Gli aguzzini neri
Gli aguzzini neri Gli aguzzini neri Aldo Lualdi: «La banda Koch», Ed. Bompiani, pagine 164, lire 1.200. (a. alt.) Dopo l'8 settembre, sfattasi l'Italia fascista, si formano in diverse città bande di « polizia privata » al servizio del regime di Salò. In concorrenza con i numerosi reparti repubblichini e nazisti (Upi, Brigate nere, Muti, SS, Gestapo, Ovra) queste squadre, che dai tedeschi hanno appreso — spesso superandoli — la tecnica del terrore e della ferocia, agiscono prevalentemente contro i partigiani: « Fermare, perquisire, arrestare, interrogare, torturare, condannare a morte ed eseguire la sentenza». La più odiata e temuta di queste bande — sulla cui attività Lualdi trascrive allucinanti testimonianze — è quella di Pietro Koch, aguzzino a Roma e Milano. «Alto, distinto, curatissimo ». i capelli impomatati, Koch, venticinque anni, guida decine di sadici (vi sono anche ragazze ed un parroco, « consigliere spirituale ») nella professione della violenza. Nelle pensioni romane Oltremare e Jaccarino, dove la banda ha il suo « comando », passano in pochi mesi (gennaio-maggio '44) decine di provati o sospetti antifascisti. Sono sevizie e torture che spesso conducono alla condanna a morte. Quando Roma è libera, il « dottor » Koch (così vuol essere chiamato) va a Milano. Sede della banda è un palazzetto a San Siro, che presto i milanesi battezzano « Villa Triste », come la canzone d'allora cantata da Oscar Carboni. Se a Roma bersaglio delle violenze era il Partito d'azione, a Milano tocca a « giellisti », comunisti e socialisti. Le urla dei torturati arrivano fino in strada. La nera fama di Koch s'allarga, Mussolini ha fiducia in questo ragazzo freddo ed efficiente: gli chiede un rapporto sugli arricchimenti di Farinacci e sul principe Borghese, comandante della X Mas, da cui teme un colpo di Stato. Ma le indagini sui due « ras », per la loro delicata natura, lo portano alla rovina: quando il duce licenzia il ministro Buffarini Guidi, protettore di « Villa Triste », Koch è travolto dalle rivalità nel regime: arrestato dai fascisti, viene liberato il 25 aprile. Sbandato, senza speranze, arriva a Roma e si consegna ai partigiani: « Sono Koch ». E' processato e fucilato, a Forte Bravetta, il 5 giugno del '45.
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