Giudici di pace?

Giudici di pace? IL RAPPORTO SULLA GIUSTIZIA Giudici di pace? Merita tornare, in questa pausa estiva, sulla seconda relazione del Consiglio supcrio¬ re della Magistratura, relativa all'anno lf)71 e distribuita il maggio scorso. Il titolo è « Società italiana e tutela giudiziaria dei cittadini »: già da esso appare come l'interesse del Consiglio nelle densissime 650 pagine della relazione sia incentrato sul divario oggi esistente tra la società italiana in tutti i suoi sviluppi e l'organizzazione giudiziaria. La prospettiva della relazione poggia quindi su una benintcsa interdisciplinarictà tra diritto e scienze economiche e sociali: non più quindi «dottrina pura "o del diritto, bensì esame dell'ordinamento come sovrastruttura della comunità. La relazione si apre affermando che nessuna riforma giudiziaria può fermarsi all'esame delle disfunzioni tecniche, ma deve rinvenire le cause profonde della disfunzione stessa. Già la precedente relazione del Consiglio (« Realtà sociale e amministrazione della giustizia ») aveva presentato un'ampia panoramica dei problemi della giustizia in Italia, illustrandone le discrasie con i mutamenti sociali. L'attuale relazione approfondisce l'argomento e lo sviluppa nella prospettiva di una ricerca sulla coerenza tra realtà sociale e giustizia e sui modi per far sì che la giustizia assuma la funzione non solo di tutela, ma anche di promozione dei diritti individuali e collcttivi. Infatti oggi, se continua ad appartenere ai giudici il compilo di garantire i diritti de cittadini contro gli attentati da qualunque parte provengano, spetta anche ad essi, entro certi limiti, di promuoverne l'esercizio effettivo. I magistrati vedono, insomma, l'ordinamcn to giuridico come ordinamento «a funzione promozionale », e scorgono in tale ordi n.tmento un nuovo compito ad essi riservato, per esempio nei campi della tutela della salute, del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico della nazione. Sono campi nei quali i diritti dei singoli diffusi nella collettività hanno bisogno di essere resi in qualche modo «azionabili»: si pensi in questi campi al potere concesso al giudice di emettere provvedimenti inibitori che eliminano con efficacia immediata le situazioni lesive degl'interessi collettivi. * * Viene affermata insomma la necessità in tutte lettere di assunzione piena da parte della magistratura di questo nuovo ruolo non formalisticamente, ma sostanzialmente garantista perche « un intimo nesso lega le strutture giudiziarie alla vita sociale, econqmka e politica di un Paese», come diceva lo Zanardclli: |ter cut il giudice di domani dev'essere un uomo « il cui sapere sia illaminalo dal senso della partecipazione al proprio tempo », e nella di lui azione devono rispecchiarsi « l'ossequio alla norma e la tendenza dì fare della propria decisione un atto espressivo, c non impositivo, rispetto ai sentimenti che spingono sulla via del progresso ogni comunità umana ». Il giudice si trova oggi da vanti ad « una sterminata do manda di giustizia ». Le carenze sono evidenti, e vengono qui sottolineale. Il flusso degli affari civili è tale, per cui me diamente ogni anno 'fi procedimenti vengono esauriti |ter ogni 100 procedimenti sopravvenuti: il che porta ad un ri tardo che si moltiplica in progressione geometrica. Il flusso penale presenta un « indice di smaltimento» un po' più soddisfacente, ma la maggiore ra pidità deriva dalle ricorrenti amnistie, lutine le controversie in materia di lavoro presentano sempre più alti incrementi, ed in quasi tutti i distretti meridionali l'incidenza dei procedimenti in materia previdenziale ed assistenziale presenta valori di gran lunga superiori alla media nazionale (il che, in parole povere, vuol dire che da Roma in giù le inadempienze alle leggi che tutelano i lavoratori sono smisuratamente più elevate che al Nord). Infine, la domanda di giustizia risulta ampiamente falcidiata dall'inesistenza pratica d« mbtchpoliridestbtocaoiatedcosczpradgsu«vreeuvcetàalncpdgleursmmlrrdocpssimse a o e o o e i di un gratuito patrocinio: « L'affermazione di Ovidio lamia cttriae chiusa est pauperibtts (la porla della giustizia è chiusa per i poveri) e purtroppo ancora oggi pienamente valida ». Fra le due strade teoricamente possibili — quella dell'istituzione d'appositi uffici statali per la difesa dei non abbienti e quella dell'affidamento della difesa alla libera avvocatura con pagamento degli onorari da parte dello Stato — ia relazione sceglie decisamente la prima, mentre il disegno di legge governativo ch'era in corso d'approvazione aveva scelto la seconda: e le motivazioni sono assai convincenti. Il Consiglio superiore si è posto il problema di una più rapida e più efficace giustizia discutendo anche, senza