Un alloggio al mare

Un alloggio al mare Lungo la costa della Liguria Un alloggio al mare Negli ultimi 10 anni, piemontesi e lombardi hanno acquistato settantamila appartamenti da adibire come seconda casa per la villeggiatura - Oneri pesanti per i comuni liguri (Dal nostro inviato speciale) Genova, 4 agosto. Lungo la fascia costiera della Liguria, negli ultimi dieci anni, i piemontesi ed i lombardi hanno acquistato circa 70 mila appartamenti da adibire come «casa al mare». Ne! 1961 gli alloggi «non occupati» lungo la costiera delle province della Spezia, Genova, Savona ed Imperia erano 35.0G9; oggi gli appartamenti «non occupati» sono 103.892. Pur tenendo conto che una piccola aliquota sia case vuote perché sfitte, il fenomeno della « casa al mare » resta imponente. Per avere una dimensione esatta sono sufficienti alcuni calcoli: 100 mila alloggi sono pari ad almeno 350 mila camere che, al prezzo prudenziale di 2 milioni per camera, rappresentano 700 miliardi; un colossale investimento di risorse che piemontesi e lombardi hanno effettuato in Liguria per avere la «casa delle vacanze». Nel conto bisogna includere anche un certo numero di liguri che hanno abbandonato le grandi città congestionate (pur conservando la residenza) per trasferirsi nei centri turistici costieri Un tempo la capacità riceti tiva turistica della costiera ligure era costituita in prevalenza dagli alberghi. Oggi non è più così. Gli alberghi — nelle quattro province — hanno 60 mila camere e 107 mila letti; cioè appena un sesto delle camere delle «case al mare» e un settimo dei letti collocati negli appartamenti. Alla luce di queste cifre c'è da chiedersi, tra l'altro, che valore possano ancora avere le statistiche sul turismo che tengono conto delle sole presenze negli alberghi e nelle pensioni, ignorando che le «case al mare» hanno una capacità ricettiva di gran lunga superiore. Negli ultimi dieci anni i liguri hanno favorito in ogni modo questo boom edilizio. Le amministrazioni comunali concedevano licenze di costruzione a manciate; i contadini facevano affari d'oro vendendo terreni a prezzi crescenti; le imprese edili si moltiplicavano; c'era lavoro per i muratori e per le ditte artigiane collegate alle imprese. I negozi di mubili di elettrodomestici e di arredi per la casa sorgevano come funghi. Adesso i liguri scoprono che, tutto sommato, la «casa al mare» dei piemontesi e dei lombardi è diventata un «cattivo affare» per la Liguria, con conseguenze gravi per i residenti e per il turismo. L'Ilres (Istituto ligure ricerche economiche e sociali) diretto dal professor Sergio Vacca, ha svolto un interessante studio curato dal pròfessore Gianni Cozzi e da altri ricercatori. I dati sugli alloggi «non occupati» che abbiamo riportato sono quelli ufficiali dei censimenti del 1961 e del 1971. Partendo da queste cifre, l'Ilres analizza le conseguenze negative della «casa al mare». L'intenso sviluppo edilizio lungo l'arco costiero «ha dato luogo a situazioni di congestione giunte alla soglia della sopportabilità». Nella «costiera» della provincia di Savona le «case non occupate» rappresentano quasi la metà delle abitazioni esistenti; nella zona costiera di Genova rappresentano il 40 per cento del totale degli appartamenti; lungo la costa della provincia della Spezia sono un terzo delle abitazioni esistenti e sul litorale della provincia di Imperia ammontano al 27 pei cento, cioè oltre un quarto, degli alloggi che formano le cittadine balneari. Sui comuni sono ricaduti oneri pesanti: «Le amministrazioni comunali — scrive l'Ilres — hanno dovuto far fronte ai problemi posti dai crescenti costì di urbanizzazione primaria, assolutamente non commisurabili con le aliquote di gettito fiscale derivanti dalle imposte sul valore locativo esigìbili e soprattutto esatte. In particolare alcune opere di urbanizzazione primaria non differibili hanno posto e continuano a porre problemi gravissimi (mancata fornitura idrica e smaltimento dei rifiuti, carenza di adeguate infrastrutture, eccetera) compromettendo gravemente la funzionalità degli alloggi e l'agibilità stessa dell'intero sistema costiero». Lo stesso estensore dello studio, il professor Gianni Cozzi, abita in un centro della riviera di Genova dove «in periodo estivo l'acqua'viene erogata per tre ore al giorno». I guai per la popolazione residente sono di ogni tipo. L'analisi dell'Ilres ne cita alcuni tra i principali: «Piemontesi e lombardi quando acquistano una casa in Riviera hanno co¬ miTrlarpvppdèdczsm«assmgsclRbLlpptglvoun me parametro di riferimento i prezzi che pagherebbero a Torino o a Milano. Ciò ha rappresentato uno stimolo all'aumento dei prezzi per cui anche ì residenti che desiderano acquistare un alloggio per abitarlo tutto l'anno devono spendere di più». «Il settore alberghiero — prosegue l'Ilres — che rappresenta una effettiva fonte di reddito per le popolazioni, è stato seriamente indebolito ddlla polìtica della "seconda casa", a motivo della saturazione delle risorse costiere disponibili». E' chiaro che i 700 mila posti letto esistenti nelle «case al mare» corrispondono ad altrettante persone sulla spiaggia. Quando gli arenili sono gremiti i turisti, specialmente stranieri, abbandonano gli alberghi, e si spostano verso zone meno congestionate. I piemontesi ed i lombardi che hanno investito 700 miliardi negli appartamenti in Riviera sono dunque responsabili del depauperamento della Liguria e dei guai della popolazione residente? Su questo punto l'Ilres è chiarissimo e persino «spietato»: la colpa è tutta dei liguri. L'Ilres scrive: «Si può dire che di fronte di ristagno dei grandi investimenti industriali si è avuto in Liguria un fenomeno di piccoli e medi investimenti che hanno cercato occasioni che garantissero una lata redditività con il minimo rischio. Il campo di intervento che ha fornito le più ampie garanzie è stato quello immobiliare, che consentiva eguali possibilità di guadagno alle diverse capacità economiche digli operatori e che era inoltre incoraggiato datla politica amministrativa degli enti locali». Sergio Devecchi *

Persone citate: Gianni Cozzi, Sergio Devecchi, Sergio Vacca