Gl'imputati accusano di Andrea Barbato

Gl'imputati accusano LA POLITICA TACE NELLA GRECIA DEI COLONNELLI Gl'imputati accusano Nei processi davanti alle corti marziali, simulacro di giustizia, si ripetono le denunce di torture e di violenze - Intellettuali e studenti dal nome ancora ignoto sono numerosi tra i condannati: il regime teme i nuovi gruppi clandestini, pur divisi e di scarsa efficienza, più dei vecchi "leaders" senza prestigio -1 ribelli hanno molto coraggio: non s'illudono sulla prossima vittoria (Dal nostro inviato speciale) Atene, novembre. Ci sediamo al sole, davanti ai tavoli d'un caffè di piazza Kalonakis. Intorno, Ale ne sembra una normale città europea, rumorosa e alacre. « Non m'importa se ci vedono insieme — dice il mio interlocutore — e non m'importa se scrive il mio nome. Anzi, nella Grecia di domani, dopo la dittatura, nessuno potrà sopravvivere politicamente se non avrà pagato di persona, se in questi anni non avrà patito il carcere, le ossa rotte, il sangue nei polmoni. Nessun greco ha più fiducia nella vecchia classe politica, quella I che oggi non sfida la ditta- i tura e non si fa arrestare ». j E' uno deqli amici ritrovati dopo tanti anni: un tempo influente e agiato, oggi scavato e orgogliosamente povero. Lui in prigione c'è stato, la corte marziale lo ha condannato a quattro anni: è stato scarcerato, satto stretta sorveglianza, dopo un anno e mezzo. Potrebbe anche tornare a lavorare, ma non vuole. Racconta con distacca di quei lunghi mesi di isolamento e di paura, la cella strettissima, il cibo imman gìabile, gli interrogatori, i compagni che tornavano con il corpo a pezzi. Non ha paura di tornarci. « La galera — dice amaramente — è l'unico poste, in Grecia, dove si parla di politica, anche perché prima o poi vi passano tutti i greci che sono ancora vivi: i borghesi, i militari monarchici, i professionisti, gli studenti, gli operai più coscienti. Dovrebbe sentirli, i nostri discorsi di carcerati: non accusiamo solo la dittatura di oggi, ma anche il vecchio regime marcio di ieri, con le sue clientele, i suoi impotenti cani carismatici, le sue divisioni nefaste che sono le stesse di oggi, una monarchia che è scomparsa senza lasciare rimoianti. Non crediamo più a un messia nnlitico eh*» ci l'beri dai colonnelli, non vopliamo essere salvati da nessuno- Lo scriva pure, il mio nome... ». Naturalmente, non lo scriveremo... T?».™*e "■ivalità Anche in auesti anni di clandestinità e di persecuzione, il vecchio morbo politico greco, la rivalità personale, non è scomparso. Se ne giovano i dittatori, ai aitali basta l'esercizio d'una assidua sorveglianza per prevenire la nascita d'un fronte unitario di resistenza. Gli uomini che accomnannarono alla tomba la democrazia greca sono disuniti più che mai: le organizzazioni resistenziali in Grecia e all'estero si moltiplicano e si scindono, addensandosi intorno all'uno a all'altro vecchio leader. Il fronte patriottico (Pam) è aia diramata in mille rivoli, il centrismo è spaccato fra i « pavandreisti » del Pak e gl'intellettuali di Difesa democratica. Non solo le antiche formazioni politiche sono esplose (i comunisti sono così divisi che è diventato impossibile tracciarne la manna), ma ogni sforza di fronte unitario non è andato al di là di qualche volente rosa e cauta rìichinrn?innp mn^'iinti S"mbra che le antiche ostilitr nersnnaV orevalnano ne^finn sul romniln urgente di combattere il regi- me. E altri movimenti nascono senza sosta. Ma ì colonnelli sanno di poter trarre solo un vantaggio limitato da questa disgregazione. Anzi, in un certo senso, il loro compito si è fatto più diffìcile, e il nemico più inafferrabile. Isolati i protagonisti delle cronache politiche di ieri, l'eroe di domani potrebbe tuttavia nascondersi in un leader studentesco, in un oscuro