Con Pier Paolo linguista

Con Pier Paolo linguista Con Pier Paolo linguista Genialità e approssimazioni di Pasolini nei saggi di varia letteratura "Empirismo eretico" I doPirr Paolo Pasolini: « Empi-1 l'arismo eretico», Ed. Gar- pozanti, pag. 301, lire 4000. j il ceDice bene Pasolini, nella sua ultima raccolta di saggi, che vent'anni la un « codice » poteva bastare per tutta una vita, perché la consumazione delle idee, lontana dal vorticare di oggi, era assai lenta, « come i vestiti che usavano allora, spesso lasciati in eredità dal padre al figlio ». Al critico italiano bastava un codice crociano o un codice positivistico; ancora dieci anni fa, un codice stilcritico. Ora «occorre almeno un codice strutturalistico ». Pasolini, che è per la contemporaneità dei codici, e non dimentica Spitzer per Barthes, i codici li usa tutti insieme. E adesso negli ultimi saggi sul'cinema (sono una buona metà del libro) non manca d'usare, da quel brillante e intelligente dilettante che è, un codice semiologir;o. Dice ancora nel suo libro che ci vorrebbe un linguista (o équipe o accademia i che | anno per anno, come c'è chi i sa dire « che tempo fa », ci | sapesse periodicamente infori mare su « che lingua fa ». In| tanto Pasolini, sempre cosi i attento a captare tra i primi le idee che vagano per l'aria, in questa raccolta di saggi di linguistica, di letteratura e di critica cinematografica usciti dal '64 ad oggi, ci ha detto che « moda culturale ha fatto » di anno in anno. Sarebbe perciò troppo chiedere a questo libro coerenza metodologica, salde costruzioni e neppure, al singolo saggio, l'organizzazione compatta delle conoscenze dedotte faticosamente dall'analisi minuziosa. Guai ad attenderci tanto da un magma di pagine corrugate, che spalancano luna prospettiva sull'altra, si r - alzano in rilievi carichi di umore e di furore, e presentano ombre, chiaroscuri, ambiguità, contraddizioni, paure, errori (sono ben lontano dal riferirmi all'uso fastidiosamente sommario ed arbitrario di questo o quel ter- o i mine tecnico; non si può fal a a ì i i a a o o i si o . — re a meno pero di ricordare con Segre che il « discorso libero indiretto » di cui parla nell'« Intervento sul discorso libero indiretto » o nel saggio su Vanni Fucci, « La volontà di Dante a essere poeta », è per convenzione universale tutt'altra cosa da come Pasolini l'intende, o comunque un'entità grammaticale che in quest'accezione eretica non è più rintracciabile, per i molti fenomeni stilistici che Pasolini vi fa rientrare). Tra tanto fluire furioso ed anarchico c'è comunque tut| to un traboccare di osservaj zioni finissime (e sono mot- i | te, da quella sulla lingua di Moravia come «finzione di i italiano medio », al « verso | ti(vddncofrvbvppscgl'iil'ntrsgslaq| rspdndadseotrpttnhspgicsqto- I lungo » della neoavanguardia — I a quelle assai felici sull'itaha- e e, ì no di Gramsci). Ma il libro sopratutto trabocca per ogni dove di testimonianze di di¬ n-1 sperazione e di speranza, di - j scontento, di appassionata ! J polemica (e anche di faziosa n ] semplificazione, come quan- do attacca ne «La fine del-, d l'avanguardia» l'eversione dei poeti nuovi dimenticandone il fare sperimentale e la ricerca tecnica), e d'interven- o - e o ti di Ione tensione morale (vedi tra le più belle pagine del libro, « Guerra civile », dedicato alla lotta politica negli Stati Uniti; un corsivo contraddittoriamente messo a fronte all'altro che allinea i versi, già passati in proverbio, de « Il pei ai giovani:! »). E poi ci sono aggressioni violente, passaggi furibondi, profezie. Sin dal saggio d'apertura (le già note e discusse « Nuove questioni linguistiche») Pasolini predice l'imminente futuro d'un'Itaiia linguistica sommersa dall'ondata definitiva settentrionale (dopo la prima, già rientrata, romanesco-napoletana), sulla cui « iperlingua tecnologica » si adeguerà e già si sta adeguando vistosamente la nazione intera. Le obiezioni del linguista a questo e ad altri saggi anco- I | ra sarebbero molte; ma i suoi, veramente, sono saggi pragmatici, riflesso sofferto delle sue attive preoccupazioni d'artista. Non sono saggi di storia della lingua (perché I allora occorreva almeno non | dimenticare che la lingua j standardizzata delle comuni- , eazioni di massa, del giornale o della televisione, rovesciatasi giorno dopo giorno e sera dopo sera nelle case di chi parlava normalmente dialet- i to, ha portato ad una posi- ' tiva omogeneità linguistica; nonostante il prezzo pagato, ha fatto si che l'italiano sia sempre meno una lingua di pochi, ha aiutato a raggiungere parità linguistica, senza impedire la vitalità di modi colloquiali e popolari atti a supplire i declinanti dialetti); questi saggi dicevo vanno letti come testimonianza di uno scrittore in proprio, che vede l'italiano incamminato nella direzione antiespressiva che non è stata certo la lingua | da cui ha preso la parola Pasolini scrittore. Nasce di qui la profezia amara sull'avvento di una lin- \ gua interregionale e internazionale di comunicazione utilitaria, la lingua di un mondo unificato dall'industria e sdaelutdcenbmlvlvc dalla tecnocrazia. Pasolini (ili suo passato anzi di poeta in I dialetto illustre e romanziere alla scoperta dell'Italia reale e periferica, popolare e dia- I lettalo testimonia la fine di j un'illusione, di quella irripe- tibile e già lontana spinta i dal basso in cui credeva, ora i che la nascente tecnocrazia e il suo modello di lingua nuova hanno fatto deviare brutalmente dalla strada democratica e popolare dell'ita- | lianizzazione. La lingua nuo- j va ha pesantemente sostituito la sua efficacia comunicati- | va ad ogni violenza ed efficacia espressiva. In un mondo futuro, popò- | lato di qualche letterato su- perstite sepolto nell'idillio e nel sonno umanistico, col suo « italiano espressivo» privo totalmente di destinatari (perché si parlerà soltanto una lingua strumentale, antiespressiva, «segnaletica») non c'è più posto per l'invenzio- ne. Perciò l'invenzione ha da identificarsi sempre di più per lui, con la ribellione o lo scandalo, l'espressività ad ogni costo: quella che ora il cinema sembra offrirgli, o altro in futuro che comunque possa « coincidere con la libertà dell'uomo rispetto alla sua meccanizzazione ». Gian Luigi Beccaria \

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