Quanto costa la vita umana di Giuseppe Alberti

Quanto costa la vita umana L'uomo al vaglio dell'assicuratore Quanto costa la vita umana L'indennizzo per la morte dovuta a responsabilità di terzi prevede danni "morali" e "patrimoniali": nel primo caso si tiene conto del grado di parentela con i "superstiti" - Nel secondo caso, è il reddito della vittima a determinare, con calcoli statistici, la cifra del rimborso Quanto vale la vita di un uomo in campo assicurativo? E' una domanda che spesso viene l'atta, ricorrendo a paragoni sovente arbitrari e imprecisi fra sentenze e polizze, ma è un settore in cui molti hanno idee confuse. Per cercare di chiarirle occorre premettere che quando si parla pqPmgfptrdi «assicurazioni» in senso, dstretto il problema non esi- este: infatti, chi stipula una I apolizza sulla vita o sugli in- dfortuni stabilisce egli stesso ; sla cifra (o meglio fissa l'ammontare) dell'indennizzo che i suoi eredi o i familiari o i «beneficiari» in genere riceveranno. Poiché la cifra è proporzionata al premio pagato, cioè alla somma che viene sborsata, chi ha più mezzi ed è mag¬ lvsdtIgiormente previdente fissa un I sindennizzo più alto, che com- \ porta un maggior onere fi-1 nanziario. Ma in qualche ca-1 so, a costo di grossi sacrifici, | vi è chi si assicura per cifre - molto alte malgrado la sua modesta condizione economica mentre (ed il caso è molto più frequente) vi è gente che contrae polizze troppo basse per assicurare ai familiari, in caso di morte, un indennizzo adeguato alla perdita che ne deriva. Problema delicato è invece ii «risarcimento» per la morte di un uomo ed è un problema solo indirettamente assicurativo: interessa alle assicurazioni perché, nella maggior parte dei casi, esiste una polizza responsabilità civile obbligatoria (incidenti stradali, nautici, ecc.) o facoltativa (crollo di fabbricati, ad esempio), ma è soprattutto un problema giuridico che rimane immutato anche quando non esista una garanzia assicurativa. Il giudice, infatti, nello stabilire l'indennizzo per una morte dovuta a responsabilità di terzi considera lo «status» della vittima, non tiene conto di chi paga (una compagnia o un privato). Con quali criteri viene valutata, in Italia, la vita di un uomo? Anzitutto bisogna fare ima distinzione fra danni «morali» e danni «patrimoniali». I primi, che i giuristi chiamano di solito con espressione del diritto romano «pretium dolorisi), cioè prezzo del dolore, costituiscono il risarcimento per le sofferenze. In realtà, niente può compensare il dolore per la perdita di .un figlio o in genere di una persona cara, ma poiché la legge prevede che in certi casi cbtI gquando cioè ci si ; strova davanti ad un reato (il j ncaso tipico è l'omicidio colpo- j pso da investimento stradale I, pdebbano esser indennizzati i, cdanni morali, non si può far j ualtro che ricorrere all'unica [ lmisura corrente: il denaro. 1 mIn questo settore non conta j nulla il reddito o la condizìo-1 ne sociale e si tiene conto in- j roce del rapporto di parente- \ la, dell'eia, delle persone inte- ressate, della convivenza. Ingenere in Italia non si liqui-dano cifre molto aite, al mas- simo si arriva a uno, qualche volta due milioni per ciascu-no dei congiunti più stretti,Nel campo dei danni «patrimoniali» il concetto è completamente diverso. Si tiene conto del reddito che aveva la vittima, ma soprattutto del «danno» che ciascuno dei superstiti ha subito. Può quindcapitare che il danno .subitodalla moglie e dai figli minorenni di un manovale, chehanno perduto runico sostegno della famiglia, sia abbastanza alto mentre può accadeve che il danno per la morte di un industriale dall'aidssimo reddito sia ritenuto inesisiente perché lascia solo dengiunti (ad esempio fratellp sorelle) che non manteneva e che magari, avendo a lorovolta una posizione socialelevata, neppure come prospettiva futura avrebbero potuto avere bisogno del suaiuto economico. I casi socialmente piùpreoccupanti, quelli in cui un capofamiglia muore lasciandi suoi cari senza mezzi, sonanche quelli che, parlandogtermini statistici, danno luogo agli indennizzi più alti, soprattutto se la vittima è giovane e ha un buon reddito almeno buone prospettive, ragionevolmente sicure. Li queste situazioni i giudici tengono conto del reddito, ne detraggono una parte t in generda un quinto ad un terzo a seconda della situazione famliare e del livello di vita) chla vittima «avrebbe presumbilmente destinato alle proprie personali esigerne» e lquidano agli eredi mi capitache permetta di godere d'ureddito analogo per tutta lvita, se si tratta della moglio di un tiglio inabile al lavoro, oppure fino alla presumbile età della completa indpendenza economica per i fgii in genere. Si tratta di caonli complessi, ma in cui stengono validi certi critermatematici e statistici che i pratica hanno valore di legge,! quindi possono esser fatti ra- j Pidamente da chi è esperto in materia. Le difficoltà maggiori vengono quando il reddito è difficile da determinare, cioè per i lavoratori autonomi, artigiani, commercianti eccetera. Di fronte al giudice, quan¬ do si chiede il risarcimento elei danni, tutti diciamo di aver un buon reddito, mentre di fronte al fisco tutti indi stintamente piangiamo mise- lia. Però, soltanto quando deve intervenire il «fondo di solidarietà» per le vittime di sconosciuti «pirati della strada» le risultanze fiscali fanno testo anche per stabilire il guadagno e il risarcimento. In tutti gli altri casi i giudici ritengono che le risultanze fi scali possano esser un sempli ce indizio, ma ammettono ogni altro mezzo di prova: te- stimonianze, presunzioni de- dotte dal tenore di vita, cri- teri di comune esperienza, In sostanza, anche in que- sto campo è sbagliato dire che la giustizia valuta «la vita di un uomo». La vita non ha prezzo, quello che i giudici cercano di stabilire è l'ammontare dei danni che i superstiti hanno subito e proprio per questo motivo vi sono differenze cosi alte da caso a caso. Giuseppe Alberti *

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