"Buoi di ferro,, di Mario Bonini

"Buoi di ferro,, La Cina, entusiasmo e autocritica "Buoi di ferro,, William Hinton: «Buoi di ferro - La rivoluzione nell'agricoltura cinese», Ed. Einaudi, pag. 266, lire 3500. Il 1949 non è solo una lappa fatidica negli annali della rivoluzione comunista cinese, culminata il P ottobre di quell'anno nella fondazione della Repubblica popolare. Nel volgere di pochi mesi, alla vigilia della vittoria sul Kuomintang, la Cina del Nord conobbe un'esperienza che, pur nella diversità dello radici storiche, delle condizioni politiche e delle componenti ambientali, riecheggiava e accozzava insieme elementi di tre fasi ben distinte della rivoluzione russa: quella del comunismo di guerra, quella della Nep e quella iniziale della costruzione del socialismo. Fu un caotico ribollire di energie e di errori, di conllitti sociali e di entusiasmi, di ingenuità e di progressi: non a caso, durante la rivoluzione culturale, Mao Tsc-tung si è richiamato a quel periodo dicendo che « dopo che i nemici coi fucili sono slati spazzati via, ci saranno i nemici senza fucile». Nel 1949 i comunisti cinesi avevano che fare con nemici dell'una e dell'altra specie, al fronte e nelle zone liberate, nella lotta per il potere e in quella per la produzione. Le testimonianze su quel periodo abbondano e ciascuno degli osservatori ha dato un contributo specifico. Fanshen di Hinton, per esempio, ha un'importanza fondamentale per la conoscenza delle lotte svoltesi nelle campagne del Nord per l'attuazione della riforma agraria. Di quella fase il nuovo libro di Hinton ora pubblicata da Einaudi descrive un aspetto particolare: l'introduzione dei mezzi meccanici nelle fattorie statali, nucleo di punta ma minoritario della collettivizzazione agricola. Contadini che non avevano mai visto una locomotiva o un'automobile si trovarono sotto gli occhi, nel 1949, i trattori americani inviati due anni prima in Cina dall'Unrra, i « buoi di ferro ». Gli amministratori del Kuomintang non avevano saputo utilizzare le grosse macchine, che erano finite in caverne malamente attrezzate a rimesse. Fu com pito di Hinton, due anni dopo riattivare i trattori e insegnarne la manovra e la manutenzione ai contadini delle fattorie stata li: compito già difficile, e reso ancora più arduo dalla penuria di carburante, di pezzi di ricambio, di attrezzature sussidiarie. Va da se che la narrazione di questa esperienza è appassionan te. sospesa com'è fra il realismo minuzioso e un'andatura di favola epica. Ma il libro è interes sante anche, e diremmo soprattutto, per il candore che spinge Hinton a condividere senza riserve l'entusiasmo dei protagonisti — dirigenti, contadini, studenti volontari, meccanici — e ad abbracciarne la fede, col rischio di trovarsi coinvolto nelle eresie e negli anatemi cui ogni fede è soggetta. Da questo punto di vista l'elemento più rivelatore di Buoi di ferro è il « Poscritto 1970 » che chiude il volume. Scritte a rivoluzione culturale consumata, queste dieci pagine sono una ritrattazione abbastanza radicale di tutto quanto le precede. 11 libro, dice Hinton, illustra i primi passi della creazione di un sistema di fattorie meccanizzate, presentandoli come un momento critico di svolta della rivoluzione cinese. Tuttavia, prosegue l'autore, « in quel periodo non mi rendevo conto che eravamo di fronte a una grande transizione da una fuse all'ultra della rivoluzione. Pensavo piuttosto a uno sviluppo lineare della nuova democrazia... Per quanto concernevi! il socialismo, credevo di aver capito che si trattasse dell'obiettivo successivo ». Nel libro insomma, secondo Hinton, ce una tendenza « a dare per scontato che la grande tempesta rivoluzionaria fosse finita, che la classe operaia avesse ottenuto la vittoria definitiva e che il lavoro principale da fare fosse ormai solo economico, tecnico ed amministrativo anziché politico. Il lettore potrebbe anche essere indotto a credere che... il problema principale delle campagne fosse la moderniz¬ zazione — questo mito del mondo accademico americano —, una modernizzazione che aveva come componente importante la meccanizzazione ». Invece « la modernizzazione senza una cosciente e prolunguta lotta di classe... può riportare al capitalismo, e lo ha giù anche fatto ». Anche Hinton, insomma, ha sposato il senno del poi della rivoluzione culturale. Mario Bonini Contadini al lavoro nello Shansi (Publifoto)

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