Morire d'estate di Luciano Curino

Morire d'estate SUICIDI DI STUDENTI BOCCIATI Morire d'estate Lo studente Carlo Cadeddu si è ucciso con una rivoltellata, l'altro pomeriggio, in una villa di Cumiana, presso Torino, dóve abitava solo da quando aveva finito gli esami di maturità, in questi giorni di una estate pesante, con temporali e ala, irritante si può dite. Poco prima un suo' compagno del Quinto Liceo Scientifico gli aveva tele- fonato da Torino: « Sai. Carlo: devo dirtelo, è andata male. Sei tra i respinti. Ascolla una cosa, Cariano... ». Voleva continuare con quelle frasi che si dicono a un amico in un caso del genere, ma lo studente Cadeddu ha chiuso la telefonata, borbottando Dio sa cosa. Si sa invece che poi ha staccato un foglio da un quaderno, ha scritto ai genitori: «Sono un fallito, non mi sono mai divertilo in vita mici. Papà, scusami se ho preso hi tua pistola, ma mi sarei ucciso lo stesso. Chiedo scusa a te c alla mamma ». Si è sparalo alla tempia. Il l'atto stesso che un giovane sceglie la morte, riesce insopportabile. Si sente il suicidio di un ragazzo come l'accoppiamento mostruoso di due dati incompatibili: la verde età e la morie. Carlo Cadeddu aveva 18 anni. Un'età in cui si ha sete di tutto quello che è dignitoso e nobile della vita. La fotografia del giornale lo mostra un bel ragazzo, né arrabbiato né bullo, un volto delicato, invece, forse troppo serio per i suoi anni. Tutti sono concordi nel riconoscergli doti particolari: una intelligenza fervida, un desiderio ansioso di conoscere c scegliere, una grande bontà naturale. Il padre medico, c'era intimità e calore tra di loto, il dialogo era aperto. Il 15 giugno scorso, Ciriaco Saldutjo di 16 anni, studente i della Pacinotti, un'altra scuola di Torino, si era ucciso impiccandosi perché bocciato. Molti furono allora i commenti. Si puntò il dito contro la scuola, così com'è, si mise sotto accusa una città, scrivendo che Ciriaco, immigrato, si era trovato male a Torino. Parecchie delle cose scritte in quella occasione sono ingiuste. Ma allora sembrarono autentiche ed efficaci, perché non si voleva credere che un giovane rinunciasse a vivere soltanto perché boccialo a un esame. essqvlsamLnpdvlrcvebapScrnittcnretalni 1 I Invece, e propnojosi. Carlo | Cadeddu, naio a Torino, una buona matrice di famiglia borghese seria e ben organizzala, aveva tutto o quasi. Si è ucciso quando ha saputo che avrebbe dovuto ripetere l'anno. Nella storia di un uomo un anno per¬ so non è hi line del mondo. Lo \ perdi per una malattia, per un lutto, metti nel conto anche il I -,. i, - ,. , servizio militare. Poi ti rimboc- .1chi le maniche e ricominci. \Questo significa voler andare javanti. Vengono, si capisce, anche '. . ' . ,. momenti paurosi.. Una telefona- ta, per esempio: « Semi, sei tra i respinti... ». Allora, un ragaz-zo può sentirsi un fallito e pen- sa di «chiudere».. Un imbecil-le non chiude, ma continua « come la va, la va ». Un ragaz- zo intelligente e con i nervi a posto non chiude, ma si ostina a chiedere una ri\ incita alla \ i- ta. Un ragazzo intelligente c sensibile, troppo sensibile, e coni i nervi fragili proprio perché esce dalla dura prova dell'esame, ecco: può accadere che questo ragazzo si senta irrimediabilmente fallito. Irrimediabilmente. Perciò, un saluto: « Pa- pà e mamma, scusatemi...». lipoi quella decisione definitiva che in un giorno, in un'ora normale mai sarebbe venula in melile. 