Olimpiade "über alles,, di Giovanni Arpino

Olimpiade "über alles,, MONACO VERSO LA PARATA DEI 10.000 ATLETI Olimpiade "über alles,, II sogno ellenico del barone De Coubertin ha dato vita a un apparato burocratico immenso, un traguardo politico ("qualcosa di unico, memorabile, imbattibile"), una gara di atleti che in pochi minuti bruciano gli sforzi di anni - Un computer che lavora dalle sette del mattino a mezzanotte ha previsto perfino gli attentati, lo spaccio di stupefacenti, le prostitute d'alto bordo (Dal nostro inviato speciale) Monaco, agosto. Da mesi la vanno ribattezzando con mille nomi: Olimpiade miliardaria, Olimpiade a tre piste, megalofiera del muscolo. Olimpiade « uber alles ». Nata con fermi propositi culturali — tanti polpacci e medaglie, si, ma anche tanti concerti, balletti, commedie — ha subito spinte di autentico fanatismo costruttivistico e organizzativo. E' governata da un computer che tutto sa e coordina, il Golym: immediatamente voltato in Golem, sinistra creatura matrice di tutti i Frankenstein letterari. Ha come portafortuna totemico un animaletto di pezza, un bassotto: ma anche qui, chissà per quali vie inconsce, la letteratura si vendica. Non era forse un bassotto di nome Max il simbolo che un giovanissimo personaggio voleva mettere a fuoco nel romanzo di Giinther Grass, Anestesia locale? Di questa ventesima edizione olimpica si sa tutto, è stato scritto tutto, cifre e tabelle e curiosità. Deve essere soltanto consumata dai punto di vista atletico. Al primo colpo di pistola d'uno starter, il 27 agosto, già dimenticato lo sfarzo inaugurale del giorno precedente, i Giochi ritroveranno di colpo la loro purezza, cancellando le tonnellate di informazioni che da settimane e settimane s'irradiano da Monaco verso ogni angolo del mondo. Lunga attesa L'attesa è slata troppo lunga, troppo reclamizzata, troppo infarcita per poter reggere un solo giorno di più. Mai spettacolo si è imposto — fino alla nausea —' prima ancora di cominciare. Solo la ferocia agonistica dei diecimila atleti di ogni colore convenuti in Baviera potrà ristabilire una verità; un interesse. L'organizzazione assicura di aver previsto tutto, persino gli attentati, ì tentativi degli spacciatori di stupefacenti e l'arrivo a Monaco di centinaia di prostitute'di alto bordo. Golym-Golcm ha sfoderato cifre, segnalazioni, schede perforate lavorando dalle sette del mattino alla ■mezzanotte. Cani poliziotti annuseranno bagagli e persone, battaglioni di agenti perlustreranno la città, neppure una bandiera dovrà essere rubata da qualche fanatico rosso o nero. Anche i granelli di polvere che potrebbero inceppare questa colossale macchina sono stati catalogati\ perciò tutti attendono con sinistra curiosità di vedere dove e come s'aprirà l'incrinatura inevitabile, la falla — grottesca o drammatica — c/te in ogni Olimpiade non è mai mancata. Willy Daume. il cinquantaquattrenne presidente del comitato organizzatore, ha confessato di dibattersi ormai in incubi notturni, conditi di problemi tecnici, finanziari, organizzativi, diplomatici. E, come ogni manager alla vigilia della sua più grande impresa, ha finito per sospirare: « Mi sono chiesto se ne vale la pena. Il mondo non migliorerà con le Olimpiadi: significano molto, ma sono solo pur sempre dei giochi... ». Dove si vede che la grande illusione decoubertiana, sollevando ideali, ha finito per produrre un gigantesco « affare » e sommuovere un vulcano di interessi contrastanti. Figlio di un sogno ellenico, il barone De Coubertin certo non crederebbe ai suoi occhi nel vedere cosa è diventata la nuova Olimpia: un apparato burocratico immenso, un