Lo studente si è ucciso nella vasca da bagno forse per imitare i filosofi stoici che studiava di Paolo Lingua

Lo studente si è ucciso nella vasca da bagno forse per imitare i filosofi stoici che studiava Lo studente si è ucciso nella vasca da bagno forse per imitare i filosofi stoici che studiava dal corrispondente Genova, lunedì mattina. Non è mai andato a ballare né alla partita, la sera usciva con gli amici solo per studiare. E' sempre stato il primo della classe e anche ora, a 24 anni, bruno, alto e snello, passava le giornate a studiare. Non aveva seguito ia madre in montagna, a Selva di Val Gardena, perche voleva concludere la tesi. Si sarebbe infatti laureato in autunno. Il suo caso finirà con ogni probabilità in una delle pubblicazioni scientifiche dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Genova. Questa almeno è l'intenzione del prof. Athos La Caverà, che si sta occupando della vicenda. Le conclusioni degli inquirenti intorno al suicidio di Vittorio Giacalone si sonò fermate a questo punto. L'autopsia accerterà nei prossimi giorni se per caso il giovane avesse ingerito sostanze eccitanti o stimolanti. La polizia però nell'inventario degli effetti personali del suicida e dell'appartamento di piazza Palermo non ha trovato flaconi o tracce di medicinali sospetti. S'è saputa soltanto che nei giorni scorsi il giovane s'era fatto più cupo e taciturno. Si chiudeva nello studio, con i suoi libri e le sue carte, rispondendo talvolta in modo brusco ai nonni, preoccupati di vederlo stare sempre in casa a studiare. Non aveva amici, non aveva ragazze. Vittorio Giacalone era per i vicini di casa e per i conoscenti un ragazzo modello. Orfano di padre, viveva con la mamma, impiegata comunale, e con i nonni. La sua esistenza fino alia tragica fine è stata scandita dalle tappe della vita scolastica. Le medie ad Alassio presso l'Istituto dei salesiani, poi il liceo classico al « Doria » di Genova e l'Università, facoltà di filosofìa E' stato sempre, come detto, il primo della classe. La tragedia è giunta perciò all'improvviso, in un clima assurdo. I nonni del giovane non si sono accorti venerdì pomeriggio della sua assenza da casa. Hanno pensato che fosse uscito per andare a studiare presso qualche compagno, come in altre occasioni. Non si sono insospettiti neppure quando non sono riusciti per quella sera ad entrare nel bagno, credendo in un primo momento che la serratura si fosse guastata. La mattina dopo hanno constatato con apprensione che il ragazzo non era rientrato a casa. Preoccupati, hanno cercato un fabbro per forzare il bagno, ma, a causa delle ferie, non hanno trovato alcuno. Allora hanno ripiegato su dei parenti, che abitano lì vicino. Questi, appena arrivati, hanno notato che la chiave del bagno era nella toppa, all'interno della stanza. La porta è stata abbattuta e agli occhi dei pa¬ renti è apparso uno spettacolo agghiacciante. Il corpo di Vittorio, nudo, era nella vasca. Le gambe sporgevano fuori: un seggiolino legato ai rubinetti teneva incastrato sul fondo un bacile dai bordi molto alti. Nel bacile v'era la testa del giovane, morto annegato in 40 centimetri d'acqua. Il decesso, dopo i primi accertamenti, pare risalga a venerdì. Quindi Vittorio non è mai uscito, ma senza farsi notare s'è chiuso nel bagno e ha realizzato l'incredibile congegno con cui s'è tolto la vita. Egli aveva anche temuto un pentimento all'ultimo momento e s'era messo in condizioni di non potersi sottrarre alla morte. Il sistema ha lasciato .perplessi sia il commissario Ezio Di Francesco, della Squadra Mobile, sia il prof. Athos La Caverà, dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Genova. Il prof. La Caverà ha detto che la meccanica di questo sui¬ cidio sfugge alla casistica ordinaria. E in effetti, per quanto in questo periodo i suicidi dei giovanissimi siano in aumento, in tutti i casi vi sono sempre motivi più o meno identificabili a monte della scelta assurda e disperata. La quindicenne Antonietta Langheu, che s'è gettata dalla finestra tre giorni fa a Genova, viveva con i genitori e nove fratelli in un appartamentino di un quartiere popolare. La ragazzina voleva vivere come i suoi coetanei, liberamente, secondo le abitudini di una città industriale del Nord, mentre i genitori conservavano la mentalità e i pregiudizi della Sardegna. Così pure nell'altro caso, di cui s'è occupato in questi giorni il prof. La Caverà, la diciottenne di Sori, suicida coi barbiturici a causa di un amore contrastato e di una cura dimagrante troppo intensa. Sono casi spiegabili anche se giustificabili soltanto in individui dal sistema nervoso già fragile per natura. Invece il suicidio di Vittorio Giacalone assume un profilo inquietante e misterioso. Data la passione con cui si dedicava allo studio della filosofia, qualcuno tra gli inquirenti ha voluto ricordare i modelli « culturali » dei filosofi stoici o dei monaci buddisti. Certamente le il dott. Di Francesco e il prof. La Caverà non l'hanno escluso) certe letture possono provocare tragiche scintille: ma è anche vero che le scintille provocano l'incendio soltanto se cadono su materiale infiammabile. Per cui, la soluzione più logica è che il giovane Giacalone, apparentemente tranquillo e chiuso in se stesso, covasse una nevrosi piuttosto grave. Il « male oscuro » non curato, anzi preso come una manifestazione di eccessiva serietà, è poi esploso in un afoso pomeriggio d'agosto. Paolo Lingua

Persone citate: Antonietta Langheu, Di Francesco, Ezio Di Francesco, Giacalone, Vittorio Giacalone

Luoghi citati: Alassio, Genova, Sardegna, Selva Di Val Gardena, Sori