II nevrotico Ambassador

II nevrotico Ambassador QUEL PRODIGIOSO CAVALLO DI MANCINELLI II nevrotico Ambassador Insieme con Mark Spitz è il campione più bello decorato alle Olimpiadi - Cavaliere e "groom" ne dicono meraviglie: "superbo, coraggiosissimo", non teme la competizione né il pubblico - Non riesce però a dimenticare l'infanzia irlandese e la dura monta del primo fantino: ancora adesso, talvolta, esita e trema come un Oliver Twist appena uscito dall'orfanotrofio (Dal nostro inviato speciale) Monaco, il settembre. Sono le sei e mezzo del mattino, fa freddo, è. appena giorno. L'ippodromo, i maneggi e le scuderie di Riem sono racchiusi in una grigia nebbia d'umidità, ma innaffiatoli spietati già sventagliano lame d'acqua sui prati brillanti, sui fiori leziosi. Gli uomini si intiepidiscono le mani intorno a bicchieri di carta pieni di caffè caldissimo e cattivo. Attraverso il silenzio suonano richiami, gli accenti mitragliatiti degli spagnoli, il balbettìo elegante degli inglesi, le sgangherale nasali americane, una voce napoletana che. dice: «All'anima della schifezza ». Nel suo box alla stalla numero cinque, Ambassador dalla lunga coda bianca, il cavallo-rivelazione di queste Olimpiadi, il cavallo più telegenico che si sia mai visto, vincitore con il suo cavaliere Graziano Mancinelli della medaglia d'oro nel salto agli ostacoli, si sveglia da un sonno senza sogni. L'ultima prova Lunedì lo aspetta l'ultima prova, il Gran Premio, ma la tensione della vigilia non gli ha turbato il riposo. Dorme sempre molto e molto tranquillamente, coricato su un fianco, scalciando di rado: « Il problema del sonno proprio non ce l'ha», dice Giuseppe Porrini, il suo groom ventottenne. Lui lo sa bene, gli dorme accanto. A casa, in Italia, nella scuderia «Le Roncaglia) a Roncaglia di Canccsia vicino Brescia, la sua stanza è immediatamente sopra il box di Ambassador, ed ha il pa¬ vimento sottilissimo: appena sente un rumore nella notte il groom si alza e scende a vedere, a controllare che tutto vada bene. Qui a Monaco gli sta accanto notte e giorno, in quella simbiosi fatta di intiinità profonda, di interessi comuni, d'amore e di rancore che sempre esiste tra allenatore e atleta, come tra amanti felici. E' la persona che conosce meglio il nuovo campione, vìvono insieme da quasi un anno: « II suo problema, caso mai, è un altro», spiega Porrini, preparando i due chili di fieno della colazione mattutina. Cioè? «E' nevrastenico. Un anno fa era peggio. Non voleva neppure entrare in campo, bisognava forzarlo: adesso spesso entra da solo ma a volte s'impunta, si mette lì rigido, si rifiuta. Se alzi una mano all'improvviso, scarta la testa spaurito, come un ragazzino che aspetti il ceffone. Se nel box capisce di aver fatto qualcosa di male, si butta contro la parete tutto tremante e spaventato, quasi pensasse: oddio, adesso arriva, adesso chissà cosa mi fanno». Ansammo, Ambassador è vigliacco? «Per niente. Anzi». Non lo spaventano l'ignoto, le persone o le cose sconosciute: « Gli si ferma davanti, guarda bene fisso e se ne va indifferente». Non lo spaventano i rumori, né la concorrenza di altri campioni. A «Le Roncaglieli non ha affetti particolari, il carattere introverso e poco cordiale non lo lui portato a fare amicizia neppure con «Water Surfer» che è la seconda star tra ì diciotto cavalli della scuderia, tende a isolarsi e a starsene per conto suo: l'inquietudine di un occasionate compagno può spingerlo a tirar calci, quando qualcuno gli dà fastidio abbassa minaccioso le orecchie in quello che è per lui sintomo di massimo nervosismo, ma se lo lasciano in pace mantiene con tutti rapporti educati e freddini. Torture e dolcezze Non lo spaventano gli ostacoli, né la competizione e il pubblico: « E' superbo, coraggiosissimo», lo