Una serie di tragici errori provocò la morte dei 17 operai nella galleria invasa dal gas di Remo Lugli

Una serie di tragici errori provocò la morte dei 17 operai nella galleria invasa dal gas Parlano i periti al processo per la sciagura di Robiei Una serie di tragici errori provocò la morte dei 17 operai nella galleria invasa dal gas Secondo il dott. Max Frei-Sulzer l'autonomia dei respiratori venne sopravvalutata - Inoltre la squadra di soccorso (che non era sufficientemente preparata) non prese con sé alcuna bombola di riserva - Criticata la mancanza di coordinazione e di scambio d'informazioni - L'apertura della saracinesca per lo svuotamento dell'acqua nella galleria fu fatale (Dal nostro corrispondente) Locamo, 24 ottobre. La parola è ai periti e i pe- riti accusano: nella duplice sciagura del 15 febbraio '66 che costò la vita a diciassette operai, di cui quindici italiani, in due tronchi di galleria tra Robiei e Stabbiaselo, vi furono delle responsabilità dovute ad «errori e a considerazioni sbagliate». Alla fine di questo processo la Corte do vrà stabilire di chi furono queste responsabilità. I quat tro imputati rappresentano la ditta committente dei lavori e il consorzio di imprese; uno era comandante dei pompieri. Le perizie di base sono due, eseguite per ordine del giudice, una dal dottor Max FreiSulzer, l'altra dall'ingegner Rudolf Amberg. Il dottor Max Frei-Sulzer è un biologo, criminalista e direttore del servizio di polizia scientifica di Zurigo. Un personaggio di molto prestigio in Svizzera. Nella stesura della sua relazione egli ha dimostrato competenza, precisione, scrupolo. Tra l'altro FreiSulzer fu sul luogo della tragedia sin dall'indomani dei luttuosi eventi e fece parte del gruppo che penetrò nella galleria fino al famoso muro di sbarramento e vi trovò il cadavere del caposquadra Valerio Chenet. Chenet, che lavorava nel settore di Stabbiaselo, aveva aperto la porta stagna che dava verso Robiei, cioè il tratto nel quale, poche ore prima, si era verificata la disgrazia dei tre morti, per mancanza di ossigeno nel tunnel. Quando Frei-Sulzer stava completando la sua perizia, l'ambasciata italiana espresse il desiderio che a questa inchiesta fossero chiamati a collaborare anche alcuni no- stri esperti. Le autorità elve-tiche accettarono e il perito di Zurigo discusse i risultati raggiunti e le conclusioni che ne aveva tratto con il prol'es-sor Ardito Desio, geologo dell'università di Milano, con l'ispettore minerario professor Enzo Carlevaro, dell'universi- tà di Napoli, con il professor Alberto Giotti, dell'Istituto di farmacologia e clinica tossicologica dell'università di Fi renze e con l'ingegner Giaco stato^deter^ mo Ferruzzi, impiegato dell'Enpi di Torino. Il dottor Frei-Sulzer ha risposto, con il suo lavoro, a questi tre quesiti: «D Come avvenne la formazione di un tampone di aria irrespirabile nella galleria della sciagura? 2) Quali circostanze sono responsabili del fatto che nella parte sud della galleria vi sono tre vittime da deplorare, malgrado che i lavoratori erano muniti di respiratori? 3) Che rapporto esiste tra la disgrazia nella parte sud ed in quella nord della galleria?». L'impoverimento di ossigeno nell'aria che stagnava nell'ultimo tratto della galleria di Robiei (700 metri), non più praticato e chiuso da una parte con una tramezza di legno e dall'altra con il muro che tratteneva l'acqua defluente dal settore di Stabbiascio, è rrcrgnrtldcomposizione del legname da lavoro (8 chilogrammi ogni metro cubo d'aria); dalla cre- jt di f m dall-assorbi. . . dtdnebnecmento di ossigeno da parte dell'acqua che filtrava dalla roccia e che ne era scarsa. Il tema respiratori è stato sviscerato a lungo dal perito, anche con numerosi esperimenti eseguiti in condizioni ambientali vicine a quelle della galleria, in quel tragico giorno. Ne è risultata una ter ribile superficialità da parte I di coloro che ordinarono di ! entrare nel tunnel fino al fondo dei 3200 metri, cioè anche nel tratto in cui l'aria era irrespirabile, per aprire la sarai cinesca che doveva far defluire l'acqua accumulatasi al di I là dello sbarramento. I due pompieri Ronconi e Rima e | l'operaio Falconi si erano avventurati lungo quell'insidioso percorso credendo di poter andare, compiere l'operazione I e tornare nel giro di quaranta minuti, avendo un'autonomia i con un presunto margine di1 sicurezza di circa 5 minuti. La realtà era terribilmente i diversa, il tempo necessario j molto più lungo, anche perI che. invece di aprire la saraj cinesca solo di un terzo, i tre j l'aprirono quasi del tutto ( 93 ' ) tardando di più in fondo al tunnel per questa operazione prolungata e poi trovandosi, nel ritorno, a dover camminare nell'acqua fin quaj si al ginocchio e, di conse! guenza, a consumare molto i più ossigeno. Ed il risultato fu che dopo aver percorso i poche centinaia di metri veri so l'uscita, gli sventurati udi- rono i sibili d'allarme dei lo-1 ro apparecchi che suonavano i come condanna a morte. I Nelle sue conclusioni il pe-1 rito Frei-Sulzer elenca i se-1guenti errori o considerazio-! ni errate: « L'autonomia dei respiratori venne sopravvalutata; l'impiego di tempo per l'azione venne sottovalutato; da ciò risultò una mancanza : di riserva di tempo; nel penetrare nella galleria la squadra non prese con sé nessuna bombola di riserva; una eventuale sostituzione delle bombole usate, durante l'azione, non fu prevista e non fu esercitata; le squadre di soccorso non erano sufficientemente preparate per il caso di un incidente serio ». Il perito, dopo aver anche criticato la mancanza di coordinazione e di scambio di informazioni tra la sezione j che lavorava al di qua del muro, verso Robiei, e quella ' che lavorava al di là, verso Stabbiascio, riepiloga la sua perizia dimostrando che una operazione di estrema gravita- sia per la prima sciagura cne Per la seconda, fu quella dell'apertura della saracinesca in misura eccessiva. Sei mesi prima era stato effettuato un altro svuotamento del lato nord del tunnel e l'acqua aveva impiegato cinque giorni a defluire completamente. Questa volta invece, con la saracinesca sollevata al 93 per cento, la galleria si svuotò in cinque ore e questo fatto probabilmente indusse il caposquadra Chenet, che lavorava al fondo del tratto verso Stabbiascio, a raggiungere il muro e ad aprire, forse per curiosità, la porta. L'aria viziata in tal modo, oltre a uccidere lui, ebbe la via libera verso gli altri operai del suo settore. Remo Lugli j | !jI Locarno. Il presidente della corte di Cervio, Gastone Luvmi, tra i giurati, mentre legge un verbale (Foto Moisio)

Luoghi citati: Milano, Napoli, Svizzera, Torino, Zurigo