Okudzhava, poeta-beat sconfitto dai burocrati di Paolo Garimberti

Okudzhava, poeta-beat sconfitto dai burocrati I PERSONAGGI Okudzhava, poeta-beat sconfitto dai burocrati Mosca, 29 giugno. L'espulsione di Bulat Okudzhava dal pcus (nel quale era entrato, giovanissimo, durante la guerra) si può accostare all'arresto di Petr Yakir per definire il clima di reazione ad ogni sorta di non conformismo intellettuale e politico, nel quale l'Unione Sovietica è piombata da oltre un anno. Entrambi quaiantottenni, entrambi resi orfani nell'infanzia ' :lle purghe staliniane della fine degli Anni Trenta, legati dal comune denominatore della conte- stazione del regime, ancorché esercitata in forme totalmente differenti (sommessa, quasi salottiera quella di Okudzhava, aperta e barricadiera quella di Yakir), venivano considerati, per l'eco prestigiosa dei loro nomi, intoccabili. Così è stato, infatti, per anni. Ma, nel giro di venti giorni, l'uno è stato espulso dal partito e attende l'espulsione dall'unione degli scrittori; l'altro è stato arrestalo e aspetta, nel carcere Lefortovo, un processo per « attività antisovietica ». Yakir era diventato un personaggio scomodo per il regime nella misura in cui propagandava all'estero, attraverso i contatti con i corrispondenti stranieri, idee e notizie contrarie alla pubblicistica ufficiale. Ma Okudzhava non lo era di .neno, in quanto le ballate sue e del gruppo di cantautori dei quali era il leader spirituale (Vysotskij, Anciarov, Galic, Nozhkin) diffondevano una protesta ironica, ma corrosiva tra gli stessi giovani sovietici attraverso i cosiddetti « magnitizdat », i nastri magnetici clandestini. « La nosfra guerra è un combattimento corpo a corpo tra onore e male I qualcosa su cui generalmente la gente non scrive canzoni I noi ci siamo fatti rompere molte volte le costole I e qualcuno di noi venne anche accecalo I eppure per noi l'onore significa più delle 1 'f rotte I di occhi senza vista I o persino di un pezzo di pane ». Più che alle poesie o ai racconti brevi, pubblicati in patria, Okudzhava deve la sua popolarità a questo genere di ballate, che egli stesso canta accompagnandosi con la chitarra, e che gli hanno valso paragoni ora con Brassens, ora con Bojan, mitico cantore di gesta medioevali. In questo genere, Okudzhava ha avuto molti epigoni, ma nessuno ha saputo eguagliare il suo autentico talento poetico, la finezza della sua malinconica ironia, che attenua, in una supcriore eleganza stilisti¬ ca, la violenza di certe reazioni o di certi rancori. Moscovita di nascita, ma georgiano d'origine, Okudzhava ebbe un'infanzia infelice (il padre fucilato come uno dei tanti «nemici del popolo» partoriti dal mostruoso apparato repressivo staliniano, la madre in campo di concenti-amento) e una triste giovinezza. Laureatosi all'università di Tbilisi, insegnante, ebbe una lenta maturazione poetica, sulla quale giocarono forse le vicende politiche di quegli anni. Fu solo nel 1956, infatti, agli albori della destalinizzazione, che vide la luce il suo primo lavoro in versi, Lirika, cui hanno fatto seguito tre altre raccolte nel 1959, 1964 e 1967. Alle poesie si alternano racconti in prosa e anche un romanzo storico, Bednyj Avrosimov, pubblicato qui dalla rivista Druzhba narodòy e tradotto anche in italiano. Okudzhava non è stato insensibile , al fascino della fronda letteraria clandestina (pubblicò su Sintaksis nel 1960), che gli costò richiami e censure. Né, dall'altra parte, gli mancarono critiche e inimicizie quando sembrò accettare una certa « ufficialità » comoda e sicura, come è accaduto ad Evtushenko e Voznesenskij. Ma, in fondo, queste incertezze nel fare una precisa scelta di campo riflettono il suo temperamento di menestrello estroso e incontrollato, sempre sostenuto da un'autentica vena poetica. 'Proprio l'incapacità di accettare una disciplina — che Evtushenko, invece, ha saputo imporsi — è l'origine dei guai di Okudzhava. Egli non ha mai voluto trasformarsi in uno strumento, che i « baroni » dell'unione degli scrittori possano esibire a titolo di propaganda, come accade talvolta con qualche poeta più o meno giovane. E soprattutto, da autentico menestrello che canta « l'onore a prezzo di costole rotte », non ha accettato di far suo un copione scritto da altri, quale sarebbe stata l'autocritica che volevano fargli firmare. Paolo Garimberti

Luoghi citati: Mosca, Unione Sovietica