San Pietro non va in ferie di Vittorio Gorresio

San Pietro non va in ferie IL FRAMMENTO PIÙ VIVO NELLA ROMA DI MEZZA ESTATE San Pietro non va in ferie La cattedrale della cattolicità è investita da una folla di pellegrini impropri, più turisti che fedeli: parecchi indossano gl'impermeabili di plastica nera sugli abiti succinti - La devozione vera si trasporta a Castel Gandolfo, la piccola Avignone dove Paolo VI passa le « cosiddette vacanze » - Tra l'attività diplomatica dal pesante protocollo e gl'incontri con i devoti d'ogni nazionalità, gli rimane poco spazio per il riposo: "Siamo un po' stanchi" Roma, agosto. « ... Una donna vestita di sole con la lima sotto i piedi, e sul capo una corona di dodici stelle. Era incinta e strillava nelle doglie del parto... »: così sentii gridare a mezzogiorno del 15 agosto da tutti gli altoparlanti nella basilica di San Pietro dove io stavo entrando per assistere ai riti per la festa dell'assunzione corporea di Maria Vergine in cielo. Davanti all'altare papale sotto il baldacchino del Bernini fuso col bronzo tolto dal Pantheon, un giovane sacerdote alto e biondo leggeva con accento piemontese il capo dodicesimo dell'Apocalisse: « ... Ed ella partorì un figliuolo maschio che ha da reggere tutte le nazioni con verga di ferro; e il figliuolo di lei fu rapito presso a Dio ed al suo trono». Seguiva tutta la storia del Dragone rosso — il Maligno — che aveva sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi e con la coda trascinava la terza parte delle stelle del cielo, ma poi fu vinto dagli angeli di Michele, e ancora inutilmente perseguitò la puerpera dovendosi infine accontentare di far guerra « al rimanente della progenie di essa, che serba i comandamenti di Dio e ritiene la testimonianza di Gesù... ». Un piemontese Alle migliaia di turisti venuti da ogni parte del mondo a riempire San Pietro il giorno di Ferragosto, il sacerdote piemontese leggeva le visioni di Giovanni e quindi un sardo suo confratello da un microfono all'altro capo dell'altare spiegò alla buona in un italiano da parroco di campagna il significato della storia: it Nell'Apocalisse la donna rappresenta la Chiesa, ma noi possiamo benissimo chiamarla la Madonna e io vi lascio immaginare la gioia dei santi del Paradiso quando Maria fu assunta in cielo ». ii Alleluia! », fece eco in ebraico il sacerdote piemontese e comandò ai fedeli seduti sulle banconate presso l'altare: « In piedi! ». Levatici, ascoltammo la promessa del celebrante sardo: it Come è risorta la Madonna, risorgeremo anche noi, perché i nostri corpi saranno ricomposti e saremo assunti in cielo anche noi col nostro corpo a con- dizione che ci mettiamo sulla stessa scala di questa verginella, come dice Elisabetta sua cugina ». Egli si riferiva al Vangelo di Luca ti, 42) che dal sacerdote piemontese ci fu letto in latino al punto in cui Elisabetta, anch'essa ripiena di Spirito Santo, saluta Maria con le famose parole: « Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno ». Nell'omelia di Ferragosto il racconto evangelico scadeva un e o i i a poco dal suo livello sacro, purtroppo; e proprio in quello che è il tempio maggiore ed il più insigne di tutta la cristianità. Anche a riguardo del modo che i cristiani debbono tenere per imitare Maria mettendosi « sulla stessa sua scala », il celebrante sardo mi parve un po' alla mano. Egli citò una lettera di San Paolo ai Corinzi — la prima — al capo XIII dove l'apostolo parla di carità: « La carità è paziente, è benigna; la carità non invidia; la carità non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente ma cerca.il proprio interesse, non si inasprisce, non sospetta il male, non gode dell'ingiustizia ma gioisce con la verità (...); ordunque queste tre cose durano: fede, speranza, carità; ma la più grande di esse è la