La crisi americana

La crisi americana La crisi americana Gli Usa escono malissimo da questi Giochi, che testimoniano come le scelte di base americane siano avventurose, improvvisate: il giorno che gli Stati Uniti si daranno un'autentica politica sportiva faranno di nuovo man bassa, ma è necessario che le loro strutture siano meno dilettantesche in un mondo in cui la disciplina quasi militare dell'Est dà ulteriore sostanza a una preparazione già di per sé poderosa e convinta. Sostenendo e « allenando » gli atleti dei paesi satelliti e gli stessi cubani, i sovietici hanno allargato il loro raggio d'imperio, occupando sedi di dirigenza, facendosi leoni in mille e mille organismi reggitori, mentre gli allegri americani, oltre alle medaglie, ci rimettono posti di prestigio, influenza politica e quindi «peso» decisionale al vertice. La vecchia Europa si è difesa ad oltranza in ogni disciplina. L'Olimpiade ha visto i neri, gli asiatici, gli africani, la gente dei Terzo Mondo, ma non più come protagonisti assoluti: perché ora dal Kenia. dal Ghana, dalla Malesia, con una partecipazione più massiccia, arrivano anche gli « scartini ». non solo i fenomeni. Mentre il livello medio-alto ha nuovamente fatto un enorme passo avanti. Pur mastodontica e talora greve nella sua ti macchina », questa Olimpiade avrebbe potuto essere felice. Il Villaggio godeva di sé, rappresentando la « meglio gioventù » del globo; il potenziale tecnico, la perfezione degli impianti garantivano il superamento di limiti umani eccezionali, e insomma l'uhomo olympicus» stava dimostrando via satellite che i Giochi costituivano ancora il mi- gliore spettacolo dell'universo. La notte del « settembre nero » ha imposto ima svolta tragica, ed anche un indispensabile ripensamento sulla funzione e la portata dell'ideale olimpico, contaminato per sempre. Si disse allora: hanno derubato il mondo. Ripensandoci, bisogna aggiungere: non solo il mondo fa di tutto per essere derubato, ma non sa tutelare il proprio cuore come vorrebbe e potrebbe. Passati dai Giochi di pace ai Giochi di guerriglia, i giorj ni di Monaco attendono nuo' ve regolamentazioni, che salI vino il salvabile, cioè un mi| nimo di purezza agonistica. I L'Olimpiade è infatti il luoi go dove l'atleta prova se stes| so: l'atleta solo, sia scattista I o nuotatore o lottatore o pugile, e non la squadra, che I sottintende manovre e sche! mi e concetti al di là dello \ sport singolo. Una revisione della « carta » dovrebbe intendersi già in questi termini: lasciare i professionisti ai loro impegni, accogliere I entro il recinto dei Cinque ' Cerchi solo coloro che corrono, lanciano, nuotano, lottano e si provano sugli attrezzi. Per quanto sia godibile la pallavolo ad alto livello (chi dimenticherà più ; giapponesine e russe e coreane?), per quanto sia al| Iettante il basket o piacevo: le l'hockey e il football e la 1 pallamano, è chiaro che si : tratta pur sempre di discipline esorbitanti da un'Olimpiade, viziate come sono da . un'innaturalità manovriera, che non interessa l'« homo olympicus », bello perché solitario e impegnato unicamente contro se stesso, il tempo, il vuoto, l'aereo spaj zio entro il quale deve gio, strare. Jimmy Ryun

Persone citate: Jimmy Ryun

Luoghi citati: Europa, Ghana, Kenia, Malesia, Monaco, Stati Uniti, Usa