Elezioni in Canada di Ennio Caretto

Elezioni in Canada ANALISI Elezioni in Canada (Domani il rinnovo del Parlamento canadese. Favoriti i liberali di Trudeau, ma non si escludono sorprese) New York, 28 ottobre. Lunedì prossimo, otto giorni prima del voto presidenziale americano, si svolgeranno in Canada le elezioni legislative. Nel 1968. il partito liberale di Pierre Trudeau ottenne alla Camera 155 seggi su 264. Per lunedì, i sondaggi d'opinione prevedono un risultato analogo. Secondo la Gallup Poli, i liberali avrebbero il 44 per cento dei voti, i conservatori di Robert Stanfield il 31 per cento, e i socialisti di David Lewis (il nuovo partito democratico) il 12 per cento. La campagna elettorale di Trudeau ha imitato quella di Richard Nixon negli Stati Uniti. Ammogliatosi e diventato padre (e si dice che la consorte, di 29 anni più giovane, stia per dargli un secondo figlio), l'ex premierplayboy, oggi cinquantatreenne, ha adottato uno stile sobrio, da manager e non più da artista. I capelli sono più corti, la stempiatura è accentuata, la retorica dell'avvocato ha ceduto il posto al rigore dell'economista, e il gusto della lotta interna s'è trasformato in passione internazionale. L'apertura alla Cina e il «vertice» di Mosca, in cui il Canada ha preceduto gli Usa, sono l'«asso nella manica» di Pierre Trudeau come di Nixon. Persino la pace nel Vietnam lo favorisce: egli ha già annunciato che invierebbe volentieri «contingenti di controllo» tra Saigon e Hanoi. La sua «piattaforma» o programma s'ispira del pari a quella del presidente americano: «unificazione» del Canada, turbato dal separatismo e dai contrasti sociali, difesa del dollaro, rilancio dell'economia, lotta alla disoccupazione. Mentre la vittoria di Nixon è certa, e in «dimensioni drammatiche», quella di Trudeau potrebbe essere invece assai modesta, e qualcuno addirittura non esclude sorprese. Le ragioni sono molte. Innanzitutto, Robert Stanfield, a 58 armi, è il più esperto degli uomini politici del Canada: la parte di McGovern si addice non a lui, ma semmai al populista Lewis, di 63 anni, di estrazione sindacale. In secondo luogo, Trudeau è un personaggio molto controverso, non è «un funzionario in un vestito di flanella grigia» come Nixon. Ma il motivo principale dei parziali dubbi è che certe politiche di Pierre Trudeau hanno mancato, o non hanno ancora raggiunto, l'obiettivo. Per placare il separatismo della provincia di Quebec, Trudeau ha reso il Canada bilingue: da un lato, tuttavia, s'è inimicata la popolazione di discendenza inglese delle praterie e della costa occidentale, e dall'altro ha involontariamente concesso spazio al terrorismo dei francofoni estremisti. Per favorire lo sviluppo delle nuove aree, Trudeau ha trascurato i problemi urbani (e i due terzi della popolazione canadese, 21 milioni di persone, vivono in città, un quarto concentrato a Montreal, Toronto, Vancouver e Winnipeg). Come negli Stati Uniti, così in Canada, i problemi più gravi sono disoccupazione e inflazione. In Canada, il tasso della prima è del 7,1 per cento, e della seconda del 5,3. La disoccupazione colpisce soprattutto i giovani e le donne, ma il caro-vita è universale. Il Canada ha inoltre risentito delle scosse economiche degli Usa: le sue esportazioni al grande vicino rappresentano il 13 per cento del prodotto nazionale. Minaccia di risentire ora dell'ingresso della Gran Bretagna nella Cee. Il rimedio di Trudeau appare duplice: maggiore autonomia possibile rispetto agli Usa e all'Inghilterra, con l'accentuazione delle risorse finanziarie e naturali canadesi; espansione all'esterno, specialmente sui mercati comunisti, Cina e Urss. Il margine di manovra non è molto ampio: gli americani hanno in Canada investimenti per 35 miliardi di dollari, e sono i soli che possono fornire gli altri 70 miliardi di cui il Canada avrà bisogno nel prossimo decennio. Ma il Paese è come un colosso ancora addormentato. Sotto le sue praterie, nelle sue foreste e nelle sue montagne si nascondono ricchezze paragonabili a quelle della Russia. Trudeau intende sfruttarle all'insegna del nazionalismo. Il suo programma è agevolare le fusioni delle industrie, obbligare gli stranieri a rispettare i piani governativi di sviluppo, eliminare i settori meno produttivi, ridurre le tasse per i produttori industriali. Egli afferma che questi orientamenti non sono incompatibili con un «buon vicinato» con l'America, e ribadisce la fedeltà all'alleanza occidentale. Ennio Caretto