traguardo politico (fu proprio Strauss a suggerire agli organizzatori di fare « qualcosa di unico, memorabile, imbattibile n) e, nel cuore, una lotta di professionisti del muscolo che nel giro di pochi secondi, pochi minuti, bruciano gli sforzi di anni. La « meglio gioventù » del mondo si appresta a recitare uno spettacolo di centocinquanta ore televisive, assistita da tecnici, esperti, medici, psicologi che nel fatto sportivo hanno trovato materia dì studio e di affermazione. Come certi chirurghi spagnoli, specializzatisi in ferite da corno e quindi legati al mondo delle arene, così intere categorie di addetti ai lavori vivono (e talora benissimo) curando un polpaccio, un tendine praticando iniezioni, confessando spiriti stracciati dalla tensione nervosa. Il dilettantismo di De Coubertin, strenuamente difeso dall'arcigno e ormai pensio¬ nabile Avery Brundage, appartiene oggi al pescatore solitario in riva a un fiume o ai giocatori di bocce sui sentieri di campagna, non certo ai campioni olimpici, crudelmente allevati allo sforzo e di fronte ai quali un Mazzola, un Netzer, un Rivera, un Pelé, sono dei ragazzacci che tutt'al più s'impegnano un'ora o due al giorno. Con il crepuscolo del dilettante è nata la grande Olimpiade, altrimenti priva di suggestioni: folle immense hanno riversato sugli atleti un interesse morboso e insieme favolistico. Tarzan Weissmuller ieri e Mennea oggi sono ì cavalieri insidiati da oscuri nemici, gli enormi lanciatori appaiono come orchi capaci anche di qualche tratto di bontà, un ininterrotto corteo di reginette e Cenerentole bianche e nere ha commosso, nuotando e correndo, il sentimento popolare, mentre un Abebe Bikila o un Franco Arese sono apparsi come il ragazzetto pellegrino in viaggio dagli Appennini alle Ande. Allo scientifismo esasperalo su cui poggiano le diverse specialità fa riscontro il giudizio di gente ignara, che si accosta all'impresa di un centometrista o di un maratoneta approvandolo o respingendolo solo per emozione, mai per conoscenza. Dolorosa fatica E tuttavia è vietato scherzare: alle Olimpiadi di Saint Louis, nel 1904, lo spirito americano di frontiera potè ancora proporre una corsa con passaggio attraverso i barili. Roba da Wodehouse, capace di inventare un personaggio romanzesco quale Berto Wooster, che con due cugini gemelli organizzava le sue personali Olimpiadi di cani-pugna, tra frastuoni di pignatte, corse con l'uovo nel cucchiaio c misurazione dei sernioni più lunghi. Oggi la serietà, la fatica, il dolore autentico di ogni sedicenne o ventenne impegnato respingono giudizi snobistici. Oggi l'aspirante olimpionico è solo più un pallido erede dell'homo ludens, in realtà appare organismo sollecitato a prove tremende, che interessano le sue gambe ma anche (e forse più) il suo fegato, i riflessi nervosi e la rapidità di recupero, gli intestini e la capacità polmonare. E solo un uomo sobrio e schietto come Franco Arese può confessare apertamente il i tipo d'intossicazione da alle¬ namento. Allenarsi troppo costituisce una rara forma di droga,- a cui cedono molti, per smania di strafare e per l'ebrietà fisiologica che ne deriva. Si può credere a un testimone come il nostro mezzofondista, che da anni consuma trenta chilometri al giorno, che in un aeroporto, se l'apparecchio è annunciato in ritardo, subito sfila la tuta e fa qualche giro nei prati. Piste e pedane E qui va indicata l'enorme distanza che divide l'atleta dal suo « consumatore », cioè lo sportivo seduto. Quando lo stesso Arese, campione d'Europa e ormai personaggio familiare, acquisito dal pubblico, si allena, subito è tallonato da codazzi di gente che