loda Graziano Mancinelli, «in gara sente l'impegno, è affascinato e stimolato dalla presenza della folla, dà tutto se stesso». Non lo spaventa viaggiare in aereo: quest'anno, con lo speciale aeroplano inglese che ha i box al posto dei sedili, c andato in Spagna, è andato da La Baule a Dublino, da Dublino è tornato in Italia, e sempre, tranquillissimo. Allora? «Allora, ha paura del passato», rivela il groom. Non riesce a dimenticare l'infanzia segnata dal trauma della castrazione: « L'hanno castrato a diciotto mesi. Quando sono giovanissimi soffrono meno, come da bambini la tonsillectomia è meno dolorosa: ma rimane un'operazione atroce, e dà grande tormento». Soprattutto. Ambassador non riesce a cancellare il ricordo dell'adolescenza vissuta in Irlanda, suo paese natale, c dominata dalla figura del suo primo cavaliere Tona Bramati, che appare nei racconti una sorta di aguzzino senza pietà, uso a trattarlo con implacabile durezza: monta severa e aggressiva, strattoni strazianti per la bocca che è infatti divenuta quasi insensibile, speronate, frustate, urla. «Così, per le gran botte che ha preso, ha sempre paura di venir picchiato. Entrare in campo, per lui, voleva dire andare al martirio. Era terrorizzato: e ancora adesso esita, resiste, trema». Come un Oliver Twist appena liberato dal crudele orfanotrofio, fatica a scordare il tempo della paura, l'incubo delle percosse quotidiane. E' una nevrosi che le recenti dolcezze non hanno ancora guarito. Da un anno avrebbe tutto per essere felice: dalla rude Irlanda si è trasferito nell'Italia indulgente c coccolano; vive nella scuderia lussuosa e ultramoderna di Adamo Pasotti, il suocero di Mancinelli; per i primi mesi è stato monta lo soltanto da una donna, Nelli/ Pasotti Mancinelli, amazzone esperta e delicata che lo lasciava malto li baro e ogni mattina lo salii fava con lo zuccherino; il suo nuovo cavaliere Grazia no Mancinelli. che lo monta dallo scorso novembre, ha compiuto persino l'estremo sacrificio di gareggiare a vol¬ le non per vincere ma soltanto per educare, correggere e istruire lui. Il suo groom lo tratta con una sensibilità da madre che sa di psicoanalisi: « Anche quando sbaglia è meglio seguirlo, far fìnta di niente, lasciar perdere: per ora ha soprattutto bisogno di sicurezza e di fiducia, deve reimparare a sentirsi protetto e amato». Del resto, dice Mancinelli, a bilanciare le stranezze e. il nervosismo Ambassador ha uno scatto straordinario, una vitale esuberanza, una notevole potenza: se il carattere è difficile e spinoso, la vocazione e il grande talento naturale ne fanno un campione. Ma certi condizionamenti psicologici sono lenti da eliminare, come certi difetti di educazione. Adesso, a vederlo lavorare in maneggio nelle sue due ore quotidiane di allenamento, sembra già perfetto. S'è acceso un poco di sole scialbo, sulla pista di sabbia si intrecciano evoluzioni, lente passeggiate e salti, gli splendidi inglesi si mescolano agli scuri cavalli spagnoli, ma Ambassador è inconfondibile: possente, elegante, docile alla guida del groom. E' bellissimo, insieme a Mark Spitz forse il più bello tra i decorati delle Olimpiadi: con quel colore grigio pomellato ideale per la resa televisiva, il muso bianco e scavato sormontato da una breve frangia scapigliata, le linee forti e ondulanti del corpo, la gran coda fiabesca da cavallo a dondolo, i dolci occhi neri dal taglio orientale. "Migliorerà" E' alto al garrese un metro e settanta. Pesa cinque quintali, un peso forma mantenuto con l'alimentazione regolata: due chili di fieno alle sei e mezzo del mattino, due chili di biada e altro fieno a mezzogiorno, due chili di biada e fieno alle sei e mezzo del pomeriggio, diecidodici litri d'acqua a pasto, sempre i cubetti inglesi di vitamine c ferro. Ha otta anni, è dunque all'inizio di una carriera che può durare sino ai tredici. A causa delle Olimpiadi si è badato a risparmiarlo, ma ha avuta un anno di molti successi: la medaglia d'oro delle Olimpìadi, più che la conferma di una speranza, è la certezza di un'affermazione. « C'è ancora ria lavorarci sopra », dice incontentabile Mancinelli. « Se Dio manda la fortuna e se l'Olimpiade continuerà, si vedrà soprattutto alla prossima che stella di i prima grandezza è questo i nevrotico », promette amoroso il groom. Lentamente, pacatamente. 