Arrestato in Savoia il "boss,, dell'anonima sequestri sarda di Paolo Lingua

Arrestato in Savoia il "boss,, dell'anonima sequestri sarda ATTESA A GENOVA LA SUA ESTRADIZIONE Arrestato in Savoia il "boss,, dell'anonima sequestri sarda Giuseppe Sanna riuscì a fuggire dopo una sparatoria con la polizia sull'autostrada per Milano - E' sospettato di aver organizzato tre rapimenti dal corrispondente Genova, lunedì sera. E' attesa a Genova la estradizione del bandi¬ to sardo Giuseppe San¬ na, di 36 anni, di Sedilo (Cagliari), arrestato sa- baio mattina in Savoia, a Grésy-sur-Isère, e successivamente rinchiuso nelle carceri di Albertville. Il Sanna è stato fermato dalla polizia francese su segnalazione della Squadra Mobile di Genova e della Criminalpol della Sardegna. Il bandito è accusato di tentato omicidio pluriaggravato in seguito a uno scontro a fuoco con la polizia, avvenuto ad Isola del Cantone il 21 ottobre 1970. Sul latitante arrestato in Savoia pende anche un'inchiesta relativa a diversi rapimenti compiuti nell'isola tra il 1966 ed il 1970. Giuseppe Sanna è già comparso in corte d'assise per il sequestro del possidente Giovanni Loi, di Meoneli (Cagliari), nel gennaio del 1966. Condannato in prima istanza a 34 anni di reclusione, il Sanna fu poi assolto in appello per insufficienza di pròve. Successivamente fu sospettato del rapimento della signora Gardu, moglie dell'ex presidente dell'assemblea regionale, e dell'industriale milanese Andrea Foroni, fuggito rocambolescamente dalle mani dei rapitori poche ore dopo essere stato sequestrato nel settembre 1970. Il fatto clamoroso di cui il Sanna è stato protagonista, e dal quale sono poi partite le indagini della polizia, resta la sparatoria sull'autostrada Genova-Milano, due anni fa. » Alle 9 del mattino del 21 ottobre 1970 una « Giulia » targata Milano (la macchina risulterà poi rubata) forza un blocco della Polizia Stradale poco dopo il casello di Serravalle. Una vettura con due agenti balza all'inseguimento. La corsa sull'autostrada è brevissima, ma sembra ricalcare le sequenze dei più drammatici film gialli: stridore di gomme - sull'asfalto; ^esplosioni d'arma da fuoco;* scarti improvvisi. Gli agenti tirano alle gomme della « Giulia » e la bloccano, poi si gettano a loro volta in un fosso, non essendo in grado di affrontare il fuoco dei malviventi. Questi infatti, sono armati di mitra, mentre i due della Stradale non hanno altro che le pistole d'ordinanza. Gli agenti hanno però una mira migliore e, dopo pochi minuti di una sparatoria infernale, uno dei banditi si accascia al suolo, ferito al petto e a una spalla. Il complice riesce a fuggire e la successiva battuta compiuta da oltre cento uomini, tra poliziotti e carabinieri al comando del capo della Mobile, dott. Angelo Costa, non dà alcun risultato. Di qui l'accusa nei confronti dei due malviventi di tentato omicidio pluriaggravato. Il bandito ferito venne identificato poi all'ospedale di San Martino: si trattava di Francesco Serra, 34 anni, di Sassari, uno dei « boss » della malavita sarda. Il complice fuggito era Giuseppe Sanna. La successiva perizia balistica sul mitra del Serra, inceppatosi nel corso della furibonda sparatoria, consentiva di stabilire una precisa analogia fra i bossoli esplosi aloqsmrm«cscmdrl«vcrgIssdqcmsNsgtsln ad Isola del Cantone, durante lo scontro con la polizia, e quelli sparati contro l'industriale Foroni un mese prima, in Sardegna. Messo a confronto con Serra, Foroni, giunto espressamente a Genova, dichiarava: « Gli occhi e la corporatura coincidono. Potrebbe trattarsi della medesima persona che al momento del rapimento mi ha legato le matti dietro la schiena ». Altri pesanti elementi a carico dei due protagonisti della sparatoria erano nella « Giulia » rubata, sulla quale viaggiavano. In una valigia c'erano abiti eleganti, un berretto azzurro, due paia di guanti neri, due parrucche. I medesimi — o per lo meno simili — indumenti erano stati indossati da banditi sardi nel corso di numerosi sequestri avvenuti nei mesi precedenti, i La polizia ignora ancora i motivi per cui Sanna e Serra si trovavano sul continente. Non è improbabile — e questa è la tesi che trova maggior credito fra gli inquirenti — che i due intendessero spendere il denaro dei ricatti lontano dalla Sardegna, per non correre rischi. Paolo Lingua