Il maestro e Margherita

Il maestro e Margherita LE PRIME VISIONI CINEMATOGRAFICHE Il maestro e Margherita Nella ricostruzione di Petrovic la polemica antistaliniana prevale sulla liricità del romanzo di Bulgakov; ma il regista jugoslavo vi ha messo il suo spiccato senso del colore e del grottesco - "II diritto d'amare", con la Bolkan, moglie sventurata Il maestro e Margherita, di Aleksander Petrovic, con Ugo Tognazzi, Alain Cuny, Mimsy Farmer. Italo-jugoslavo a colori. Cinema Arlecchino. Recensito ampiamente due settimane or sono da Venezia, Il maestro e Margherita e un adattamento restrittivo e politicizzato i la polemica antistaliniana prevale sulla liricità) del romanzo dello scrittore russo Mikail Bulgakov; una riduzione nel vero senso della parola, ma rispettosa e dentro certi limiti fedele allo spirito del modello. Il regista jugoslavo Aleksander Petrovic vi ha messo il suo spiccato senso del colore e del grottesco; gli sceneggiatori italiani Barbara Alberti e Amedeo Pagani i risultati del loro lungo studio e grande amore per l'opera bulgakoviana. Ne è uscita una satira, carica di forza profetica, delle coercizioni esercitate dall'apparato burocratico staliniano, a Mosca, nel 1925, sopra le opere d'ingegno; anzi direttamente sul cervello dell'artista, che in questo caso è il drammaturgo Nikolai Masoudov, un marxista di pura osservanza. La battuta d'un suo dramma ispirato a Ponzio Pilato e allestito dallo Stato, dà ombra; le prove sono interrotte; la prima è rinviata a un giorno che non verrà mai. Invitato ad andarsi a riposare a Yalta, l'autore punta i piedi, confermando così, agli occhi dei superiori, di non stare bene di cervello e d'essere maturo per il manicomio. Quivi il « maestro », avviluppato nella camicia di forza, riceve dal Padreterno, attraverso la mediazione di Stalin, il benefìcio della pace eterna. Questo che è il nudo scheletro d'un pamphlet antistaliniano, è poi via via rimpolpato di motivi onirici che lo sollevano in un'aura di commedia surreale (metafìsica, sarebbe dire troppo): il clima preferito dal regista. E il principale di quei motivi e la presenza del Diavolo (il vero diavolo) sotto le mentite spoglie del signor Woland, professore d'arte magica; il quale coi suoi tanti giochi, oltre a consolare lo scrittore perseguitato con le apparizioni di una deliziosa Margherita, lo vendica dei suoi persecutori facendoli capitare male dopo ben aggiustate profezie, e infine, non potendo di più, lo fa assistere in sogno, sviluppato dalla camicia di forza, alla trionfale prima del suo lavoro, preceduto da un prologo di magia nera dove pubblico e autorità sono esemplarmente beffati. Girato, con buona resa scenografica, parte a Mosca e parte nella città jugoslava di Subotica, il film è ricco di estri figurativi e musicali che conferiscono allo spettacolo, come non gli mancano, piti fra tanto macchinismo e addirittura fregolismo di trucchi e trovate, pagine piane di commossa umanità (Masoudov nel manicomio). Ma con tanta invenzione e tanto colore, esso non lievita in poesia e risente alquanto, e a tratti faticosamente, del confezionato. Per giunta l'interpretazione, levate le fresche apparizioni di Mimsy Farmer, è mediocre. •ir * Il diritto di amare, di Eric Le Httno, con Florincla Bolkan e Omar Sharif. Francoitaliano a colori. Cinema Doria. La Bolkan è cosi fatta, che in qualunque situazione si ritrovi, si rannicchia nella sua propria parte, cercando di eseguirla il meglio che si può. Otti poi la esegue (se non è parola troppo fredda) benissimo, rivelandosi una virtuosa del primo piano tenuto a oltranza. Peccato che la continuino a doppiare: sebbene per lei il parlare non abbia molta importanza, che negramente le scintillano sul bel volto, come sassolini nell'acqua, i più riposti pensieri. Nel film ella esercita II diritto di amare («Le droit d'aimer » i nella più sventurata pienezza. Moglie di Pierre, detenuto politico in un regime dittatoriale, ella passa per una trafila di pratiche e anticamere ossessivamente kafkiane per ottenere il permesso di visitare l'ergastolano nel suo orrido domicilio insulare. Dopo due anni la spunta; ma quando la valente donna, azziniatasi al massimo, rivede il consorte, questi, vittima di quell'inferno e di un sadico comandante, è morto a se stesso prima ancora che agli altri. Non reagisce più né alla democrazia né alla moglie; e l'assolutismo, che ormai lo ha cotto a puntino, partita la donna, ne farà l'ultimo strazio. Sconnesso, inerte, artificioso fino all'insopportabile, il lilm si arrocca sulla protagonista e sul magnifico operatore Henri Decae. 1. p. Itnma, 15 settembre — Gino Visentin! si è dimesso dalla carica di presidente e da socio dal «Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani » (Sngci), per la «precipitosa pubblicazione dei risultati definitivi dei "nastri d'argento 1972" da parte di un quotidiano romano della sera». o , l e l i e n o a ladl'dppVsoPcinustepncnrsprrlcqsssiacdctsRsgmncnatipi Mimsy Farmer, protagonista del film ispirato al grande romanzo di Bulgakov (

Luoghi citati: Mosca, Pierre, Venezia, Yalta