Quella Cuba belle époque di Angela Bianchini

Quella Cuba belle époque Quella Cuba belle époque Rachel, vecchia ballerina del varietà e del circo, racconta le tragedie e gli orpelli ^ Cu,ba'. nei Primi ,anni de! secolo: 1 suoi varietà, 1 suoi circhi ]e gue Me ^ per]a dei Caraibii perduta dalla spagna che vi permane, tut tavia, grazie alla lingua, alla civiltà, alle abitudini, prossi ma, nei desideri, alla Francia che, pur lontana, brilla come miraggio, sottoposta agli Sta11 Vnix} 1 quali' 111 aicune ™: casioni. vi intervengono di rettam4nte per ristabilirvi l0 staiu quo. In effetti, sotto l'apparenza della calma, si 1 sgretola, quasi inavvertito, ' l'antico ordine. Segno di ce'- dimento, foriero di tempesta, | la rivolta dei negri, soffocata 1 n,el sangue, nel 1912. I due capi, Estenoz e Ivo- l net, per un breve attimo di Miguel Barnet: « Canzone di Rachel ». Ed. Einaudi, pag. 147, lire 800. bgloria, comparvero in uniformi fiammanti, di splendore j afro-cubano che ricordava mi- nacciosamente le lotte dell'indipendenza di Haiti, la prima nazione latino-america- ria a conquistare la libertà: « Ivonet qui vi presento. I il moro franco-cubano ! e ribel- ì le capuano. I che in Cuba dà tormento. I La divisa che ha è haitiana I del suo grado e del suo rango I ma vuol esser entro l'anno I maresciaUo afro-cubano ». Mori, invece: « Siccojrce le cose vanno come vanno, e per mal che duri finiscono, la situazione si calmò con l'arrivo degli americani. Quelli si che li rispettavano. Misero una nave nella rada e la tempesta finì. Annunciarono anche che sarebbero arrivati cinquecento cowboys, esperii nella cattura di bestiame selvaggio, cowboys col lazo ». A parlare così, è Rachel. Fu ballerina, artista di varietà, artista di circo. Ora è vecchia e si mantiene in mo- do decoroso gestendo case di appuntamenti, o. meglio, vi- vendo del reddito ricavato dalle case. Le viene sponta- neo ricordare i suoi inizi, la sua gioventù, l'Avana che vi- de bambina, e queste confes- | sioni di « una "vita avventu- 1 rosa durante gli anni splen- denti della belle epoque cu-1 bana », filtrate attraverso l'ar- ; te dello scrittore Miguel Bar- j net, si trasformano in libro. Una testimonianza su un mon-1 do sparito che fa il paio con j la vita del cimarrón, lo schia-1 vo fuggiasco di Autobiografia I di uno schiavo, eccezionale i rielaborazione poetica di materiale etnografico fornita dallo stesso Barnet qualche anno fa (Einaudi, 1968). Gli elementi di cui è intessuta la vita di Rachel sono del tutto diversi e, al primo momento, sembrano addirittura banali. « Quest'isola è qualcosa di grande. Qui sono successe le cose più strane e le più tragiche. E sarà sempre cosi... Quest'isola è predestinata perché vi si compiano i mandati divini. Perciò l'ho sempre guardata con rispetto e ho cercato di viverci nel miglior modo possibile. con cautela nei suoi confronti, e mantenendomi io come centro... Cuba e la mia patria. Qui sono nata e mi sono latta donna e artista, ed è qui che voglio morire, perché se [ | c'è un posto dove vorrei es I sere seppellita è in questo j angolo dì mondo... ». All'inizio, una Rachel di origine europea, madre ungherese e padre tedesco, ma cu-bana, per cosi dire, per indinazione. E l'inevitabile, breve comparsa della madre che, per creare l'avvenire della figlia, ne fa un oggetto di lusso, oggetto di baratto e rimane, tuttavia, nel ricordo dellafiglia, come la più altruistadelle progenitrici. Un teatri-no di terz'ordine, il Tivoli,dove la bambina inizia a tre-dici anni in particme da nul-tZ .f,,,,,,] . . la, sempre guardata a vistadalla madre; il primo amore per uno studente di buona famiglia che, ostacolato dalla famiglia, si uccide («La mia vita era distrutta. Il mio nome nel fango e il prestigio j di lui che era nobile e socio j allo Yacht Club, lo stesso l Per tutti e due fu una tra \gedia greca»), poi il varietà il circo, la protezione di un i celebre sfruttatore ucciso da i rivali, e, infine, la scalata a I successo in quei teatro, l'Ai1 hambra, la cui gloria e la 1 cui rovina coincidono con la ; gloria e la rovina di Rachel j e di tutt'un'epoca. La storia di Rachel, appa1 rentemente simile a tante al- insinuato qua e là, ma ponen- | dola contro luce, a percepirne I j tre storie, va letta tra le ri-1 1 ghe: non soltanto confrontan- 1 I dola con le testimonianze di I i SUoi coetanei che Barnet ha j I ! | \ [ il sapore nascosto. Esso sta I nella sentimentalità, banale e j dolciastra, che avvolge non ! soltanto la vita della rumbe\ ra, le sue prestazioni fisiche, ; le sue concessioni morali, ma j anche la vita di Cuba. Madre ruffiana, famose patriote fon! datrici dell'indipendenza cu! bana, americani salvatori, so| no i numi tutelari di Rachel | che, sullo stesso piano, pone | religione e superstizione, aj more e guadagno, fame e sen| sualità. In questo senso, ali meno, Rachel è il simbolo di un'epoca apparentemente chiara, in realtà confusa e 1I crudele, che ha il privilegio individuale come scopo ultimo e solo. In quanto personaggio, però, e in quanto donna, Rachel | unisce ad una schiera di don I ne che vedono la femmini- 1 si salva: la sua dura lotta per 1 sopravvivere, per non arren I dersi, per rimanere viva, non j ostante l'età e i malanni, la lità, sino all'ultimo, come un privilegio e un impegno quasi sacro. Donne come la scrittrice Colette, che, ultraottantenne, confinata in un letto, si mostrava sempre e soltanto incipriata e truccata. « Vorrei... una sera, mettere un valzer e addormentarmi placidamente », dice Rachel, e aggiunge: « Le ho detto a Ofelia (la cameriera) che, se muoio così, mi trucchi, mi faccia bella e mi métta uno specchio sul petto. Uno spec1 chin per vedermi la faccia. I Questo e il mio sogno ». Angela Bianchini

Persone citate: Barnet, Colette, Einaudi, Miguel Bar, Miguel Barnet, Mori

Luoghi citati: Avana, Cuba, Francia, Haiti, Ofelia, Tivoli