però giungere a una maggioranza, sull'opportunità d'introdurre «un giudice di pace» che dovrebbe in primo grado risolvere le controversie di modesta entità. Tale giudice, secondo una parte del Consiglio, dovrebbe essere monocratico (cioè costituito da una sola persona), elettivo (onorario) e di equità; cioè potrebbe sostituire gli attuali pretori e i tribunali nell'ambito delle controversie minori. Ma su questo la polemica c stata vivacissima. I fautori del giudice di pace prospettano l'ottenimento di due risultati: apprestare una giustizia rapida e gratuita per le vertenze di modesta entità e rendere possibile la migliore utilizzazione della magistratura di carriera per la pronta soluzione delle controversie di maggior rilievo. Con la riforma, inoltre, si raggiungerebbe lo scopo ulteriore di «chiamare il popolo a partecipare direttamente all' amministrazione della giustizia ». Da secoli ormai la giustizia opera in una specie di vuoto completamente distaccata dal pubblico; si verrebbe così a co stituire, alla base della magistratura, « una fascia piti perincubile agli orientamenti e ai mutamenti della società nazionale. Il giudice parlerebbe lo stesso linguaggio del popolo e i cittadini potrebbero riconoscersi in lui e sentirsi partecipi dell'amministrazione della giustizia ti. L'elezione potrebbe avveni re iti secondo grado, da parte dei Consigli provinciali, che sembrano più vicini all'eletto rato di quanto non siano Consigli regionali. La durata della carica potrebbe essere lìs sata in otto anni. In materia penale il giudice di pace dovrebbe essere competente a conoscere tutte le contravvenzioni o quanto meno quelle putii bili con la sola ammenda; in materia civile viene proposto il limite di 300 mila lire. Ma le obiezioni sono gravi e di gran peso: esse investono sia la costituzionalità, sia l'opportunità ili una simile magistratura. Non sì sa bene, infatti, come l'clettività possa conciliarsi con l'accertamento della capacità tecnica e con la sta¬ biClsrdesodse o ¬ bilità del giudice, garanzia di indipendenza. L'clettività compromette la mparzialilà e l'indipendenza lei giudice (Calamandrei alla Costituente affermò che « l'elezione di magistrati rappresenta un metodo logico e coerente ove non esiste il sistema della legalità... tua nei Paesi europei, dove la politica si trasforma in diritto attraverso gli organi legislativi c i giudici debbono limitarsi all'applicatone della legge, il metodo elettivo sarebbe un controsenso*). Inoltre, il giudizio di equità che si vorrebbe riservare al giudice di pace presenta un margine di arbitrio difficilmente eliminabile, ben più ampio di quanto non sia il giudizio di discrezionalità che già oggi il giudice possiede entro i limiti della legge. E' vero che l'equità vorrebbe essere uno strumento |)er adattare il diritto esistente alle speciali esigenze del caso, polendo il giudice ricorrere ad essa solo in quanto ritenga sussistere un elemento differenziale che giustifichi obiettivamente una diversità di trattamento rispetto a quello garantito dalla norma di legge; ma è altrettanto vero che questa equità, sia pure suppletiva, ìiiò vanificare interamente il principio di legalità. E poi, dovrebbe il giudice di equità motivare la sua sentenza? Anche ammettendo di sì, difficile sarchile il controllo in secondo grado d'una motivazione basata su criteri altamente individuali; e ancor più difficile, se non impossibile, sarebbe il rispetto del principio costituzionale che assegna alla Cassazione il controllo di legalità su tutti i provvedimenti giudiziali. * * Chi respinge il giudice di pace sottolinea pure, e mi pare esattamente, come nella giurisdizione di equità campeggi l'attribuzione al giudice di quella Iunzione d'indirizzo politico che s|k'tta al Parlamento nell'esercizio della funzione legislativa: infatti «lo statuire che una norma non e applicabile al caso concreto e crearne unii nuova, significa respingere l'indirizzo politico concretizzatosi nella legge e seguirne uno diverso ». Si nota infine che la « norma di equità » sfuggirebbe anche al controllo della Corte Costituzionale. Sull'argomento la discussione rimane allerta: il Consiglio è p.issato oltre e, sul presupposto d'una difficile introduzione del giudice di pace, si è occupato successivamente del giudice di merito di primo grado, proponendo l'unificazione dei prelori e-dei tribunali e la loro sostituzione con giudici monocratici. Questa riforma porterebbe numerosi vantaggi, fra cui due emergono: personalizzare la decisione e utilizzare meglio i giudici. Resterebbero collegiali il giudice del fatto e ilei diritto nel grado di appello ed il giudice del solo dirilto nel grado di Cassazione. Paolo Barile

Persone citate: Calamandrei, Paolo Barile

Luoghi citati: Italia, Roma