carità. Procacciate la carità... ». Solo in visita Sono bellissime parole che il sardo ci spiegò alla sua maniera: ti Giusto: per imitare Maria procacciamo anche noi la carità mettendoci al servizio dei nostri fratelli più o meno bisognosi ». Quel « più o meno » strideva, e mi. sembrò fuor di luogo quasi che in chiesa — proprio in San Pietro — sentissi esprimere dubbio o riserva sulla realtà della presenza di veri bisognosi in questo mondo. Era come dire che se anche il bisogno non è poi tanto, bisogna pur crederci poiché — dice ancora San Paolo — la carità ti crede ogni cosa ». La sentenza del Santo è ineccepibile, ma interpretata dal sacerdote in quel modo banale essa poteva apparire diretta a scaricare le coscienze dei pellegrini di un giorno di festa, che non si dessero troppo pensiero tenendosi piuttosto alla pratica dell'elemosina facile. Fra la carità e le visioni profetiche la grandissima folla di Ferragosto in San Pietro era comunque parimenti distaccata dall'impegno e dal timore. Non era folla da santuari — come la immagino io — composta di pellegrini devoti in cerca di miracoli o benedizioni; era affatto turistica, venuta in una bella chiesa per assistere ad una delle cerimonie rinomate per chiara fama nel mondo intero, per ammirare il tesoro di San Pietro, discendere nelle grotte, ascendere alla loggia della cupola. C'erano molti impermeabili neri con cappuccio, quelli di plastica che l'ufficio informazioni vaticano concede in prestito ai visitatori insufficientemente vestiti. Generalmente le ragazze se li erano adattati a gonna annodando le maniche in cintura o ne avevano fatto dei sari dì guisa indiana. Indossati regolarmente erano pochi — quasi tutti da uomini — e in ogni modo lasciati aperti davanti, a dare mostra di gambe pelose ignude fino all'orlo di calzoncini da bagno. Anche in piazza, peraltro, quegli impropri pellegrini di Ferragosto offrivano uno spettacolo tutto profano, magari bello per l'animazione che poi era la sola da vedere in tutta la. città rimasta deserta e silenziosa nel resto delle sue vie e delle sue piazze. Soltanto quella di San Pietro era ingorgata di automobili, solo fra i colonnati e a ridosso del muro che congiunge il Palazzo Apostolico e Castel Sant'Angelo fioriva anche di festa il piccolo commercio sulle bancarelle e nelle edicole, e solo nella cerchia dei Borghi della ristretta città leonina erano aperti anche a Ferragosto bar. caffè, trattorie, tabaccai: segno che quando è festa a Roma è solamente nella sua parte sacra che non ci si riposa. Verrebbe quindi fatto di pensare ad una supremazia de/i'appeal religioso su tutti gli altri d'altra natura che pure contribuiscono a rendere attraente questa doppia capitale della nazione e de! cattolicesimo, ciò di che a buon diritto si rallegrano i credenti. Si deve ammettere però che la partecipazione religiosa non è fervente e che a Roma d'estate — fors'anche per l'assenza del Papa — si riduce ancora di grado con. l'afflusso del turismo di massa, sicché le stesse cerimonie in San Pietro tengono di sagra come le feste patronali di paese. Credo che i veri pellegrini in agosto vadano a Castel Gandolfo, dove ben altra è là compunzione e più entusiastica la fede. Nel locale palazzo pontificio e nella villa Barberini con l'annesso bel parco, Paolo VI ha difatti una nuova piccolissima Avignone debitamente protetta dal medesimo diritto extraterritoriale che copre la Città del Vaticano. Egli vi trascorre le proprie it cosiddette vacanze », come le Ita definite il 13 agosto parlando a quattromila pellegrini convenuti in cortile a recitare con il Papa l'« Angelus Domini »: it La vostra presenza Ci interroga silenziosamente e pare a Noi che Ci chieda: e il Papa, in vacanza, che fa? Oh, figli carissimi, ve lo diciamo subito; anche Noi godiamo un po' di questo dono che il Signore ci