Il nuovo realismo di Marziano Bernardi

Il nuovo realismo "DOCUMENTA,, A KASSEL Il nuovo realismo A Kassel nella famosa mostra « Documenta » espongono anche una donna nuda. Non è un bello spettacolo: una magrolina insignificante, di curve matissianc neppur l'ombra. Un pittore, uno scultore (come chiamarlo?), imbottito di cattive letture e di chiacchiere fumose, la presenta non come un'« opera », s'intende, ina come un suo « messaggio » importante. Per il fatto che la donnetta è legata al muro da un guinzaglio di fil di ferro al modo d'un cane da guardia, pare che sia una «chiarificazione» ideologica. Comunque, dato che l'arte visiva intènde trasformarsi sempre più in un mezzo di comunicazione, d'ogni comunicazione, anche della privacy di colui che, per la sòia azione del « comunicare », si autoproclama artista, l'espositore è persuaso di identificare il proprio «comportamento» politico, sociale, morale, religioso, con un risultato estetico: che sarebbe una donna nuda con un collare da cane. Di analoghi comportamenti, polli morti, automobili sfondate, ricuperi della memoria altrui dei quali non c'importa nulla, abbiamo dato qualche esempio recensendo la Biennale di Venezia. Ma a Kassel la tesi dell'organizzatore di « Documenta ». Harald Szeemann, è che bisogna liberare il pubblico dal dilemma dell'accettare o rifiutare in blocco una specifica espressione artistica, proponendogli prima « la realtà dell'immagine », poi « la realtà dell'immaginato », infine « il problema dell'identità o della non-identità dell'immagine e dell'immaginato ». Parole un poco oscure. In concreto, egli ha invitato, con altri Super-realisti dell'ultima leva artistica americana, Duane Manson, che espone dei manichini di plastica policroma illusoriamente « veri » fino ai capelli, ai baffi, alle barbe naturali e alle sdruciture dei blue-jeans. Tra codesti fantocci ve n'è uno che simula Duane Ilanson a cavalcioni d'una sedia con tanta fedeltà che non si distingue se sia lui in carne ed ossa o un finto sosia. In un libro che ora compare in Francia, dove la nouvellc vagite realistica degli Stati Uniti sembra debba avere riflessi immediati in esposizioni annunziate a Parigi (e si rammenti che la moda artistica non c più dettata da Parigi, ma da New York e dalla California), Udo Kultcrmann così definisce questa gara col Museo Grévin: «L'uomo coi suoi vestiti di tutti i giorni, con gli arnesi che adopera, col pezzo di caria bit/tato, con gli imballaggi e i rifiuti, tutto ciò appartiene a/l'atto realistico»; e si richiama alla fotografia che riproduce con infallibiliià indifferente, a Courbet che trovava la bellezza negli aspetti più diversi «al centro della realtà*', si rifa insomma (che schifo!) alla vituperata tradizione realistica dell'Ottocento. Ma la fotografia di Daguerre ha crntoquaranl'anni, il Realismo di Courbet più d'un secolo. I peli di barba dei manichini di Duane Manson, la « Cafctcria » veristicamente di* pinta da Richard Estcs, sono piuttosto l'esasperazione, o il rigurgito ipertrofico, dell'onda ta Pop degli Anni Sessanta (e proprio nell'accezione di arte immediatamente compren sibile dal « popolo »; tant'c ve ro che lo Szeemann chiese, senz'ottenerla, all'Unione Sovietica e alla Cina una cam pionatura per « Documenta » tifile loro oleografie politiche) La quale ondata ruppe l'incan tesimo di tutti gli Astratti snii, specie dell'Espressionismo astratto, appunto di marca americana. E qui è opportuno aprire una parentesi. I Fratelli Fabbri, nella collana «Grandi monografie» di retta da Ezio Gribaudo, han no pubblicato adesso il son tuoso volume Willem de Kooning, di Gabriella Drudi. Su perfluo ricordare al lettore chi è de Kooning: uno dei « ver tifi », a partire dal 1950, della pittura newyorkese in dialettica reciproca compenetrazione d'A Strattismo ed Espressionismo. Nato a Rotterdam nel 1904, emigrato clandestino