Il boss Alberti: "Mitra, pistole? Vendo abiti da sposa, merletti"

Il boss Alberti: "Mitra, pistole? Vendo abiti da sposa, merletti" La strage di viale Lazio in assise a Palermo Il boss Alberti: "Mitra, pistole? Vendo abiti da sposa, merletti" Il presunto capo-mafia ha un alibi per le ore in cui furono uccisi quattro uomini nell'agenzia Moncada - Era con una donna sposata: "Non posso rivelarne il nome" Presidente: "Lei è intelligente..."; Alberti, interrompendo: "No, sono un cretino" (Dal nostro corrispondente) Palermo, 6 ottobre. Gerlando Alberti, il «boss» con il parrucchino (ha il vezzo di nascondere la calvizie), indicato da carabinieri e polizia come uno dei più pericolosi capi della «nuova malia» è stato interrogato dal presidente Giuseppe Navarra nell'aula della corte d'assise di Palermo. E' uno dei principali sei imputati nel processo per la strage di viale Lazio, ma sostiene di essere innocente, di non essere un mafioso, ma un grossista di corredi da sposa e tessuti. Altro che mitra e pistole! Conosce soltanto ricami e flanelle. Era arrivato da Milano a Palermo il mattino del giorno della strage, 10 dicembre 1969? Si, ha risposto, certamente, ma ha aggiunto: «Con i latti di viale Lazio non c'entro affatto». Era qui, ha poi precisato, per riscuotere 3 o 4 milioni da Francesco Russo, un commerciante suo amico, che è fra quanti sostengono il suo alibi per le 19 di quel giorno, quando negli uffici dell'impresa edile Moncada quattro uomini, forse cinque (ma il quinto non fu mai trovato morto) furono uccisi e due feriti nella sparatoria. Mentre le due opposte «cosche» mafiose regolavano i conti, facendo crepitare mitra, fucili a lupara e pistole automatiche, Alberti parlava coi clienti di pizzi e delicate trine. Pubblica accusa, investigatori, lo stesso giudice istruttore, però, la pensano diversamente: sono convinti che Alberti capeggiò il «commando» che fece irruzione negli uffici della ditta Moncada. A parte alcune contraddizioni palesi, il presunto capomafia ha retto alle domande sottili del dottor Navarra. Tutto sommato, però, non è uscito malridotto dall'interrogatorio: l'alibi per il momento sembra che regga ed c quanto basta all'Alberti e alla sua difesa, composta da tre esperti avvocati di Milano, Roma e Reggio Calabria (Calcagni, Vitolo e Foti). L'alibi è limitato, o così pare, all'ora in cui avvenne la strage. C'è però un « vuoto » di alcune ore nella giornata: Alberti ha detto di essere rimasto con il commerciante Russo dalle 11 del mattino alle 17 per ultimare i conteggi e concordare il pagamen to, in cambiali, della somma che l'amico gli doveva. Ma il Russo, interrogato dalla polizia, nelle indagini prelimi nari, affermò che l'Alberti rimase con lui in negozio sol tanto dalle 15 alle 17. In apertura di udienza, il pubblico ministero Francesco Scozzari ha contestato ad Alberti altri capi d'imputazione: associazione per delinquere, detenzione di armi da fuoco, furto di auto e targhe automobilistiche. In questa fase, è accaduto un incidente tra il presidente e l'avvocato Paolo Seminara, difensore di Salvatore Rizzuto. Il legale chiedeva la parola, il presidente gliela negava e ad un certo punto, irato, s'è alzato di scatto dalla poltrona urlandogli: « Avvocato, siccome non le concedo facoltà di parlare, continui e dica tutto all'usciere ». L'udienza è ripresa, dopo la riconciliazione tra avvocato e presidente, con l'interrogatorio di Alberti, il quale, dopo essersi detto innocente, ha parlato (guarda caso, strana coincidenza, come Galeazzo e Rizzuto) d'una misterio¬ stdmavdgAa sa donna della quale non poteva rivelare l'identità, essendo sposata. Con lei sarebbe giunto quel mattino del 10 da Milano in auto, facendosi lasciare nella vicina Termini Imerese, da dove avrebbe quindi proseguito in treno per Palermo. « Lei invece — ha aggiunto Alberti — si diresse in auto a Caltanissetta dove doveva prendere sua figlia per tornare a Milano dal marito ». E la sera, verso le 21, ultimati i suoi affari nei negozi di tessuti l'avrebbe raggiunta a Caltanissetta, accompagnato in auto dal commerciante Russo. Il presidente, nella storia della donna, non ci ha visto chiaro e ha insistito per farsene raccontare di più, ma lui è stato irremovibile: « E' sposata e non posse dire chi è; e neppure in Quale strada di Caltanissetta abita ». Il presidente ha detto ad Alberti: « Senta, Alberti, se lei è intelligente come dicono che sia... », e l'imputato interrompendolo: « No, io invece sono un cretino ». Antonio Ravidà Gld Albi Gerlando Alberti