La torcia di Alberto Ronchey

La torcia OLTRE IL TERRORISMO La torcia « L'attentato di Monaco — scriveva ancora ieri Ray¬ mond Aron sul Figaro — ha .scalcinilo un'onda eli passioni ». E' bene che ogni emozione venga espressa con visore e anche d'impulso. Ma poi si deve scrutare a fondo la proliferazione del terrorismo, fenomeno del nostro tempo e insieme assurdo storico: fu sperimentalo e falli già un secolo fa, sebbene su scala minore. h'Economist di Londra ha ricordalo che persino Bakunin, dopo aver lanciato la parola d'ordine « imparare dai briganti », alla line cambiò idea: « Avvertì pcr lettera Necaev, uno fra i più fanatici. Disse che la passione, sì, è essenziale, ma che alleata alla passione dev'essere la ragione». (Sergej Necaev aveva fondato nel 1869 la sella segreta « Il Giudizio Popolare », morì poi a Pictroburgo nella fortezza di Pietro e Paolo). Eppure lo stesso Economia t avverte: « Dovremo vivere per lungo tempo con gli uomini dalla testa incappucciata; senza dubbio, fino a quando l'attuale generazione di terroristi, Settembre Nero, Provos e gli altri, si sarà consumata nella morte e nella sconfitta, e probabilmente più a lungo ancora, fino a quando, dopo ripetuti insuccessi, non avranno più imitatori... E' questa la nuova comunità internazionale degli indemoniati... Ci vorranno forse anni, forse il resto della vita di coloro che s'affacciano adesso alla soglia della mezza età, prima che questo fenomeno sia distrutto, o distrugga se stesso ». Il fondamento di simili previsioni è che non potendosi fare guerre risolutive nell'era atomica, con vincitori e vinti, si fanno le guerriglie; e in molti casi non potendosi fare neppure le guerriglie (come nel deserto) si fa il terrorismo e inevitabilmente si farà per lungo tempo. Il pronostico può essere eccessivo, e tuttavia l'Economist incalza: « Il mondo non è peggiore del solito; ma gli indemoniati sono pronti a commettere gli atti peggiori pur di prevalere. Sono assistili dalle armi moderne; verrà il giorno in cui terroristi urbani pronti al suicidio, uomini mai visti prima d'ora, potranno disporre d'un congegno nucleare ». * * Il carattere nuovo del terrorismo fedayn è che non solo colpisce i civili non meno dei militari, gli uomini fuori causa oltre che i nemici israeliani, ma il suo campo d'azione si estende al mondo intero. E la discussione sul caso di Monaco è stala così vasta e intensa non solo perché la slrategia terroristica di Settembre Nero è d'un genere nuovo, « di massa », ma per un motivo messo bene in Jr.cc da Frangoise Giroud su L'Express: « Qualsiasi nome ti si voglia dare, fedayn — orrendo terrorista, pazzo arrabbiato o caro fratello palestinese dalla sorte troppo crudele —, qualsiasi nome ti sia dato non uccidere più ebrei in Germania. Non e il luogo. No, non e il luogo ». Dinanzi al disprezzo persino verso emozioni di massa legale alla storia, disprezzo da indemoniati o disperati, è naturale discutere sulle cause che l'hanno suscilato, le vicende d'un quarto di secolo in Palestina; ma troppi si limitano a chiedere che la questione venga risolla, senza domandarsi com'ebbe inizio dalla guerra del '-18 in poi la vicenda dei profughi palestinesi, senza suggerire nulla. Quale soluzione vogliono gli stessi fedayn per la Palestina? L'hanno mai detto fino in fondo? * * E l'argomento del terrorismo va oltre. Non esistono solo i fedayn, i Tupamaros, le Black Panthers, i Provisionala irlandesi. Esistono gli albanesi del Kosmet jugoslavo e la Macedonia jugoslava conlesa dalla Bulgaria, i ribelli del Kashmir e i Dravidi del Madras in India, il terrorismo separatista del Quebec in Canada, le popolazioni viti ime di stragi nel Sudan meridionale, gli Ibo in Nigeria, i rumeni dclla Mbital'Ule poprCifui natateSosmmzinotemmdocrrevescespbdzimterisoroacamstiStetalespgbsdEdpsffbaqsAAnmv Moldavia e ancora nell'ambito dcll'Urss i ribelli tartari, i polacchi annessi all'Ucraina, la Cardia finnica, le repubbliche baltiche. E poi esistono i turchi di Cipro, i tibetani e gli uiguri in Cina, i dieci milioni di profughi dalla Germania Est, i popoli soggetti e le nazionalità che s'intersecano urtandosi in avversioni spietate, sollevazioni e repressioni. Sono centinaia gli «irredentismi » che possono trasformarsi in movimenti rivoluzionari (nazional-classisti o no) e da rivoluzionari in terroristici con pochi commandos operanti su scala mondiale. La mappa politica del mondo attuale testimonia con la cronaca l'esistenza d'innumerevoli dominatori e schiavi, veri o apparenti. Ammonire scrivendo e parlando può esser nobilmente facile. E' possibile sostenere che debba considerarsi forte e non debole chi accetti le condizioni del terrorismo nel momento in cui subisce un attentato (come liberare terroristi già prigionieri, che possono diffondere nuovo terrore). Ma le parole ispirate al celebre sentimento « che conosce ragioni sconosciute alla ragione » possono fermarsi a mezzo d'un discorso, o dove si vuole. Gli eventi e le cose non si fermano. Sarebbe non solo nobilmen te facile, ma persino elementare in alcuni casi accogliere le intimazioni del terrorismo salvando con un semplice sì la sorte degli ostaggi. Più difficile è porsi il problema nell'ambito della responsabilità politica, domandarsi dove condurrebbe la prassi di cedere al terrorismo e alimentare dunque la spirale terroristica: tanto più quando s'estende nello spazio e nel tempo. * * Qui s'intravede un mondo, neppure troppo remoto, nel quale tutti i terrorismi o gran parte avrebbero facile corso e ne susciterebbero altri, fino al giorno prevedibile in cui il ricatto del terrore potrebbe servirsi anche d'armi atomiche cadute nelle mani di singoli gruppi. Quel mondo sarebbe una torcia, sia pure accesa per i fini d'una giustizia globale che alcuni credono possibile e altri vedono secondo l'ottica deformante d'una « causa » esclusiva. E qui sorge la questione del controterrorismo, anche se è essenziale sempre misurarlo. Può esser giusto, per esempio, non manifestare consenso o simpatia verso gli nltras israeliani, verso alcune forme di rappresaglia. E' anche giusto avanzare obiezioni contro la stretta logica politica: ogni contestazione può essere utile correttivo dialettico all'uso o all'abuso d'una ragion di Slato, che si sa dove comincia e non dove può finire. Ma dinanzi a problemi che appaiono spesso vere antinomie, è possibile per chi governa sottrarsi alla responsabilità politica, al calcolo delle conseguenze particolari e generali d'ogni scelta? E davvero è possibile per chi osserva giudicare senza conoscere (o tentar di conoscere) il vero peso delle responsabilità di chi governa? Alberto Ronchey

Persone citate: Bakunin, Cardia, Giroud, Sergej Necaev