Il computer invece del medico di Lietta Tornabuoni

Il computer invece del medico LA PSICOANALISI IN ITALIA ALL'ORA DELLA MUTUA Il computer invece del medico In America si è sperimentata l'analisi a macchina: forse il tentativo non avrà seguito, ma continuerà la ricerca di metodi nuovi - Alla "rivolta" dei nevrotici s'accompagna il malessere degli specialisti, divisi tra le tentazioni sociopolitiche e i dubbi sull'utilità delle cure tradizionali: lunghissime, costose, riservate a un'aristocrazia di clienti - Forse le confessioni individuali sul lettino continueranno soltanto nelle ricerche scientifiche in clinica (Dal nostro inviato speciale) Roma, agosto. E' una vignetta divertente. Mostra un'infinita serie di nevrotici che, distesi sul lettino, raccontano traumi del passato, frustrazioni del presente e sogni a un perfetto cervello elettronico: ma alla fine è il cervello elettronico che, disteso sul lettino, racconta le proprie angosce esistenziali a uno psicoanalista antiquato dall'aria paternamente protettiva. Nel corso d'un esperimento a Boston, informano le pubblicazioni specializzate, i computers hanno sostituito con successo gli analisti: sarà questo, l'avvenire? « II futuro è delle donne », prevede il professor Glauco Cartoni, docente di psicologia dinamica a Bologna. Come nell'insegnamento? « Sì. Alla nostra professione sono molto portate, ottengono ottimi risultati: tra vent'anni gli psicoanalisti saranno tutti donne ». Ce ne sono già parecchie, nell'anfiteatro dove è riunita un'assemblea della Società psicoanalitica italiana: belle signore con gli occhi celesti, i capelli bianchi e un numero marcato a fuoco sul braccio; giovani guerrigliere in sahariana; assennate trentenni in finto Chanel. Gli uomini appartengono invece al genere architetto (asciutto e abbronzato, scattante, immancabile il borsetto), al genere professore universitario (grassoccio, autorevole, sciattone, bruttissime scarpe), oppure hanno il magro pallore e la barba aggressiva dei contestatori e dei cattolici spiritualisti. Tutti giovani E' l'unica categoria professionale in cui manchino i vecchi: gli psicoanalisti appartengono tutti, tranne poche eccezioni, alla geneiazione del dopoguerra. Sono molti: sviluppatasi in ritardo rispetto ad altri paesi, la Società psicoanalitica italiana è. dal punto di vista numerico, una delle più consistenti d'Europa. Gli affiliati si dividono in membri ordinari, membri associati e allievi. Provengono dagli studi universitari di medicina generale, di psichiatria, di filosofia, a volte di matematica: il 15 per cento di loro non possiede la laurea in medicina che altre Società, per esempio quella nordamericana o argentina, considerano obbligatoria; la loro preparazione dura, secondo le regole, quattro o cinque anni. Si riuniscono in assemblea generale ogni sei mesi. Affrontano problemi scientifici, ma anche di pratica professionale: è meglio scoraggiare o incoraggiare il paziente che telefona per la prima volta, bisogna respingere le pressioni del malato che invoca un colloquio urgente? Un cinquantenne è ancora curabile? Lo stile personale dell'analista influisce davvero tanto sul rapporto, è proprio sbagliato ricevere telefonate durante l'analisi? Dispute frivole Negli intervalli tra un seminario e l'altro, dibattono dilemmi più frivoli: restare fedeli al classico lettino ideato da Le Corbusier nel 1928, o adottare le nuove invenzioni dei designers italiani? Come reagire quando il paziente pretende d'abbandonare il proprio ruolo e, alzandosi dì scatto, precisa: « Questo discorso glielo faccio stando in piedi »? Accettare o no di partecipare alle tavole rotonde della tv, con il rischio di venir magari messi a tacere e di perdere così la fiducia dei pazienti che ti vedono fare sul teleschermo una meschina figura? Discutono temi gravi: « Figlicidio e rapporti prenatali », « patricidio, matricidio, creatività, scientificità e ortodossia ». Nessuno perde per questo il proprio buonumore: anche se a qualcuno non manca una vena di sadismo morale ereditata dalla religione, in genere gli psicoanalisti risultano scherzosi, sereni, bons vivants, ottime forchette, gran raccontatori delle barzellette che spesso annotano su appositi taccuini. Niente affatto repressi. La mancanza di inibizioni dà loro una simpatica scioltezza: al pranzo sociale l'illustre polemologo professor Fornari, che ha una bellissima voce, si produce in varie esibizioni di canto e anche di fischio modulato. Il malessere degli psicoanalisti è tuttavia profondo e diffuso quanto la rivolta dei nevrotici. I migliori hanno spesso la sensazione di applicare schemi che non si rinnovano né evolvono. Si sentono ingranaggi di un meccanismo: da una parte il paziente che viene, parla, paga e dall'altra l'analista che ascolta, interpreta, incassa: un gioco prestabilito, educato e innocuo. Spesso li coglie il sospetto di essere tanto occupati a classificare il comportamento del paziente, da non accor- gersi che i suoi sfoghi « psicotici » sono obiezioni larvate ma ragionevoli al venir semplicemente classificato, anziché trattato come un individuo. I più aggiornati seguono con interesse allarmato le nuove scoperte dell'etologia o della biologia, il progredire degli studi sulla struttura del cervello: e se fosse tutta questione di