Sotto gli alberi amici

Sotto gli alberi amici Saper spendere Sotto gli alberi amici Si può tentare di coltivare i funghi del bosco, come i porcini, disseminandone le spore vicino alle piante con le quali vivono in mutua società - Ma senza troppe illusioni sul risultato E' la stagione più promet-1 er lente per andare a funghi. Una bella gita nei boschi (sempre che la pioggia ci conceda tregua e i cacciatori non ci attendano al varco per impallinarci) offre l'occasione di mettere alla prova la nostra sagacia e la nostra buona stella. « Ma i funghi piii pregiati — scrive il signor A. Custodi — diventano sempre più rari, forse danneggiati dall'abbandono delle montagne e dal conseguente deterioramento dei boschi oppure dall'inquinamento dell'aria e dell'acqua ». « Ho letto su una rivista — continua il lettore — che è possibile la coltivazione non soltanto dei prataioli, che abbondano nei negozi e sono alquanto insìpidi, ma anche dei porcini. Si diceva che quelli sono adatti alla coltivazione intensiva in ambiente diverso dal naturale e che questi possono essere seminati e. nascere nel loro ambiente, cioè in boschi di castagni, faggi ed abeti neri. Vi sarei grata se chiedeste lumi a qualche specialista ». ** Siamo riusciti a coltivare su scala industriale i prataioli domestici; in Francia come da noi in Toscana, c già avviata la coltivazione del «fungo pioppino» o «piopparello» su mattonelle di legno di pioppo interrate e mantenute umide. Avremo presto anche i porcini coltivati? «I funghi di bosco come il porcino, l'ovolo buono, i plnaroli, i lapacendri ecc. — ci ha detto il micologo prof Uberto Tosco — sono nella maggior parte funghi simbionti, vale a dire "viventi in società mutualistica" con gli alberi. In altre parole hanno assolutamente bisogno dell'albero amico per produrre i corpi fruttiferi, ossia i funghi nel vero senso della parola. Alcune ditte, più o meno scrupolose, hanno posto in vendita spore di funghi porcini assicurandone la germinabilità e, la conseguente produzione di ottimi funghi. E' opportuno precisare che le spore di questi funghi possono germinare in laboratorio, sperimentalmente, su speciali substrati producendo talvolta copioso micelio, ma nessun corpo fruttifero, salvo casi dì particolari specie». Impossibile imitare ritmi e cicli naturali tvcccitscasatvnrtptmztI Il prof. Tosco prosegue: «E' ovvio che disseminando le spore — purché vitali — dei funghi nei boschi e nei punti dove il fungo (anche porcino) si e già presentato dimostrando il suo gradimenlo al tipo di bosco, le spore possono germinare dando luogo al micelio che per speciali fenomeni fisiologici produrrà i funghi». In pratica si dovrebbe copiare la natura che trasporta e dissemina le spore cadute dai funghi adulti e maturi con l'aiuto del vento, dell'acqua ed anche degli animali. «Ma in natura — spiega l'esperto — il fenomeno si compie secondo ritmi e cicli non controllabili e diffìcili da imitare. Inoltre il numero di spore diffuse naturalmente nel bosco è senza dubbio molto superiore a quello delle spore diffuse api arte dall'uomo ». Ma l'audacia è forse la caratteristica del signor Custodi. Potrebbe voler fare una prova ad ogni costo. « In questo caso — avverte il micologo — ?zore c'è bisogno di acquistare le spore, che potrebbero essere vecchie, non vitali e frammiste a polveri e terriccio, ma quando è possibile, si devono far "sporare" i funghì ponendone i cappelli a faccia in giù. su una lastra di vetro in modo che le spore vi si depositino naturalmente, cadendo dai tubuli o dalle lamelle ». E poi? Non resta che affidarle alla buona terra di un bosco. Quando la "milanese" si denuda nella padellaIl punto nero della cucina di Maria Rosa riguarda la « cotoletta alla milanese e in genere la cottura di tutte le cose che si " panano " cioè passate nell'uovo e poi nel pangrattato. Adopero la cosidelta padella nera che per il fritto va molto bene, ma tantissime volte la carne friggendo perde l'involucro ossia si spoglia ». Chiede lumi acuoco e Sorzio risponde: «Per preparare la "milanese" occorre anzitutto chela carne di vitello sia magra e tenera e ben battuta col bat- tifarne. Se c'è qualche nervetto è bene tagliarlo perché cuocendo fa raggrinzire la carne. Si possono panare anche altre carni come il pollo, il maiale, l'agnello, le