1 Ambassador si sottopone al rito della svestizione e ve- ' stizione. Via l'elegantissima sella di cuoio bruno, mai \ mutata perchè anche un'in¬ fima variazione può turbare il delicato rapporto di peso, incrinare la costanza delle abitudini tanta necessaria al campione nevrotico: la sella deve essere sempre quella, se una fibbia o una correggia si rompono accorre portarla di corsa per la riparazione a Milano, dal sellalo fabbricante. Via i finimenti, via la coroncina con la quadrettatura bìancoverde della scuderia che, come un nastro da hippy, gli traversa la fronte. Su la coperta inglese rossoblu, perché si asciughi lo scarso sudore. Brusca, striglia. Uno scarto d'impazienza: ma basta un richiamo tronco, una specie di « che fai? » smozzicato a bassa voce, quasi un rumore soffocato, per farlo tornare tranquillo. Il figlio di D'Inzeo gira per la scuderia, regalando carote al cavalla del padre: « A lui no, per lui la carota deve essere un premio, come la caramella ai bambini buoni », avverte Giuseppe Porrini che. abituato da quindici anni a curare cavalli Immilliti, ha dell'infanzia lima un un'immagine un poco remola. Affettuosamente sot topone il campione alle spu guattire d'acqua fredda sul musa e sugli occhi; accuratamente gli avvolge le zam pe. di cotone serrandolo poi con le fasce, « per tenere sempre caldi i nodelli, cioè le giunture, e per regolare la circolazione del sangue, perché non gli si gonfino le gambe ». Dice propria così: le gambe. Dice, che Ambassador non gli ha mai fatto sgorbi gravi, che il vizia di mordere non rientra tra i difetti del caratteraccio della star. Dice che farse Ambassador non è simpatico né arrendevole: « Ma non è poi mica sicuro che i tipi simpatici e gentili siano i migliori, anzi: di solito hanno poca grinta, e non vincono mai ». Il pettine di metallo passa e. ripassa nella coda superba: era lunga un metro e mezzo, di recente è stata accorciata per rendere il pelo più resistente e far sì che la bianca appendice telegenica infoltisca e si allarghi. Il pettine di metallo passa e ripassa nella criniera argentea, ma non basta: lunedì Ambassador gareggia, e come ad agni vigilia bisogna fargli la messa in piega, separare il pelo in mazzetti e stringere ogni mazzetto in trecce che pai, disciolte, daranno una agghindata e persistente ondulazione. Il rito estetico è compiuto, il campione è libero: le sue due ore di lavoro quotidiano le ha fatte, ora può riposare per molte ore. Fino alle sei e mezzo del pomeriggio. Fa freddo, è quasi notte. L'ippodromo, i maneggi e le scuderie di Rian sono racchiusi nell'ombra del crepuscolo. Gli uomini si avviano verso la cena. Attraverso il silenzio suonano risate, l'accento saltellante degli ungheresi, le morbidezze del russo, una voce torinese che dice: « Son stanco, stanco, stanco ». Nel suo box alla stalla numero cinque, Ambassador dorme coricato sul fianco, aspettando i quattro litri d'acqua zuccherata dei giorni di gara, un sonno finalmente vuoto degli incubi e dei fantasmi del passato. Lietta Tornabuonì a a o \.... ' - -~ * ' 'V I i I ! I I I Monaco. Ambassador, montato da Graziano Mancinclli, supera un ostacolo nella gara che gli varrà la medaglia d'oro olimpica (Telefoto Up)