pedate o si sporge dai finestrini dell'auto compiacendosi, incitando. Ma quando, all'alba di ogni mattina. Bepi Mavaracchio, ventenne torinese, esce di casa e sì avvia in tuta verso Piazza d'Armi, deve ignorare gli sberleffi di camionisti, netturbini, « ninfe » ritardatane. Il sogno olimpico suo è ancora più. solitario ed amaro. Si dice che il Golym-Golem sappia addirittura ì nomi dei vincitori di Monaco, ma prudentemente non è stato sollecitato a segnalarli. Non si deve abusare di un computer mentre è d'obbligo lasciare spazio almeno alle grandi incognite finali. Anche un'Olimpiade « uber alles it deve rispettare l'intima incertezza dello sport, il suo risvolto più drammatico. Dopo il 10 settembre, data di chiusura, Monaco si troverà in possesso d'un quartiere residenziale in più. di cinquemila piante nuove, di prati e piscine e ferrovie metropolitane. E del famoso tetto firmato da Giinther Behnisch, cinquantenne di Stoccarda, che ha ricoperto lo stadio con un mare di vetro acrilico mosso come il dnrs* di un mostro da fantascienza giapponese (la più ingenua). Il tetto è garantito per dieci anni, poi si vedrà. Perché risulti utile, o almeno non danneggi, è indispensabile che non piova, non faccia troppo caldo, non spiri il favonio stimolatore di essudazioni. L'architetto Behnisch e il suo vetro acrilico hanno fatto da bersaalio a migliaia di critiche. C'è chi ha subito consegnato l'opera ai cataloghi d'arte, chi ha condannato questo mantello di drago e la sua dubbia funzionalità. Per ora si può dire che è stato in grado di deviare l'attenzione di molti: dal 26 agosto gli occhi di tutti abbandoneranno quelle ondate crostose per abbassarsi sulle piste e sulle pedane. a Sugli equivoci Re e presidenti di repubblica, grandi attori e principesse, registi di fama mondiale, gente del jet-set affolleranno Monaco: tra i tanti, un ex protagonista, il nuotatore americano Don Schnllander, ormai nemico giurato di queste edizioni viziate di elefantiasi. Dall'alto delle cinque medaglie d'oro conquistate in anni non lontani. Don Scholiander sbarcherà a Monaco (a sue spese) per contestare, anche se da un punto di vista molto sportivo e nobile. Il Tarzan biondo è contro tutto: i criteri selettivi, l'organizzazione, Avery Brundage, l'etichetta sbiadita del dilettantismo, gli equivoci di base di tutto il complesso mondo olimpico. Avrà modo di parlare? Soprattutto troverà ascoltatori? La micidiale macchina olimpica trascina e conquista. Alla legittima noia attuale, provocata da valanghe di notizie e curiosità che non incuriosiscono più nessuno, subentra il gioco vero. E anche Don Scholiander cederà al suo fascino, che è privo di enfasi, che è sublimazione, dello sforzo umano. Qui l'effimera vita olimpica vibrerà ancora. In questo momento, solo pochi volti aggrondati passeggiano e guatano in Monaco. Sono esperti e organizzatori canadesi, incaricati di misurare lo sforzo tedesco, di imparare segreti utili alla futura Olimpiade, da giocare nel '76 a Montreal. Si dicono e si dimostrano preoccupatissimi. Sulla strada del gigantismo, come fermarsi? Potrà il Canada affrontare la folle spesa dei prossimi Giochi? C'è già chi dice, cinicamente: non avrai un'altra Olimpiade fuori di questa: la Ventunesima deve tornare nei prati, addio al tartan e a tutte le sue pompe. Ma la previsione non suscita eco. Oggi comanda solo il richiamo di Monaco: diecimila apprendisti stregoni si apprestano a danzare sulle sue braci d'oro e d'argento. Giovanni Arpino i i Monaco, Il tedesco diciottenne Giinther Zaini che accenderà la fiaccola olimpica durante la cerimonia di apertura dei Giochi (Tel. Associated Press)