avvocato o professore, a magari in un gruppo senza volto. Dì qui l'accanimento del regime, i cui uomini provengono inoltre dai ceti della piccola borghesia, verso i gruppi intellettuali e operai. In via Filellenion. davanti ai giudici dei tribunali speciali militari, non si celebrano quasi mai processi clamorosi: ma stila in quelle aule anguste (un'icona bizantina pende sul capo del giudice, la polizia perquisisce avvocati e testimoni) una galleria d'imputati anonimi, che raramente scuotono l'opinione pubblica. Anzi, il governo affida alle corti militari gl'imputati borghesi, coufidando nello spirito dì rivincita degli uomini in divisa. Questa vendetta sociale travestita da giustizia si consuma aunsi ogni giorno, come una routine senza echi: e quando a malincuore sono ammessi i giudici inviati dagli organismi europei, inorridiscono dinanzi alle disinvolture procedurali e all'aver- ta violazione della giustizia. E' proprio il terrore degli eroi anonimi e d:i ceti Intelletiuuli che spiega, ad esempio, il irailamento riservato a Dìonyssos Karaghìorgas, condannato a vita dalla corte marziale: un uomo insospettabile, tradito dalla sua scarsa familiarità con gli esplosivi. Professore .di economia politica, fu ferito gravemente al torace e alla testa dalla bomba che stava maneggiando, e si tirò addosso la polizia. Il regime lo giudica ancora così pericoloso, che quando fu operato, poco tempo la. c'erano guardie sui balconi, nelle corsie, in camera operatoria. Allo scoppio di quella bomba, i colonnelli capirono che ormai i laro nemici più risaluti non erano i nomi ricavati dall'elenco dei vecchi parlamenti o dalle liste dei partiti politici. Nell'Università Anzi, l'università è considerata il focolaio più rovente. Il 21 aprile, anniversario del colpo di Stato, e il 1" maggio, la polizia non riesce ad impedire cortei, facoltà occupate, scritte e cori contro il regime. La Giunta ha cercato di affollare gli albi studenteschi di giovani raccolti nelle file del regime, ha reclutata organismi rappresentativi di comodo, ha compiuto arresti e celebrala processi. Alla fine, ha connesso elezioni negli atenei, impo- richiamarlo in patria. pu una vittoria dei co lonncllì: poterono affermare pubblicamente che la socialdemocrazia tedesca fomen nendo però una data in cui le aule sono ancora semivuote: e gli universitari di Atene e Salonicco sono tornati in piazza, in questi giorni. La repressione decima le file dei più inquieti, e neppure il modesto numero chiuso di cinquantamila iscrizioni può più essere completato. Che i colonnelli vogliano una Grecia senza testa, lo si capisce anche dalla profonda ostilità verso gl'intellettuali. Qualche mese fa novecento professionisti, insegnanti, alti ufficiali, ex sindacalisti ed ex sindaci hanno firmato una richiesta di rilascio dei prigionieri politici. Fra loro, l'ex direttore del Teatro nazionale Alexis Solomos, il generale Costantino Kollìas, e il poeta Giovanni Ritsos, tornato in una precaria libertà dopo aver vagato come prigioniero fra Leros e Samos. Anzi, gl'intellettuali greci speravano che il Premio Nobel andasse proprio a Ritsos. come condanna del mondo libero verso l'oppressione delle idee. Ma non è stata questa l'unica delusione che la sotterranea resistenza greca ha ricevuto dall'estero. Il caso di Giorgio Mangakis è in molti sensi esemplare: dimostra che si teme la nascita d'un leader imprevedibile (lo stesso timore che spiega la persecuzione di Paitagulisi, ma dimostra anche perché i greci dubitano dell'efficacia d'una solidarietà internazionale. Professore abbastanza noto, cugino d'un penalista che ha difeso quasi tutti gl'imputati della resistenza, espulso dall'insegnamento e incarcerato insieme a Karaghìorgas, Mangakis provocò con la sua liberazione un incidente diplomatico. Fu quando l'ambasciatore