negli Stati Uniti nel '26, per lunghi anni oste to e incompreso. scpsvzdcDceiseafbtrcs«lisqlsscl o a o i a a . , i . salì alla fama e alla ricchezza con la granile stagione della pittura «d'azione», quando il suo quadro Woman l apparve una meravigliosa conciliazione di « gesto » pittorico e di «figuratività» (a parte la circostanza che la suddetta Donna sia un mostro orrendo con gli occhi loschi sbarrati e la bocca ghignante). « Dopo il '60 — scrive la Drudi — le sue forme non sono che gestì, e gestì capaci di richiamare a se le ipotesi molteplici delle forme. Sono questi fra i più bei quadri della storia dell'arte moderna ». Tra essi, le varie versioni, riprodotte nel libro in nero c a colori, di Woman in Landscapc, del 1968, cioè della «Donna nel paesaggio». Qui la dialettica che dicevamo c in pieno risalto. Ne viene che se questi dipinti avessero un qualsiasi diverso titolo, per la loro « lettura » sarebbe lo stesso: ciò senza menomare lo splendore del colore, la ricchezza delle relazioni cromatiche, l'impeto «Iella pennellata. Ma quando si dice IPoman in Landscapc, si dà per scontata che l'osservatore debba vedere una « Donna nel paesaggio», e interessarsi al suo rapporto umano con la natura circostante, al gioco di forme e di luci con cui essa si inserisce in un ambiente, che non è ne una stanza ne una strada: come può avvenire guardando un quadro di Monet o di Renoir. A costo di cadere in una compatita ingenuità, insisto. Un'edizione di Guerra c pace stampata in caratteri russi ch'io non capisco c non leggo potrà incuriosirmi, riuscirmi magari grade.volc; ma la sublime meditazione del principe Andrea ferito e inerte sul campo di Austerlitz, rimane per me lettera morta in una scrittura tipografica incomprensibile. Così Woman in Landscapc: forse un capolavoro; ma come intenderlo? Non si dica che bisogna intenderlo unicamente attraverso il linguaggio della pittura che basta a se stessa; non si tiri in hallo ancora una volta la polemica definizione eli Maurice Denis, del quadro ch'è «anzitutto una superficie piana ricoperta di colori disposti in un certo ordine-». La pittura, come la poesia, la narrativa, la musica, è qualcosa di più che un linguaggio, il qttac c un mezzo e non un line; e nessuno pensa alla superficie piana davanti al Masaccio del Carmine. E' dunque forse giunto momento d'essere espliciti. Tanto rapidi e tumultuosi sono oggi i mutamenti del gusto, che il giudizio della Drudi, datato 1970, in questo 1972 ià bruciato; e de Kooning rischia di non far più scuola ai giovani. Molti dei quali, in numero crescente, e con essi un pubblico enorme, sono sazi di decenni di gesticolazioni private, sia pure intensamente e sinceramente sofferte, degli artisti infatuali tiri «linguaggi». Di qui la reazione del Super-realismo con le farneticazioni del «comportamento». E non è affatto vero the, come sostiene il Kultermann, siali stali gli artisti della Pop, specialmente Warhol c Lichtcnstein, a farci prendere coscienza della molteplicità del reale che ci circonda. Questa realtà è sempre stata sotto gli occhi degli artisti; il pubblico l'ha sempre amata e chiesta all'arte; peggio per chi non ha saputo vederla. E non è neppur vero, come afferma il critico Pierre Favcton, che gli artisti super-realisti dipingano minuziosamente la realtà per rabbia e derisione, perche intorno ad essi non c'è più altro, e «l'essenziale è finalmente ciò clic non si vedi più, o ciò che non si osa più guardare ». La dipingono invece convinti che bisogna uscire da un vicolo cieco. Ma cadono in un nuovo errore. La realtà artistica non si cerca nel pelo della barba c in nessun altro «vero» fotografico. L'hanno cercata altrove Raffaello, Caravaggio, Rembrandt, e prima di loro Giotto, e dopo di loro Cézanne, per vie tutte diverse: convergenti nel tramite segreto d'una comunicabile poesia. Marziano Bernardi sddepadlsMn