Praga ricorda in silenzio di Luca Giurato

Praga ricorda in silenzio La Cecoslovacchia 4 anni dopo l'invasione Praga ricorda in silenzio Tutta la polizia è mobilitata, 80 mila russi sono accampati nei sobborghi, i recenti processi hanno tolto alla gente ogni volontà di parlare - La stampa pubblica solo i comunicati del partito, espulsi 1200 giornalisti (Dal nostro inviato speciale) Praga, 19 agosto. Il quarto anniversario dell'invasione della Cecoslovacchia trascorre nell'atmosfera rassegnata e abullca della « normalizzazione ». Non si prevedono manifestazioni di rilievo; è improbabile che vi siano incidenti. « Qui a Praga — ci ha detto un osservatore — potrebbero avvenire scontri nei momenti più impensati, ma non il 20 agosto. Tutta la polizia e mobilitata. Chi ha il coraggio d'essere il primo a provocare un incidente? ». In città non si vede un solo soldato russo. A pochi chilometri, ce ne sono 80 mila. Dopo quattro anni, la presenza degli uomini del tenente generale Ivan Ivanovich Tenishchev sembra aver fatto svanire tutte le speranze; la « resistenza pubblica » si è spenta. Si è rotta l'alleanza degli operai con gli intellettuali e gli studenti e Husak ha avuto partita vinta proprio quando è riuscito a dividere questi tre «pilastri del progressismo» ceco. Gli operai, oggi, sembrano indifferenti alla politica e in tre anni non hanno mai reagito alla lenta ma inesorabile epurazione dei leaders sindacali dell'«autogestione operaia». Gli studenti sono quasi tutti in vacanza nei campi di lavoro; sui muri e nei corridoi delle facoltà sono scomparse le scritte antirusse; i pochi eredi di Jiri Muller scontano i loro «generosi errori». Tra gli intellettuali, la maggior parte preferisce tacere piuttosto che assoggettarsi alle esigenze del regime. «In questa situazione, anche il silenzio diventa significativo». Chi ha preferito agire (Huebl, Tesar, Sabata) è in carcere per «sovversione». A Praga si insiste nel dire che i cecoslovacchi non accetteranno mai l'occupazione russa, ma oggi il Paese sembra definitivamente assoggettato ai voleri di Mosca, e Breznev ha confermato ai dirigenti la «patente di buona condotta». Husak ha avuto pieno appoggio anche per processi politici che in un mese hanno mandato In carcere 46 rappresentanti dell'intelligeneija ceca. La Pravda ha definito gli amici di Dubcek «persone che hanno violato il codice penale». A soli tre giorni dal giudizio dell'organo del partito comunista dell'Unione Sovietica, Husak ha rotto il silenzio e per la prima volta ha giustificato i processi, muovendo nuove accuse ai dubeekiani. « I revisionisti hanno portato la Cecoslovacchia sull'orlo detta catastrofe». Husak è al potere da tre anni e mezzo. Dire che l'accusa che egli rivolge ai «revisioni sti» potrebbe essere girata al suo regime sarebbe inesatto. Oggi la Cecoslovacchia non è un Paese sull'orlo della catastrofe e basta girare per le strade di Praga e Brno per rendersene conto. Le vetrine dei negozi sono ricche di merci, le strade e i locali pubblici sono pieni di gente. Al di là del fenomeno contingente dell'invasione dei turisti (i tedeschi calano dal Nord e gli italiani risalgono dal Sud) il regime è riuscito ad aumentare la produzione e a contenere l'inflazione strisciante. Nel '71 ha abbassato i prezzi di alcune merci, vestiti ed elettrodomestici. Sotto la superficie della normalità, il prezzo pagato dai cechi al «consolidamento» è molto duro. Le riforme del «nuovo corso» sono state revocate e sconfessate. I dirigenti della «primavera» destituiti o incarcerati. Tutti i «posti chiave», compresa la magistratura, sono stati affidati ad anziani funzionari disposti ad avallare acriticamente qualsiasi decisione del regime. Le epurazioni nei ranghi del par. tito hanno superato il mezzo milione. E' abolita qualsiasi forma di manifestazione: la repressione della polizia è durissima e quando non si rischia l'arresto per gli studenti v'è il pericolo di non poter più frequentare l'Università e per gli operai di perdere il posto. La censura importata dai russi subito dopo l'invasione non funzionava. «La censura sostanzialmente non funziona perché è difficile trovare abbastanza censori» disse nel marzo del '69 un collaboratore di Zitrek ad Arrigo Levi. Il nostro viene una volta la settimana, parliamo, ci dice: «Vi prego, vijtrego, non scrivete niente contro i russi, ci complica le cose, per favore!». «Così si fa la censura». Quando l'hanno capito, i dirigenti sovietici hanno «passato la mano» ai funzionari «stalinisti» cecoslovacchi e i risultati si sono fatti vedere subito. La stampa, spregiudicatamente progressista con Dubcek, ora è mortificata. Milleduecento giornalisti sono stati espulsi dall'Associazione stampa. Sono state soppresse le testate più combattive: Politika, Zitrek, Reporter. I giornali pubblicano i comunicati ufficiali del partito ed è stata abolita qualsiasi discussione sui gganilpgccplidP—qledztnbsnrfvaC5rvcbmc1sgztgAn1bg«iGzRdc grandi problemi interni. Un giornalista occidentale può avere solo colloqui clandesti. ni. Le persone che hanno perso il posto di lavoro per motivi politici sono decine di migliaia. In maggioranza, sono comunisti del «nuovo corso» che devono adattarsi, per sopravvivere, ai lavori più umili. «Lo Cecoslovacchia — ha detto con amara ironia Jiry Pelikan dal suo esilio italiano — ha la mano d'opera più qualificata del mondo». Ex leaders politici fanno i giardinieri, ex professori i magazzinieri, ex medici i portantini o infermieri, ex giornalisti gli autisti di tassì. Loebl ha parlato di «genocidio spirituale». Valerio Ochetto, nel suo libro No, signor referente, ricorda che «dalla sola facoltà di Medicina dell'Università Carlo di Praga, la più antica del Paese e dell'Europa Centrale, sono stati licenziati 53 professori, ddlla facoltà di Lettere 56. Gli insegnanti devono giurare di essere fedeli e, da quest'anno, anche di essere attivi in qualche organizzazione del regime». Luca Giurato