chimica? I più giovani avvertono la difficoltà d'identificarsi con un'autorità sia pure scientifica, sono turbati dai problemi del rapporto tra psicoanali- si e potere. « Nel tempo di Freud la realtà sociale era indiscussa, e lo scopo dello psicoterapeuta era riportare l'individuo a quella realtà — spiega il professor Gaetano Benedetti di Basilea —. Oggi molti psicoana-listi sentono come una colpa il venir considerati strumenti d'integrazione dell'individuo a una società per tanti versi giustamente contestata ». Ma si tratta d'un errore, d'uno pseudoconcetto, polemizza il professor Francesco Corrao, presidente della Società psicoanalitica italiana: « La psicoanalisi è per sua natura antiautoritaria, è un processo di acquisizione di coscienza, di liberazione. Se il marxismo è rivoluzionario rispetto alle strutture economico-politiche, il freudismo è altrettanto rivoluzionario rispetto agli stereotipi culturali: realizza un decon dizionamento dalle tradizioni borghesi, agevola la possibilità di modificare in senso progressivo il contesto sociale ». Soltanto i più ortodossi resistono alle varie tentazioni sociopolitiche: « Dire che l'individuo è malato per colpa della società significa fare un discorso privo di scientificità — sostiene il professor Gaddini, vicepresidente della Società psicoanalitica —. Posto nelle medesime circostanze, ciascuno reagisce in maniera diversa. La situazione sociale può costituire un fattore scatenante, mai una causa di nevrosi ». Altri vedono la psicoanalisi come un'indispensabile premessa: « L'evoluzione politica che tanti ritengono necessaria — dice il professor Franco Fornari — diventa possibile soltanto vincendo prima l'angoscia provocata da ogni idea di cambiamento. Se non si modifica il codice culturale, il generale timore umano delle cose nuove e sconosciute, i mutamenti politici risultano vani: si fa la rivoluzione francese e poi viene fuori Bonaparte, si fa la rivolti zione sovietica e viene fuori Stalin ». o L'inquietudine degli psicoanalisti non è soltanto politica, ma soprattutto sociale: nella società di massa, la loro condizione e funzione aristocratica autorizza ogni dubbio sull'avvenire. « Tutti abbiamo sentito il disagio di lavorare per una minoranza di ricchi — dice ancora il prof. Fornari —. La reazione è stata una generale tendenza a limitare l'impegno verso i pazienti privati per mettersi al servizio delle istituzioni psichiatriche o didattiche ». Molti lavorano negli ospedali psichiatrici, tra i disadattati, nelle carceri: si dedicano alle psicoterapie di gruppo o alla socioanalisi; studiano i possibili sbocchi della psicoanalisi in psicostoria, in psicolinguistica: Thomas Szasz o gli esistenzialisti non sostengono forse che la psicoanalisi è una teoria semantica? « La psicoanalisi da lettino è al tramonto: l'analisi individuale — si sente dire — conserverà la sua importanza quale elemento di studio, esperienza di laboratorio ». Continuerà a esplorare l'inconscio individuale per applicare i risultati dei propri studi all'inconscio collettivizzato: la psicoanalisi classica sembra destinata a diventare quel che l'alta moda è per l'industria degli abiti confezionati, o la ricerca scientifica per l'industria delle materie plastiche. Se il suo compito d'indagine teorica rimane insostituibile, la sua utilità terapeutica j pare infatti sempre meno I certa. L'American Psychoanalìtic Association ha svolto di recente un'inchiesta per | controllare l'efficacia curativa della psicoanalisi: i ri | sultati ottenuti sono stati tanto deludenti da suggerire di rinviarne la pubblicazione. Senza speranza « Con la psicoanalisi non si guarisce mai », protestano i nevrotici in rivolta. «Anche la medicina non guarisce mai malattie come il diabete o certi disturbi circolatori — replicano gli psicoanalisti —. Non si capisce perché la gente non riesca ad accettare la stessa realtà per quanto riguarda le nevrosi ». Magari perché curare permanentemente le nevrosi è un lusso da milionari. « La cura si prolunga sempre più — riconosce il professor Corrao —. Noi esaminiamo la vita psichica al microscopio, con tutta la minuzia e la lentezza relative. Prima l'analisi durava due anni, due anni e mezzo. Oggi, con le nuove difficoltà e l'approfondimento dei metodi, esige anche quattro anni ». L'analisi tende a durare all'infinito, sino all'esaurimento del paziente o almeno dei suoi quattrini; il processo analitico sembra diventare fine a se stesso: più che un trattamento, un modo di vita. O magari, dicono i cinici, una malattia da cui i pazienti cercano invano di guarire. La psicoanalisi che introdusse nella medicina la nuova dimensione dello psichico, che dischiuse un nuovo campo d'indagine e un nuovo mercato, che creò il clima d'opinione e la terminologia per cui oggi è possibile parlare di sesso senza malizia e vedere nel piacere sessuale un bene pubblicamente riconosciuto, sta cambiando. Si allinea alle correnti dell'antipsichiatria. Si prepara ad inserirsi nell'Università accanto alle altre scienze umane con cui va forse confondendosi: la sociologia, la psicologia generale, la linguistica. Lietta Tornabuoni o a i o a i i i atllno«dmaLnlpztlcnaj I | | Ghislaine D'Orsay nel film « Diario di una schizofrenica » (Foto Team)

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