I ristoranti di Guido Ceronetti

I ristoranti I ristoranti I", « L'uomo deve, con Inni i 'smezzi, procurarsi abbondanza di nutrimento », così insegna ' l'Upanishad. Allora: « Dove an.diamo a mangiare? ». « Per me, [qualunque posto va bene ». Poneva essere un gioco interessante; una simile risposta lo stranfgola. Nutrirsi in un disonesto ■squallore o nel conforto di un paradiso deliciano non è la ; stessa cosa. C'è del corrotto, dietro l'indifferenza per la scelta dell'ottimo. 11 limite di scella è imposto dallo stesso ristorante. 1 veri ristoranti attraggono chi vogliono e respingono chi vogliono, come religioni; la loro qualità c mantenuta da una matura arte del filtraggio. Anche certa cupezza incurabile, propria dei moderni ristoranti per tecnocrati, è protetta da un amore tigresco per una clientela stigmatizzata: ma è una fortuna trovarli sbarrali da invisibili denti. In genere, Classe Media, Artista, Sportivo, godono della più larga possibilità di scelta, e il poco che gli è precluso, se gli fosse aperto, li farebbe infelici. 11 ristorante è selettivo, geloso fino all'ottusità, e appioppa il panico a chi gli è socialmente e mentalmente estraneo. A Roma, da Cesarctlo, alle nove di sera, il Governatore della Banca d'Italia non oserebbe entrare: provocherebbe uno stupore vicino alla costernazione. Un gruppo di sguaiati soittenettrs e di sboccale prostitute che trinca e divora al Cambio, si potrebbe vederlo soltanto' in un incubo dell'Acido Liscrgico o in un film di Butìlici. Il Cardinale Segretario di Stalo, sebbene voglia credere nel libero arbitrio, non può sedere tra un lottatore e un cantante al Troia di Firenze; una vecchia infermiera, che fa punture ai mutuali a domicilio, non va a pranzo, con la sua borsa piena d'aghi, al Savini. Ma grazie al passaporto mimetico della Classe Media, a un logorato gettone di Apollo, puoi scegliere i ristoranti con hi slessa libertà sovrpna con cui l'incomparabile cannone Benha sceglieva i suoi bersagli, botteghe di orologiai o cattedrali gotiche. Qualche anno fa, una rivista straniera di notevole spessore faceva una delle solile inchieste sulle donne. Una di queste lamentava che gli uomini le prendessero per macchine da sfamare, e subito subito le invitassero al ristorante. Perché, si domandava, tanta cura per il nostro stomaco, perché un interesse così pronto, da parte di uno appena conosciuto, per la tua nutrizione quotidiana? In quello stupore c'era alquanta retorica e un candore probabilmente insincero. Il ristorante è il vestibolo dell'amore. Schopenhauer non spreca filosofia, illustrando la congiunzione fondamentale tra la lunghissima miccia della nutrizione e la polveriera erotica. Gino Raya, autore di un interessante studio su l'Amore come Antropofagia, in cui non mancano bagliori di fanatismo, vedrebbe il cenare di una coppia al ristorante come una prefigurazione, subdolamente delicata, del vero convito, quello antropofagico, che seguirà di lì a poco. Cose che non può realmente capire il fisiologo, perché appartengono, come tutto quel che è profondo, al metafisico. La spiegazione del transito di un alimento, fornita da un fisiologo, è limitata, perché non gli è concesso di supporre, nell'alimento e negli organi del suo transito, neanche un barlume di sentimento delle metamorfosi che patisce. E tuttavia la Passione metabolica, anche se non è musicabile da un Bach, è al centro dei misteri saeri dell'essere come il puntolino nero tra i circoletti che fa sudare le canne di un tirassegno. Che cosa si prova, scivolando lungo canali senza luce e in continuo movimento, afferrati e manipolati nei modi piti strani da abitatori invisibili? 11 ristorante è un'officina alchemica mascherala, dove l'unione tra lo Zolfo e il Mercurio (tra il Maschio e la Femmina) è predisposta mediante un cerimoniale essoterico, a volle squisitissimo, di cui nessuno ignora la conclusione, anche se il significato occulto è soverchiato dalla vertigine del sollazzo, dall'ondeggiate dei piatti e dalla grandiosa farandola strumentale delle mandibole. Al ristorante, lo spettacolo olferto dai mangiatiti vale sovente mollo più di quel che si paga per mangiare, e i grandi ristoranti, che sanno di avere i migliori spettacoli, mantengono giustamente un prezzo elevato, che lo comprenda. 