regala. Respiriamo questa aria buona, ammiriamo la bellezza di questo quadro naturale, gustiamo l'incanto della luce e del suo silenzio e cerchiamo anche ristoro alle Nostre povere forze, che sono sempre scarse ed ora anche un po' stanche ». Difatti il Papa lavora sempre, anche nella sua piccola Avignone di Castel Gandolfo, magari diminuendo un poco il suo lavoro burocratico, ma non davvero quello proprio della sua missione di servo dei servi di Dio: il lavoro pastorale non può cessare perché « il motore apostolico non si ferma». Elmi e corazze In verità, nemmeno quello burocratico gli cessa del tutto: il 10 agosto gli è toccato ricevere per le credenziali diplomatiche il primo ambasciatore della Repubblica democratica del Sudan, sua eccellenza il signor Sayed Salah-el-Din Osman Hashim, e dopo due giorni il nuovo ambasciatore di sua maestà il re dei belgi che è sua eccellenza il principe Werner de Mérode, con relative cerimonie animate da prelati di anticamera, elemosinieri, consultori dello Stato vaticano e guardie svizzere in corazza elmo e alabarda; tutto un balletto protocollare tra la sala del trono e quella del concistoro. Questo sarebbe ancora nulla — a parte la noia sempre connessa a simili rituali — in paragone con la fatica di accogliere i tanti pellegrini e dì salutarli nelle loro lingue rispettive, o comunque in inglese quando si tratti — come gli è accaduto il 9 agosto — di ucrai¬ ni arrivati dalla Gran Bretagna, o di giapponesi dell'Università di Nanzam, o di lituani — il 16 agosto — procedenti da Cleveland. E poi per ciascun gruppo è necessario che egli trovi qualcosa di specifico da dire perché ognuno si senta identificato: e non è sempre facile. Ai lituani difatti non gli è riuscito di dire gran che: « Sappiamo che vi siete dati con entusiasmo ad apprendere le danze del vostro popolo. Speriamo che manteniate questo stesso entusiasmo in tutto il resto che fate». Potere del canto Gli capita di doversi indirizzare ai giovanetti della Frankford High School di Filadelfia: ti Sappiamo che vi siete scelti il nome di "ambassadors of song", ambasciatori del canto. Noi preghiamo che l'esempio delle vostre vite e la gioia del vostro canto possano davvero servire a condurre gli uomini al rispetto reciproco e alla pacifica fratellanza». Quel giorno era un incontro di canzoni: « E' venuto 1 a visitarci anche un altro gruppo corale, ì "Pueri Cantores" della cattedrale di Westminster a Londra. Vdstro è il privilegio di levare lè vostre voci al canto di lode al Signore per proclamare la sua gloria. Ci sono momenti — riconobbe il Papa — che la bellezza di Dio e i sentimenti dell'animo umano possono esprimersi al loro meglio solamente col canto ». E così è quasi tutti i giorni, più volte in ogni settimana, con maggiore frequenza in quelle che comportano festività. Non ha un mestiere 'facile il Papa, e Paolo VI ha ragione a confessarsi stanco ed a sentirsi sopraffatto dal dovere, proprio nei giorni dell'anno che per moltissimi altri sono di riposo senza pensieri. Perenne incombe su di lui anche nel ritiro della nuova piccola Avignone il peso del vicariato divino, che è soprattutto un continuo pensare alla salvezza degli uomini e quindi un preparare sempre nuovi programmi: si dice infatti, per esempio, che il 7 ottobre prossimo — giorno dedicato alla Madonna del Rosario, festa liturgica di rito doppio di seconda classe in memoria della battaglia navale di Lepanto (1571) — egli vorrebbe indire un « Anno del Rosario », ciò che sarebbe un'annata intera da consacrare al culto di Maria. L'idea parrebbe semplice oltreché meritoria, ma Paolo VI sa e considera, pensosamente, come essa implichi laboriosi problemi organizzativi in lungo e in largo per tutto il mondo. Vittorio Gorresio Roma. Ecumenismo turistico in San Pietro e nei palazzi vaticani (Foto Team)