tedesco ad Atene Peter Linburg s'affrettò a far partire il suo amico professore, appena liberato, con un aereo speciale. Lo accompagnò sulla pista, e lo salutò con diciotto rose, una per ogni anno di prigionia scampato. Linburg fu dichiarato persona non gradita, e il governo tedesco dovette mici del regime. Del resto ètava la sovversione in Grecia, e non pagarono alcuna penale, perché Bonn inviò presto un altro diplomatico, e non protestò neppure. E tuttavia questi professori ostili, questi studenti ribelli, questi professionisti senza passato politico sono diventati via via i più odiati ne- una storia oscura, ma con tinua. In gennaio, davanti alla corte marziale, un gruppo dì giocarci che si battezzano « Commandos della demo crazia » ascoltano una pe sante sentenza, ma dcnun ciano torture di ogni tipo. In febbraio, viene esilialo nel Peloponneso il generale monarchico Aristides Blau stos, mentre un gruppo co munista guidato da un agro nomo accusa in tribunale la polizia d'aver versato san gue ogni giorno, per le per1 cosse. In marzo, fra i nove membri del Pak accusati di aver tentato un attacco alla Sesta Flotta nel Pireo e di aver pensato di aggredire Papadopulos davanti al Milite Ignoto, c'è l'avvocato Giovanni Koroneios. più due medici, un economista e un ufficiale. Ancora in marzo, al processo contro tre giornaUsti, Luizos Danos mostra ' ai giudici della corte d'apj pello le ferite patite in car: cere. In aprile e in maggio si arrestano studenti, e la cor! te d'appello della Tessaglia j condanna nove volte all'er' gastolo l'ex ministro comu: vista Demetrios Patzalidis, appena rientrato in Grecia i a , a I dopo venl'anni d'esilio. Si sciolgono le società di intellettuali, e un concerto di musica folk finisce con l'arresto di molti giovani. Parte per il remolo villaggio di Deskati l'ex direttore della Radio greca, Mario Peponis, e si processa il proprietario (MZ'Athens News che ha criticato Spiro Agnew. Maggio è un mese intenso: due condannati fuggono da Corfù, ma uno è ferito e ripreso. E' il turno degli operai, in agosto, quando la corte marziale condanna Christos Ramantanis e altri sette, rei d'aver meditato di rapire il capo di stato maggiore. A Calcide, Chalambos Dracopoulas comincia uno sciopero della fame, mentre la quiete di Atene « by night » affollata di turisti è scossa dall'eco di qualche bomba fragorosa e innocua, sotto le auto o davanti a qualche banca. Infine, in ottobre, quattro studenti del « Movimento XX Ottobre » si guadagnano molti lustri di prigione dalla corte marziale., e gridano anch'essi di essere stati torturati a sangue. La delusione L'esistenza d'una Grecia clandestina si scopre solo quando essa si affaccia nelle aule giudiziarie o nelle 1 prigioni. I sindacati sono j guidati da uomini fedeli al regime, le isole dell'Egeo sono tornate ad essere degli scogli ventosi e disabitati. Il libro nero che l'Europa ha compilato sulla Grecia non è giunto fin qui: sono giunte invece inattese tolleranze a amicìzie commerciali. Poche migliaia di greci più colti leggono il giudizio sulla Grecia pronunciato dai giornali in lingua straniera, che la furbesca generosità del regime lascia vendere liberamente. Si sequestra un numero dello Spiegel, ma nelle platee dove si proiettano i film politici italiani la folla si pigia accalorata. « Il regime è un conclave ristretto » dice il mio amico in piazza Kolonakis « ma i suoi avversari sono divisi, e si sentono dimenticati. Stiamo sviluppando ima nostra cultura parallela, fatta di gergo carcerario e di titoli di giornali stranieri. Ma la delusione è profonda, e ci stiamo radicalizzando. Il rischio è che finiremo per odiare tutto, anche la democrazia. E che la Grecia sia perduta per l'Europa, anche quando si sarà liberata dei dittatori ». Andrea Barbato I i j I 1 j