I miliziani dell'ordine di Michele Tito

I miliziani dell'ordine LE PASSIONI DELLA FRANCIA DOPO DE GAULLE I miliziani dell'ordine Gli uomini dell'estrema destra, che hanno avuto il maggior collaudo nella guerra d'Algeria, sono usciti alla luce del sole Coagulati intorno al gruppo di « Ordre Nouveau », nessuno sa quanti siano - Predicano una grandezza perduta, il rifiuto dell'eguaglianza, il razzismo; cercano di esasperare i risentimenti di ceti e regioni, spesso trovano connivenza nel potere politico (Dal nostro inviato speciale) Parigi, giugno. Prima si nascondevano, senza volto e senza storia, nelle « zone d'ombra » della Francia del dopoguerra. Erano gli uomini oscuri delle polizie parallele, degl'intrighi e dei complotti. Ex petainisti o ex agenti segreti dei servizi di spionaggio interno si trovavano uniti nei sabotaggi e nei sordidi regolamenti di conti su cui mai, nella Quarta e nella Quinta Repubblica, e. stata fatta luce. Erano migliaia e non erano tutti soli e sperduti. Contarono, tra sabotaggi e colpi di mano, durante la guerra d'Algeria; prepararono il 13 maggio e la rivolta dei generali; tentarono, con l.'Oas, la conquista del potere; vennero da tutte le città a inquadrare ì trecentomila che sfilarono stii Campi Elisi dopo il Maggio francese. Quando si schieravano col potere chiedevano la ricompensa, e anche De Gaulle dovette pagare: adesso emergono alla luce del sole, e sotto raccolti intorno agli « amnistiati » del '68. Riti segreti Nacque, dalle cellule dell'Oas, il Movimento della giovane rivoluzione, misterioso, incline ai riti segreti, nostalgico della vecchia «Cagoule». Si organizzò intorno al capitano Sergent, capo dei « terroristi al plastico » degli ultimi tempi della guerra d'Algeria. Pubblicò una rivista. La sfida, e diceva di agire in nome di Soustellc, l'ex governatore d'Algeria che si era ribellato a De Gaulle dopo averlo portato al potere, e del generale Salan. L'avevano deriso; s'accorsero del pericolo quando, dopo gli avvenimenti di Praga, si vide che poteva mobilitare grandi masse servendosi dell'anticomunismo: aveva poca gente a Parigi, ma migliaia di seguaci, permanenti e occasionali, nella provincia. Il suo programma era quello di tutti i movimenti di estrema destra francesi: il rifiuto dell'ordine democratico, «la Francia e la Francia sola», l'impiego «della forza e dell'astuzia senza scrupoli ». Per combatterlo si servirono di altri estremisti di destra; non lo condannarono, lo « asfissiarono » e coloro che uccisero il movimento chiesero a loro volta il prezzo del servizio. In questo modo nacque il più forte movimento eversivo che abbia adesso la Francia, « OrdTe Nouveau »: una organizzazione capillare, nuclei di sorveglianza e di spionaggio, cellule di « volontari o . del sabotaggio » e una fitta rete di legami con tutti gli altri movimenti, organismi, organizzazioni che in qualche modo si riportano al nazionalismo extraparlamentare. Forte e ben guidalo, «Ordre Nouveau » impose la disciplina a tutti i gruppi di estrema destra, più di sessanta, e li costrinse a muoversi insieme sotto l'insegna dell'«Opposizione nazionale», al seguito di capi occasionali, indicati dal momento, « ma sempre uomini che hanno detto no a qualcosa». Per molto tempo il capo riconosciuto dell'«Opposizione nazionale » fu Tixier-Vìgnancourt, l'ex ministro petaìnista, che aveva difeso Salan contro De Gaulle e che chiedeva ai francesi «solo una cosa, la vendetta della Francia ». Fu allora che nacquero le « squadre d'azione » vere e proprie che finalmente agivano alla luce del sole, e i giovani nazionalisti si raccolsero più'numerosi dietro i simboli nazisti di « Occident », il movimento che predica tre cose: «umiliare, terrorizzare, vincere ». L'undici per cento degli studenti universitari lo accettano con simpatia: « perché è francese, di sangue francese ». Nessuno sa quanti siano i giovani e gli anziani della milizia eversiva; non è ancora possibile conoscere la storia completa di qualcosa come centoventi raggruppamenti a carattere nazionale formatisi e scomparsi dal dopoguerra ad oggi. Ora soltanto, per conoscere i bassifondi del Paese, cominciano a studiare il contenuto di almeno 65 riviste d'estrema destra. Questo emergere dal buio di lutti i rancori e di tutte le illusioni del passato rimane un mistero; .si riconosce una radice, si vede che è quella della vecchia « Action Francaise »: la nostalgia d'un ordine impossibile e di una grandezza perduta, l'odio per questo tempo e il rifiuto dell'eguaglianza; c'è sempre il nazionalismo esasperato, c'è spesso il razzismo. Porti di mare Sono come porti di mare: la gente va e viene; si fondono tra loro, scompaiono, ricompaiono, mutano i capi e le parole d'ordine, ma da venl'unni alimentano la protesta contro la « decadenza » della Francia, e trovano ogni volta, tra i commercianti smarriti o i coloni rientrati dall'Algeria, tra gli studenti senza prospettive di lavoro immediato e gli operai a contatto con gli emigranti stranieri, il terreno d'un fermento che mantiene l'incertezza, le « paure velenose » della Francia d'oggi. Ora dicono d'aver vinto, per la prima volta: « Non siamo la retroguardia che vuol fermare il Maggio fran¬ cese; abbiamo cominciato noi, nel '66, quando dicevamo ai nostri: non abbiamo ricevuto nessun colpo di bastone, ne abbiamo solo dati, e diventavamo sempre più forti. Il Maggio francese