Un batteriologo si fa narratore

Un batteriologo si fa narratore Un batteriologo si fa narratore L'estrosa levità dell'americano Donleav y J. P. Donleavy: « La molecola matta », Ed. Garzanti, pag. 246, lire 2800. I racconti di J. P. Donleavy, newyorkese quarantaseienne che ha studiato a Dublino (è laureato in batteriologia) e vive a Londra, sono avventure di anime ammaccate. « L'anima si ammacca come il corpo », pensa Samuel S., il protagonista del lungo racconto che inizia la recente raccolta intitolata La molecola matta: e tutti gli altri personaggi di queste storie, dal megalomane che finge di com. prare un'isola per star solo e poi finge di perderla per incompetenza nautica, al bambino bianco escluso da una festa di negri, ai coniugi che rivangano futilmente opache questioni di famiglia, potrebbero confermarlo. I più pericolosi ammaccaanime sono il complesso di colpa, l'incomprensione, la fuga disordinata nelle manie e la solitudine. Più che la solitudine, la disperazione di restar soli dopo che ci si è fatti solitari, e l'arroganza — non priva di nobilita — di chi sfugge qualsiasi collocazione nell'ambito della società e vive tutto di se stesso, tenendo stretto il tesoro delle proprie sensazioni come altri terrebbero il pacchetto azionario di una solida società. E' il caso di Samuel S. (il racconto s'intitola La struggente stagione di Samuel S.). All'età «in cui la carne comincia ad andare per la sua strada e lo spìrito lotta per trattenerla », Samuel vive la sua scomoda solitudine mimando civetterie intellettuali postromantiche, senza soldi né avvenenza, americano europeizzato in una Vienna mesta e dolciastra di pasticcini stantii, tra solennità di costruzioni absburgiche e smaniose spocchie di titolate semibenestanti. Incontra, in uno di quei caffè viennesi soavemente antiquati, una giovanissima americana, disinibita sessualmente in un modo così a- tificioso che rivela subito 1 esibizionista da fumetto, .u,. ~,sistica e gestosa. Sebbene faccia di tutto per esserlo, non è troppo sciocca e nemmeno antipatica. Il demone del matrimonio s'impadronisce di Samuel S., scapolo che non apre mai le finestre per non fare entrare la polvere (e non sentir vibrare la vita nella realtà esterna): vuole sposare la ragazza e mettere su famiglia. S'ingannerebbe chi pensasse a un pervicace e libero amatore che, dopo tante avventure, s'imbarchi nella cot¬ ta irrimediabile: Samuel è il nevrotico che si sveglia all'improvviso a un « nuovo corso » della sua nevrosi ed è impaziente di coinvolgere la sfrontata ragazzina che gli è venuta a tiro nel suo contorto iter di depresso recidivante. Ma la giovinotta è curiosa d'Europa e di uomini: vorrebbe quel signore un po' matto e molto scalcagnato, nella sua collezioncina, come strambo — e perfino raffinato — souvenir del suo viaggio. Ancor più piacevole, da ricordare e da raccontare, perché raccolto in una città « costruita di pietra alternata a occhi » dal languido sapore agonizzante. A Samuel S. andrà malissimo: la vita si mostrerà con lui ancor più esosa del suo esoso psicanalista. Condotto con rara gentilezza, è il racconto intitolato Una fiaba dì New York. Una donna è morta nella nave, durante un viaggio, il marito con l'anima ammaccata dal ri. morso di colpe inesistenti e da una lancinante quanto tardiva tenerezza, viene a trovarsi, per dar sepoltura al cadavere, in una singolare « casa » di pompe funebri. Il verboso direttore dell'impresa maschera, con un ostinato senso commerciale, un comportamento paranoico: ha curato in tutti i particolari la «casa», con spreco di luce diffusa e moquette verde e di ridenti toilettcs per renderla gradevole e soprattutto « viva ». Un ingranaggio molto suadente acchiappa il vedovo togliendogli la possibilità di pensare e di agire, sballottandolo come in un luna-park dove, al posto del tirassegno e delle montagne russe ingallonate di luci, compaiono bare e suppellettili cimiteriali avvolte in uno spettrale chiarore verdognolo. Questo gusto del sarcofago camuffato da letto, del mausoleo mascherato da appartamento residenziale, Donleavy l'aveva già rivelato nel romanzo Un uomo solitario (comparso qualche anno fa in Italia): la storia di un riccone che vive in ima abitazione sontuosamente funerea attorniato da figure deliranti. Donleavy è un narratore sicuro; i suoi nei — che non compromettono la sua bravura — sono il tono perentorio di alcuni dialoghi, chiaramente d'« effetto », e qualche snobismo goliardico. Delizioso invece quando insinua nelle sue prose minime poesie « nonsense »: brevi interventi cantabili che danno al racconto una parentesi di estrosa levità. Rossana Ombres

Persone citate: Garzanti, Rossana Ombres, Samuel S.

Luoghi citati: Dublino, Europa, Italia, Londra, New York, Vienna