Montaigne italiano di Giovanni Bogliolo

Montaigne italiano Montaigne italiano Ogni esperienza è buona per conoscere una porzione d'infinito Montaigne: « Viaggio in Italia », pref. di Guido Piovene, trad. di Alberto Cento, Ed. Laterza, pag. XXII390, Lire 6500. Quando, a quasi due secoli dalla sua stesura, il Journal de Voyage di Montaigne fu insperatamente ritrovato e pubblicato, le aspettative dei lettori anche più avvertiti riuscirono clamorosamente deluse: si era sperato di poter frugare nella munitissima « officina » dei Saggi o almeno di assaporare un ghiotto reportage, e invece ci si trovava di fronte a un « freddo e arido itinerario » attraverso le stazioni termali di mezza Europa, a un diario clinico molto minuzioso ma così avaro di osservazioni e riflessioni che Grimm e Diderot proponevano di salvarne, si e no, una ventina di pagine. Qualcosa di questa delusione prende ancora il lettore moderno del Voyage soprattutto quello che non si rassegna ad accettarne il particolare statuto di brogliaccio ad uso strettamente personale, uno statuto che la pubblicazione ha definitivamente infranto ma che il lettore è rigorosamente tenuto a reintegrare. Ogni altra fruizione di un testo così pale^ uente destinato a restare inedito, nonché illecita, finisce per risultare fuorviante. A metterci sull'avviso è proprio la sconcertante abbondanza di osservazioni sulle alterne vicende della sua malattia, la descrizione degli effetti delle varie terapie, il preciso resoconto delle innumerevoli coliche, il quotidiano pignolesco bilancio della funzione digestiva. Non si tratta di una indebita e fastidiosa intromissione, né di un vezzo di uno scrittore sen- -a inibizioni: quello che ab biamo ai fronte è uno stral c;0 di un lungo diario di ma lato, uno strumento escogi tato per esorcizzare la paura e il dolore: tt In mancanza di memoria naturale, me ne i'ab bnco 11,11 dl carta e^ Quando sopraggiunge nel mio male qualche nuovo sintomo, lo se qualche scrivo. Per cui, I turbamento mi minaccia, non lo che non c'è, l'affresco del manco mai di trovare come I consolarmi con qualche pronostico favorevole desunto dalla mia esperienza passata ». Questa cifra soggettiva presiede anche a tutte le altre osservazioni del Viaggio. Sainte-Beuve era stato il primo ad accorgersene: « Montaigne in viaggio era tutto intento a vedere, a guardare, è già molto se si permette una riflessione: le riserva per dopo ». Perciò i curiosi di queste riflessioni dovranno andarle a cercare nella seconda edizione dei Saggi e soprattutto in quel terzo libro che è stato interamente concepito dopo i diciotto mesi di peregrinazione per l'Italia. Basterà però accettare queste premesse, rispettare i limiti che Montaigne ha voluto imporre al suo Journal, legittimarne le scarne annotazioni ne.'2 infinita risonanza degli Essais, per gustarne tutta la bellezza e la suggestione. .11 lettore dei Saggi saprà comunque come cercare il suo bene anche nel Viaggio in Italia: anzitutto in quella ideale disposizione al viaggiare ( « Questo viaggio non lo comincio né per tornare né per portarlo a termine; mi propongo solo di muovermi, sinché il movimento mi piace ») che è la pratica traduzione di una disincantata gnoseologia. Per conoscere la porzione d'infinito che ci è concessa, ogni esperienza è buona, l'avventura deludente vale quella gradevole, non ci sono percorsi obbligati né esperienze privilegiate. Ai compagni di viaggio che si lagnavano di questo girovagare, « rispondeva che per conto suo non andava se non là appunto dove si trovava; che per lui era impossibile sbagliare o allungare la strada, non avendo egli altro progetto se non di girare per luoghi sconosciuti ». Ma è stata proprio questa curiosità cosi ben programmata a rendere più cocente la delusione dei lettori di fronte alle rare e scabre annotazioni di Montaigne. L'errore sta naturalmente nel cercare in questo diario quel V Italia cinquecentesca, lo splendore della sua arte, la diagnosi dei suoi mali polìtici, un tentativo di definizione della sua peculiare na- \ tura. Non era questo die cer- j cara Montaigne, non doveva- sintetici promemoria che annotava ad ogni tappa del lun-1 go itinerario. La loro funzione è analoga a quella delle note a margine dei volumi della sua librairie: punti di ri¬ I j j ferimento'slwien^^mt^'dìs \ seminati lungo il proprio per j corso umano per poterne ri. i cavare poi, nella quiete ope I rosa delfarrière-boutique, una I lezione personale, il provvi sorìo consuntivo della pro ' 1}rul conoscenza di sé. 1 « Mon metier et mon art, no servire a questo scopo i i c'est vivre », aveva scritto nei I Saggi; e a questa ars vivendi ila lunga peregrinazione attra ; vers0 la svizzera, la Germa j nia e l'Italia doveva apporta | re un inesauribile campìonario di verifiche e di rettifiche il suffragio di opportuni aggiustamenti da registrare sul vivo, al riparo da entusiasmi e preclusioni frettolose. Certo si può fare il conto delle cose che incuriosiscono Montaigne e di quelle che gli sono passate sotto gli occhi senza lasciare traeda, e non si finirà mai di stupirci del confronto; ma in questo senso il Viaggio in Italia è una testimonianza molto dubbia e , il peso delle assenze non e Uffatto probante. Basterà a -1 confermarlo la visita al Tas- l I so a Sant'Anna, su cui il Jour- a I nal tace. | C'è dunque una regola au- | rea che Montaigne si è impo-i\st0 Per Questo suo privatoiì calepino: e definirla esatta-i, mc)^e r. nfjn soIo ^r j una corretta lettura del te-- \ slo ma anche a gettar luce, |sull'esemplare economia in . | tellettuale dello scrittore. Unaù ^regola che forse Montaigne- I non ha rispettato fino in fon-a i n do se, soprattutto nella parteredatta in prima persona, siè spesso compiaciuto di dìla-rare in riflessioni quelle chealtrove sono semplici impres-sioni o nudi fatti. L'edizione che Laterza af- fianca oggi a quella del Viaggio in Italia di Montesquieu in una elegante collana che ci auguriamo destinata ad arricchirsi di molti titoli, è di gran lunga la migliore tra quelle italiane: la finissima prefazione dì Guido Piovene e l'ineccepibile traduzione e annotazione del compianto Alberto Cento sono gli intermediari ideali per divulgare tra i lettori italiani un'opera che li concerne tanto da vicino. Sarà questo l'unico modo onorevole per riparare a quella penuria di commercio intellettuale che, al momento del bilancio della sua avventura italiana. Montaigne indicava come l'unico rimpianto: u Dormiva e studiava, a mia posta: e quando voleva uscire aveva per tutto conversazione di donne, o d'uomini, coi quali poteva star a diporto qualche ora del giorno: e poi botteghe, chiese, piazze. Sentiva un solo difetto di compagnia che mi fusse grata, essendo sforzato di gustare questi temi solo, e senza comunicazione ». Giovanni Bogliolo Torino cinquecentesca, in un'incisione della « Cosmographia » di Mùnster

Persone citate: Alberto Cento, Diderot, Grimm, Guido Piovene

Luoghi citati: Europa, Italia, Mùnster, Torino