanti, minato esso pure da continue crisi di pensiero, si muove il grande architetto dell'esistenzialismo nella sua ricerca appassionata di verità e di valori su cui si fonda il fine ultimo dell' esperienza umana; si muove a ritroso nel tempo, ma anche poi proiettandosi verso il futuro. La linea più netta di demarcazione sul cammino plurimillenario dell'umanità va posta, secondo Jaspers, tra l'800 e il 200 a. C. Allora, per una coincidenza spiegata in vari modi ma in verità difficilmente spiegabile, si svilupparono contemporaneamente in Cina, in India e in Grecia i movimenti spirituali — e i geni — che produssero l'uomo quale oggi lo conosciamo. Sono i secoli di Confucio, di Buddha, di Zarathustra, dei profeti d'Israele, di Omero e di Platone. E' l'inizio, indipendente nelle tre aree, della lotta della razionalità contro il mito, dell'unico dio trascendente contro le potenze demoniache della natura. Perciò l'Egitto e Babilonia — civiltà « pre-assiali » — non dissero mai più nulla all'umanità, se non per quanto di esse venne accolto nel nuovo inizio della storia, quasi che l'uomo allora non fosse ancora in sé; perciò ogni impeto storico successivo fu una maturazione o un rinascimento di quel periodo « assiale », e quanti popoli non vi ebbe¬ dtdlllqdruesgtz ro parte, allora o poi, con-1 dussero e conducono una vita astorica. L'Europa soprattutto si è da allora staccata dalla costola della madre universale, l'Asia, evolvendosi fino all'odierna epoca della tecnica; j questa prende e dà al mondo intero una fisionomia eu- | ropea con l'onnipresenza di un pensiero razionale. Ma — e qui il discorso di Jaspers si fa più fecondo e più tragico — sono rimasti deposi- i tati nell'Asia elementi essen- j ziali della vita che a noi so- i no sempre sfuggiti. Di là ci giungono interrogativi che abbiamo dimenticato nel nostro profondo, ci si additano autentiche possibilità che noi non abbiamo realizzato. La civiltà greca appariva già a parecchi storici contemporanei come una periferia dell'impero persiano. I,'Occidente, si chiede ora Jaspers, non sarà emerso come un atto di straordinaria audacia delle capacità umane di libertà, ma col pericolo insilo di perdere le basi della sua anima e di risprofon- I dare, dopo la realizzazione , miracolosa di quelle capaci-1 tà, nella matrice asiatica, con I i suoi caratteri di dispoti- ' smo, d'assenza di storia e di decisione, di cristallizzazione spirituale nel fatalismo? E' il primo dei due suoi interrogativi sul nostro futuro, che capovolse l'ottimismo europeocentrico di Hegel («Ciò che non è ancora caduto sotto il dominio dell'Europa o non merita la fatica o è destinato a cader- i vi»). L'altro, sembra invece j condurre alla pessimistica I profezia di Goethe: « Vedo giungere il momento in cui Dio non proverà più alcuna gioia per l'umanità e dovrà \ eliminarla per procedere da capo alla creazione ». La visione dell'abbrutimento ope-1 rato dalla violenza della guer- j ra e dalla meccanizzazione i dell'essere umano a puro congegno di riflessi, ci fa temere, come già temeva Nietzsche, per la sua stessa natura, che l'uomo stesso si perda. Ma proprio la molteplicità del futuro appare agli occhi di Jaspers come l'elemento stimolante della nostra vita, poiché il futuro va scoperto, oltreché realizzato, e così garantisce la vita della nostra anima. Le alternative che oggi ci si aprono innanzi (la socialità, un ordine mondiale, l'intervento di una fede nell'uomo) sono problemi per ognuno: « Bisogna conservare l'angoscia, che è motivo di speranza ». Dunque, un'ulteriore conferma della tesi di Lowith. Ma invero, è una più ampia necessità umana quella di credere che il nostro agire non solo si compia, ma si concluda. La forza della libertà sostiene a ogni passo il dramma esistenziale, e la immaginazione provvidenziale di una trascendenza, qui da Jaspers esplicitamente ripudiata in una pagina energica, altrove da lui ben precisata, anima in realtà un libro pieno di stimoli come la vita, piena di slanci. Carlo Carena II filosofo Jaspers, visto da Levine (Copyright N. Y. Revlcw of Book!,, Opera Mundi c per l'Italia La Stampa)