Femminismo nel cinema

Femminismo nel cinema Femminismo nel cinema Quando si parla di una «questione femminile», già si si ona: perche non si vede, essendo l'umanità una (possono infatti i grammatici dire hacc homo, ' questa uomo '), perche le donne abbiano ad avere una «questione» e gli uomini no. Non la va altrimenti cól Femminismo (ideologia). Ve un punto di suscettibilità morale, in cui il femminista si adonta del Femminismo: a quel modo clic un antirazzismo troppo professato, per ciò solo che turba con gli argomenti la divina uguaglianza degli umani, urta l'antirazzista integrale; e perche integrale, silenzioso. Riflessioni eli questo genere suggerisce in gran copia la vigorosa monografia di Cinzia Bellumori pubblicata da «Bianco e Nero», Le donne del cinema contro questo cinema. La prima parte, d'un pessimismo così deliberato da ricordare quello di un'Operetta leopardiana, tratta in generale dell'emarginazione sodale-giuridica della donna nel campo del lavoro, deducendola, per lungo ordine di secoli fino al nostro, come una fatale «componente » delle società governate dagli uomini, o, se piace meglio, delle culture rientranti nello «schema patriarcale», siccome sono le nostre d'Occidente. Che ti fa lo schema patriarcale? Suggerendo all'uomo un atteggiamento di forza e di possesso nel confronto della sua compagna, « oggettiva » la donna. la elegge a conservatrice di certi valori: vale a dire, perche non si possono fare due parti in commedia (di vestale e di agente in proprio), le toglie capacità c potere di espressione. Questo è forse meno vero per quelle donne che badano a esprimersi privatamente, dall'interno della cellula famigliare (si espresse la Austen, si esprime la Ginzlnirg); ma e purtroppo verissimo per tutte le. altre, che lavorando in concorrenza e in paragone coll'uomo, si vedono segno d'una più o meno larvata «discriminazione». E infatti la seconda parte della monografia, più specialistica, ci fa assistere a una levata di scudi da parte delle nostre attrici e cineaste contro la dicotomia «Uomini-Donne», che. nonché starsene soltanto scritta sugli usci delle toilettes, conserva profonde radici 'nella psicologia degl'Italiani, tuttavia aperta, da una parte ai pregiudizi aristotelico-lomistici sulla naturale soggezione della lemmina al maschio, dall'altra alla soave ma più perlìda concezione platonica secondo cui la donna è Ik-iisì un essere perfettibile ma dentro certi limiti posti dalla sua grazia e fragilità; i quali poi sarebbero i limiti dei lavori di cucito raccomandati da Fénelon! A leggere questi sfoghi spontanei e talvolta un po' brilli (si veda quello di Paola Pitagora che si scaglia contro Lucia Mondella quale emblema nazionale di femminilità schiava), ma tutti (lignificati dal contesto, ci sentiamo inabissati in un anacronismo senza fondo: che c appunto il fine che questa saggista « dalla veduta amara :) s'era proposta d'ottenere. Noi non siamo così moderni come supponiamo: nonostante le apparenze che se ne adornano, vii cinema rigetta la donna ». Certo non è così grullo da rigettarla come presenza fisica (le attrici) o da trascurarne le attitudini tecnico-organizzative (costumiste, assistenti al montaggio, montatrici, aiuto-registe, doppiatici e via dicendo): ma la discriminazione subentra nel momento di volere e d'inventare, nel momento di avere il mestolo in mano. Dice Monica Vitti: « Il cinema collettivistico è difficile per chicchessia, ma per un'attrice è quasi impossibile. Già non credono all'opinione disinteressata dell'attore; c l'essere donna poi allontana tutto. Perchè un'attrice è queliti che prima di tutto dev'essere hclla; che sappiti poi recitine, c un ' posterius ' v. E altrove: « Dal momento che pioli sei guardata in un altro modo, perdi Iti maggior parte delle tue attilliti ve ». I.iia Fiastri, sceneggiatrice, rimesta i fondacci mussulmani della nostra società cinematografica: «Sono l'unica sceneggiatrice che conosco (eccettuatu la deliziosa Suso Cucchi DseQl'Amnidaconopocodistlestatmil msoeonnBsabsnsksdnsvdcmlresmrcdgncrcdasplqnm e e o o D'Amico), c le altre clic so esservi, non le ho incontrate inni. Quando vado alle riunioni dell'A ACl, sono l'unica domiti in mezzo a un'ottantina di uomini; c tra che essi si rattengono dal dire parolacce (che poi dìcono lo stesso) c che mi olirono timi sedia quando tutti i posti sono occupati, mi sento come un negro in un ritrovo di bianchì ». Ma il più doloroso e clic lo stesso « personaggio femminile », che dovrebbe essere di stretta pertinenza della donnaattrice, ci giunge nel cinema mediato dall'uomo. Si prenda il caso di Rcrgman, di certo molto tenero verso i suoi personaggi muliebri, ma che in effetto «non si cura di fissarli originalmente attraverso un'analisi della psicologia femminile». La donna-attrice di Bergman non realizza se stessa, ma il film di cui è un simbolo. E' la cultura nordica che si esprime attraverso i personaggi femminili del regista; sono le problematiche di Kierkegaard, di Strindberg, di Ibsen, non certo quelle della donna. E insomma impersonano, quelle donne, momenti esistenziali dell'uomo. Questa monografia e notevole anche perché misura la distanza tra la « diva » di ieri, chiusa come un riccio, incomunicabile per definizione, c la nuova attrice di tipo culturale, che viceversa è tutta sosta e comunicazione col suo prossimo. Si tratta però di una comunicazione appunto sculturale v, che esclude o non lieti conto delle cose tenere. Intendiamoci: anche l'attrice d'oggi gradisce i complimenti (nessuna mai li getta ai cani); ina li considera come un fuor d'opera che non entra nel discorso che le preme; e come un fuor d'opera mostra di considerare anche la bellezza, che pure sfoggia, e l'amore stesso, che pure esercita; i quali due. Bellezza e Amore, nel corso di queste tante interviste femminili, non sono.mentovati nemmeno una volta. Come dice la Vitti: qualcosa si oscura nell'attrice che dis serta; ed è l'astro di Venere, che viceversa sfolgora poi, sotto specie di crudo erotismo, nell'effettualità dei film. Così anche la donna-attrice, con la sua ansia intellettuale, concorre a moltiplicare gli enti astratti (Dialogo e simili) a scapito degli universali; c l'amore, che già c sempre stato raro sulla terra, c molte volte, come ha osservato La Rochefoticauld. mero elicilo d'imitazione, sembra volersi allontanare anche dall'ambiente cinematografico, che appunto di quell'imitazione è stato per tanto tempo e in ogni parte del mondo uno dei principali incentivi. Leo Pestelli

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