1 mangiami, tutti interessantissimi, vanno osservati con diligenza e con pudore. In un romanzo del la. migeralo Da Verona, un pove'ro mangiarne è sfregiato con questa rasoiata d'infima barbieria: « lira l'ora più bestiale ed uniuua insieme... ». Anche Zola, nel Ventre de Paris, indugiando sulla vetrina ili un salumiere, mancandogli l'arte, arriva a suscitare la repulsione molto prima di aver finito il suo quadro. Senza il soffio della simpatia, losipapeliaprnetudipetostvezisctàdsolaCi nvrilezadnsuaddindgnpcnraavctocloiunnnpmllsrzpgvisccsmsgomsnza lo spettacolo del ristorante è un sipario chiuso. La vecchia implacabile che palpa e annusa ripetutamente il pesce offerto crudo, con familiarità reverenziale, alla sua approvazione, e prima di ordinarne con un secco segno la cottura gli dilata l'occhio con le dita, scrutandolo in profondità, per ricavarne l'oroscopo assoluto della sua freschezza, l'ho vista più volte con ammiralo spavento. Ma, concentrando l'attenzione sul sale, si traggono oroscopi più importanti sull'umanità attuale, e subito si è d'accordo con il biologo che nel 1920, sotto il velo di Maurice Phusis, lanciò un libello intitolato La Caduta dell'i!munita, in cui tra i segni della caduta figurava l'enorme consumo di sale dei civilizzati, perché veramente, nei ristoranti (e dappertutto), il sale avvolge i tavoli come una zanzariera. Il sale è un condimento della disperazione, e la sua aspersione maniaca sugli alimenti rivela subito, a un occhio filosofico, un alto grado d'infelicità. E' uno dei gesti più normali dell'autodistruzione. Si mette sale per indurirsi meglio, per compenso di troppe privazioni (quelle che gli economisti impostori ignorano), e ogni frustata di sale sopra il tuo piatto racconta un poco della tua segreta disperazione. Che cosa c'è dietro questa rabbia salina? Che cosa manca a tutti, nel piatto sospeso sulla voragine di ciascuno, dove il cucchiaio raspa un salato vuoto? L'insulso è così imbattibile, che tutto il sale che mangiamo lo lascia insulso? I camerieri, quando salano le insalate, sembra che maneggino un idrante. I commensali parlano parlano, e intanto le loro mani, con l'automaticità di una pianola elettrica, rovesciano sulla pietanza atterrita la flagellante musica del sale. Passami il sale, per favore! Per pietà, il sale... Interrompendo per poco di salare, gli automi-dita tirano fuori e accendono sigarette. La zanzariera di sale diventa una cappa di fumo fetido. Del resto è giusto che, dove si alimenta la vita, si prepari la morte. Anche insulsa, ogni vivanda contiene sempre la sua parte di complicità con la morte, che Paracelso chiamava, distinguendola dal semen iliaster della vita, il semeri cagasler. Chi non mangiasse, mai morirebbe. Spicciolerò in modesti consigli la mia esperienza di cliente occasionale, sovente impaurilo, mai disinvolto, a volle soddisfatto, di ristoranti. Sono da evitare tutti i ristoranti che, di buona tradizione e fama, per necessità, avidità, imprudenza hanno ceduto, trasformandosi, al turismo, cancro del mondo. Ricordarsi che dove scarseggia lo stile (ambiente, servizio), abbondano il putrido e l'adulterato. Giudicate un ristorante dall'aceto: un aceto autentico, di propria cantina, è una rarità, oggi; se c'è l'aceto, c'è tutto il resto. Dove si sappia fare ancora uno Zabaione il luogo, anche se sporco, è eccelso. Non mettete mai più piede dove vi guardano male se non chiedete un piatto di carne. Segnate off limits il locale dove portino insalate già condite, o roba imperlata di rugiade di frigorifero, morgue degli alimenti. Dove si servano surgelati o ci siano piatti di funghi tutto l'anno, la truffa regna. La presenza della mezza minerale sul tavolo è indice di miseria intellettuale. I ristoranti che aggiornano la Carta secondo il costume e le mode (ravioli alla sessuale, tortellini al Padrino, polpette Unisex) c i ristoranti in buche, stretti, surriscaldati, irrespirabili, non sono raccomandabili. Non lasciatevi ingannare dai ristoranti famosi per cortei interminabili di antipasti. Non entrate dove c'è un fiore (quasi sempre, c'è un uggioso garofano) in attesa sui tavoli. Non tornale dove la Carta somiglia a un orario ferroviario. Se il pane è cotonoso e ha sapore di strutto, alzatevi e uscite. Se c'è un Settore dove si mangia in piedi, il locale è sconsigliabilc. Nello stile è compreso un lavabo che non abbia la macchinetta sgocciolasapone o l'asciugatoio elettrico. Diffidate del vino "Sciolto se non conoscete l'alta tradizione del locale. Eviterete in futuro i locali dove avrete trovato, sulle porte dei luoghi •di decenza, invenzioni troppo stolide e sofistiche, riflesso di malsana pruderie, per indicare i -due sessi (Adamo, Eva, Luì, Lei, portachiavi, faunetti, vasche, assi di bastoni, spremilimoni, conchiglie, lucerne, orchidee) . Preferire i locali dove si è accolli da un proprietario visibile e cortese, che si esprime soltanto a gesti. Mai stancarsi di cercare marnili di lino, posate e bicchieri di forma antiquata, credenze e attrezzature di legno spruzzato dal tarlo. Buono è il calmo, il discreto, l'animato con grazia, lo stinto, il sopravvissuto. Un ristorante privo di almeno un vecchio cameriere, non è di qualità. Guido Ceronetti

Persone citate: Bach, Classe Media, Gino Raya, Maurice Phusis, Paracelso, Savini, Schopenhauer, Zolfo

Luoghi citati: Firenze, Roma, Verona