Lettera aperta a Sciascia

Lettera aperta a Sciascia ii QUANDO MATA HARI DANZÒ A PALERMO Lettera aperta a Sciascia Il biografo della ballerina-spia discute sul soggiorno della sua eroina in Sicilia In un elzeviro uscito su La Stampa il 29 giugno, « Quando Mata Hari danzò a Palermo », Leonardo Sciascia prese lo spunto da alcune pagine della biografia che Sam Waagenaar ha dedicato alla celebre spia olandese per un elegante « divertimento » sul soggiorno siciliano della danzatrice, rilevando varie inesattezze nei dati offerti dal biografo. L'autore del libro risponde con questa « Lettera aperta ». Caro Sciascia, il Suo articolo su La Stampa intitolato «Quando Mata Hari danzò a Palermo », riguardante il mio Mata Hari (edizione economica, Longanesi, Milano), è lusinghiero per me: Lei, uno dei più brillanti autori italiani, ha dedicato parecchio tempo per esaminare un solo brano del mio libro. Ma confesso che il contenuto del Suo articolo mi ha piuttosto stupito. Citando il brano in questione, Lei ha scritto che « in così breve passo, ci sono tanti errori: e se in proporzione ce ne sono in tutto il libro, siamo freschi ». Questo significa che Lei non ha letto il resto del volume, ma solo la parte riguardante il breve soggiorno di Mata Hari a Palermo. Ma, caro Sciascia, Le pare giusto, specialmente per uno scrittore del Suo prestigio e della Sua fama, esprimere un dubbio su un libro con simili parole, usando per di più la locuzione assai sprezzante « siamo freschi »? Risultato: il lettore sarà indotto a credere che il resto del libro possa essere «cattivo » (Suo parere personale) come il passo citato. Se non Le spiace, guardiamo un po' più da vicino questa parte dell'opera che Lei ritiene piena di « tanti errori ». Io ho chiamato la moglie di Florio « una Lanza di Trabia », mentre Lei la chiama « una Jacona di San Giuliano ». Bene, ho compiuto ricerche sulla moglie di Florio. Pare che io abbia ricevuto informazioni sbagliate. Però Lei stesso è stato così gentile da ammettere che questo « non è errore che pesa ». Grazie, Leonardo Sciascia: i « tanti errori » si sono quindi ridotti di uno, che per di più « non pesa ». Posso allora chiedere in tutta umiltà quali altri errori Lei ha trovato in questo passo? Sistemato imo dei miei « tanti errori », Lei va avanti descrivendo nei particolari come il Teatro Trianon di Palermo, dove Mata Hari danzò nel 1913, incontrò qualche difficoltà nell'allestire lo spet¬ tacolo. Difficoltà ne ebbe anche per rispettare la data di esordio, che secondo la Sua ricerca era stata fissata per il 26 agosto. Possibilissimo. I Lei rivanga poi tutti gli ostaeoli e tribolazioni che porta- j rono al rinvio della serata d'apertura fino, sembra, al 4 settembre. Così facendo, Lei j suscita nella mente del lettore l'impressione che io, autore del libro, abbia commesso molti altri errori. Ma, mio caro Leonardo Sciascia: nel volume io non ho mai parlato di data d'esordio: le suddette differenze sono citate da Lei, e solo da Lei. Perciò ritengo poco cavalleresco trattare quest'argomento in maniera che l'autore dell'opera, cioè il sottoscritto, appaia responsabile d'altri errori! Tutto quel che ho detto in Mata Hari è che la donna danzò a Palermo per circa due settimane: ero del parere che non avesse importanza alcuna indicare la data del debutto. Mata Hari, nel suo album privato di ricordi (che io possiedo), ha scritto di suo pugno di aver soggiornato a Palerm dal 3 al 15 settembre. Foi — come Lei dice autorevolmente — in quel periodo la Mata Hari danzò soltanto cinque o sei sere. Ma si tratta d'un particolare di nessuna importanza. Importante era il fatto che lei fosse a Palermo: per un solo spettacolo, per cinque, o per due settimane complete di rappresentazioni. Nel resto del suo bell'articolo, Lei formula ogni genere di congetture per spiegare le ragioni che indussero la Mata Hari a recarsi a Palermo. Nel libro io ho formulato le mie ipotesi. Lei scrive che questa « convinzione viene forse da una supervalutazione degli ingranaggi spionistici e delle menti che li guidano » aggiungendo: «Io (Sciascia) credo» che Mata Hari si trovasse a Palermo per ragioni diverse. Non discuto il Suo diritto a pensarla diversamente da me. Ma questo non vuol assolutamente dire che le mie considerazioni siano sbagliate. Sono fermamente convinto che in nessun punto del Suo articolo Lei abbia provato l'esistenza di importanti errori. Quindi ritengo la sua frase « siamo freschi » un po' esagerata, anzi esageratissima. e anche illogica. E sono sinceramente desolato di dover dire che il Suo articolo svia nel modo più inquietante i lettori di La Stampa. Sam Waagenaar