polpette ecc. Mettere sale e pepe sulla scaloppa (per dare alla carne un diverso sapore, più appetibile, a qualcuno piace spalmarla con senape o altri aromi). Infarinare leggermente la fettina e passarla all'uovo ben battuto quindi al pane grattugiato. « Qui vorrei aprire una parentesi. Suggerirei, per un'ottima panatura delle scaloppe, di adoperare il pane "carré" passato al setaccio. Naturalmente si può sempre macinare il pane secco avanzato,'che costa meno, ma attenzione che non abbia cattivi odori. Talvolta è sconsigliabile anche il pane grat- tugiato acquistato in panetteria, può essere vecchio ed avere un sapore dolciastro a causa dei pezzetti di dolci di scarto che talora vi sono contenuti. « Quando la scaloppa è bene impanata, stenderla sul tavolo e batterla col palmo della mano per far aderire bene il pane. Col dorso del coltello segnarla formando dei solchi incrociati, per renderla più piacevole all'occhio, che vuole la sua parte. « La padella nera, in ferro, che usa la signora Maria Rosa è adatta anche per cucinare la "milanese" ma occorrono alcune precauzioni. Si fa scaldare la padella, si versa dentro abbondante olio e burro. Quando hanno preso un bel colore nocciola e stanno per fumare si adagiano con prudenza le scaloppe panate in modo che ci stiano comodamente e badando, quando si rigirano, di non far cadere troppe briciole di pa- ne nell'unto di cottura poiché sono queste che, bruciando rapidamente, danno un leggero sapore amarognolo. Il tempo di cottura non deve prolungarsi: 3-4 minuti al massimo, perché le scaloppe panate risultino ben dorate e cioccanti. « Le cause per cui la "milanese" si sfaldella (ossia il pane si stacca dalla carne, ciò che succede a tante massaie), possono essere di diversa origine. Ad esempio la "fettina" troppo nervosa o non infarinata o l'uovo non ben sbattuto o il burro di cottura, quindi anche la padella, non calda abbastanza. « In qualche ristorante la panatura può servire efficacemente a nascondere la qualità della carne o a sostituire il vitello col maiale ». Le meravigliose virtù dei dori di sambuco Si è approfittato della bella stagione (purtroppo molto breve quest'anno a dispetto di tutti coloro che amano il sole ed il caldo) per fare passeggiate in mezzo ai prati ed ai boschi alla riscoperta di una natura spesso trascurata. Sorgono cosi piccole curiosità sulle proprietà medicamentose di piante, erbe e fiori. La signora L. B. ha sentito parlare delle virtù del sambuco: « Vorrei sapere con precisione quali sono — scrive — e quali parti della pi'r.ita si usano per gli infusi ». ** Un tempo, quando ci j (nlzlrntrevvvmgmv(dspsi curava esclusivamente con I nle erbe, simili domande sa- vrebbero sembrate banali ed | ainutili. Oggi, nella civiltà del le pillole e dei prodotti chimici, tutto ciò che nasce spontaneo sembra velato di mistero e le proprietà medicinali di questa o di quella pianta offrono l'occasione per un rinnovato interesse per la natura che ci circonda. « I fiori del sambuco, bian¬ cfe o o o , r - chi allo stato fresco — spie- j ga l'esperta — devono essere raccolti maturi ed usati dopo essiccamento quando hanno perso circa il 25 per cento dei loro peso ed hanno assunto un colore giallo. L'odore è caratteristico, aromatico, butirraceo; ciò è dovuto alla presenza in essi di un olio essenziale (0,32 per cento), costituito da un berpene e paraffina, e di un gincoside cianidrico: la sambrunigrina. Contengono inoltre una resina e mucillagine. Con i fiori del sambuco si fanno infusi al 2-5 per cento, usati a scopo diaforetico, cioè sudorifero, e sono anche utilizzati per uso esterno sotto forma di lozioni e di colliri ». « Le foglie di questa pianta avrebbero dimostralo proprietà analoghe, ma si usano soprattutto sbriciolate per applicazioni topiche, sia nei casi di scottature, sia per la cura locale delle emorroidi. Con i frutti, che contengono acido malico, tartarico, tannico e una sostanza colorante, si prepara di solito il rob (o roob), estratto molle. nella concentrazione del 101 per cento. Esso ha proprietà comunemente dette "rinfrescanti": è lassativo a piccole dosi e purgativo, se somministrato in dosi generose. Ma ha soprattutto un'azione diuretica ».

Persone citate: Custodi, L. B., Maria Rosa, Tosco, Uberto Tosco

Luoghi citati: Francia, Toscana