11 padre, dott. Giuseppe Cadeddu, è medico. Per abitudine professionale, anche nel peggior giorno della sua vita, sa fare una diagnosi. Nei diciotto anni passati, al figlio Carlo ha dia-goosticato forse qualche malan- no di poco conto: un principio di esaurimento una bronchite Ui esaurimento, una orontntie,una tonsillite. Ora spiega il «ma- le oscuro», la capacità sinistra di morire del figlio, «lira sensi-bile. Studioso, aveva molti iute-ressi. Leggeva anche troppo. Lsapeva che nessuno avrebbe co-imtnque fatto un dramma seavesse avuto qualche uisucccs-so a scuola. Se fosse staio boc-ciato ecco. Ma Carlo ha subitoliuiu. cm-u. iu ^« ii, u *ui iti! trauma alla iioitzia della boc-Dei cultura. Ueie avere pensato:" Ma come, io che nello studiolio messo luna la mia vita, ioche ho sempre avuto bei voli,perché mi hanno consideratoimmaturo'.' Allora, devo scende-re a compromessi, fare il furbo.giocare d'astuzia nelle risposteper essere promosso? ". La real-ii/ i-i delle cose gli deve esserecrollata addosso come un uvve-, , minano inatteso e crudele ». Dice un'altra cosa il padre, ed e il medico che dalla diagnosi passa alla terapia: « Se fosse slato con me e sua madre, in quel momento, sarebbe stalo diverso, lo gli avrei delta: "Carlo, pazienza. Infischiatene. Adesso pensa alle tue vacanze, un anno perso non e la fine del mondo ". IL lui avrebbe capilo. Lo so che avrebbe capilo ». Invece Carlo era solo. 1 genitori erano a Saint-Vincent, perche il padre è convalescente da una grave malattia. Ci si trova spesso soli in momenti balordi o disperali. Ricordo le parole del fratello di Tenco « bocciato » dalla giuria di un festival: « Luigi si è ucciso perché era solo, quella none, nell'albergo. Se fossi stalo con lui, gli avrei dello: " Luigi, non te la prenderai mica per questo? ". Se la ut bambina fosse stala con lui. avrebbero finito con il ridere assieme». Invece ci sono momenti cupi, in cui cova il dramma, e si e maledettamente soli. Certo, non c'è proporzione tra un brutto voto o una bocciatura e il suicidio. Veramente, il suicidio non e proporzionato a nulla. Comunque, appare assurdo quando segue un esame andato male. C'è subito chi risponde: « Meglio un asino vivo clic un dottore mor¬lo». Invece, è un jiesto che, senon si giustifica, si capisce. In alcune scuole la parola « non maturo » viene timbrata a lato del nome dello studente. In altre è scrina dal segretario con calligrafia elegante e con qualche svolazzo. Bene, siamo stati tutti studenti. Tutti, più di una volta, siamo andati a scuo- ìa a vedere i risultali e il cuore batteva a campana. Possiamo immaginare che quella paiola — non maturo — può essere come una bastonala che accoppa, soprattutto dopo giorni di ansia e di illusioni, perfino di speranze. Spesso arriva come una ingiustizia, o almeno è giudicata tale. ' Per qualche giovane queslo è il primo fallimento della vita. Negli anni che verranno, la Vfc la gli darà altre mortificazioni e colpi duri. Conosceranno altri e peggiori fallimenti e anche ingiustizie. Ma questo è il primo, e arriva in un momento difficile, quando si è appena usciti dall'adolescenza e non si è uomini fatti, non si ha ancora scorza dura. « Papà, scusami: sono un fallito... » ha scritto lo studente. Non lo era davvero, ma lo ha credulo e la vita lo ha impaurito. Accade ad altri, che non sono più fanciulli giulivi e non sono ancora uomini temprati dai colpi del destino. Accade quando si è soli, in un potite¬ riggio di afa. Luciano Curino

Persone citate: Cadeddu, Carlo Cadeddu, Ciriaco Saldutjo, Giuseppe Cadeddu, Pacinotti, Tenco

Luoghi citati: Cumiana, Saint-vincent, Torino