è stato un atto di difesa delle sinistre materialiste, la punizione che infliggiamo ancora continua ». Dicono adesso di non essere più soli: « Abbiamo insegnato come si fa, e ricorrono a noi sempre più spesso ». Si vantano d'essere portatori « di coraggio e di sfide aperte» e raccontano d'avere complici e protettori dovunque: « Le fabbriche, i professori, lar polizia, almeno sette vescovi, e il popolo di Francia ». La loro presenza Mentono, ma cercano di farsi protagonisti d'ogni episodio di repressione: « Non ci faremo strappare la vittoria, i francesi dovranno riconoscersi in noi ». Attendono e agiscono affinché a loro vada il merito di ciò che fanno gli altri, compreso il governo. Come i gauchistes alimentano la lotta di classe in un paese dove un notaio è sospettato d'avere ucciso la figlia di un minatore, essi annunciano la propria vittoria quando il maestro Jean-Paul Hurst è scacciato da Saint-Denis perché parlava ai figli di emigranti dei problemi dell'emigrazione. A Blézac c'è un centro, finanziato dalla Camera di commercio locale, di formazione dei contabili. Un'insegnante di francese, Monique Lamaze, esortava i ragazzi a proporsi traguardi di studio più ambiziosi, diceva loro che potevano essere qualcosa di più che semplici contabili. Intervenne la Camera di commercio, protestarono i genitori dei ragazzi, che erano tutti con l'insegnante: « Quella donna ha stregato i nostri figli ». L'insegnante fu licenziata, vittima di un modo di pensare, di una tradizione che dà sicurezza ai padri contabili, figli di contabili. Se ne vantano invece quelli della « Nouvelle Action Francaise»: «I francesi votano 1 partiti, ma ogni giorno si comportano come noi diciamo ». Non sono mai protagonisti, ma il loro terreno e sempre quello del rifiuto del nuovo e della nostalgia del passato. Non sono mai protagonisti, ma vivono per esasperare paure e sentimenti latenti. Tra i « cinque volti » della classe operaia c'è anche quello della xenofobia, accertato da un'indagine dei sindacati: il 76 per cento degli operai affermano che ci sono in Francia troppi nordafricani, il 59 per cento troppi spagnoli e portoghesi, il 21 per cento troppi ebrei. Emerge nelle fabbriche minori, soprattutto in provin¬ cia, un « razzismo di concorrenza » che si estende ai figli e serpeggia nelle scuole; e nasce una reazione operaia « dall'incoerenza esplosiva »: gli emarginati, le donne, gli emigranti spingono agli scioperi,più duri e i figli degli algerini, perfettamente integrati, formano i nuclei delle manifestazioni di protesta: gli operai diffidano, respingono ì gauchistes e per un attimo applaudono agli attivisti della « Nouvelle Action Frangalse ». E' un vecchio incontrollato riflesso, ma l'estrema destra proclama un successo. Diventa un successo dell'estrema destra l'episodio di Censier: nell'università dominata dai gauchistes penetrò di forza la polizia, e ci furono scontri e feriti. Il partito comunista approvò, Pierre Juquin, membro della direzione, affermò che c'erano stati sbarramenti di gauchistes e di drogati. Fu uno scandalo: la stessa polizia dichiarò di non aver trovato un solo drogato, ma il comunista Juquin si difese e aggiunse: « Ci sono drogati complici dei gauchistes, sale l'oscurantismo nel mondo occidentale ». S'incontravano gli allarmi del partito comunista con quelli dell'estrema destra e « Ordre Nouveau » annunciò: « Abbiamo vinto, i comunisti hanno dovuto darci ragione, ma sono essi i responsabili di tutto ». Nelle fabbriche Il partito comunista afferma che il nucleo dei manifestanti che seguivano la salma di un operaio ucciso dalla polizia privata alla Renault era fatto « di invertiti e di pervertiti notori », e l'estrema destra profitta subito: rivela che c'è un centro di «collegamento nazionale», guidato dal colonnello Rémy e da Frédéric Deloffre, leader degli universitari di destra, che controlla più di trenta fabbriche, ha uno schedario di 25 mila nomi e può piegare « con molti mezzi » ogni resistenza operaia. Si scopre che erano stati assunti nelle fabbriche, segnalati dai movimenti di destra, uomini di mano provenienti dalle ex polizie parallele e che tra questi c'erano ex carcerati, utilizzati per spiare, intimidire, reprimere: «Il partito comunista ha qualcosa da obiettare, adesso? ». Non c'e stata risposta. Il partito comunista accusa l'estrema destra d'essere al servizio del governo, e i gauchistes d'essere agenti provocatori del governo incaricati di preparare il terreno all'estrema destra. Ma non perdona ai gauchistes e tace di fronte alle imprese dell'estrema destra: «Partito francese che viene dai francesi », avalla i miti e le pau¬ re dei « francesi di sangue ». Nelle province meridionali c'è di nuovo la nostalgia della terra, e il partito comunista esalta la civiltà rurale e la vita serena nelle campagne d'una volta, dice ciò che gli operai della provincia vogliono sentire, ma sono le stesse cose che dicono i movimenti d'estrema destra, ora venuti alla luce del sole, arroganti, ambiziosi, per la prima volta favoriti da complici involontari. Gioco pericoloso Li favoriscono senza volerlo i rinascenti movimenti d'autonomia etnica, quello occitano e quello bretone, che volgono a sinistra ma portano allarme; la « diserzione » del clero del Nord, che è passato dall'alleanza con i notabili alla sinistra, spingendo i notabili a cercare nuovi sostegni: la rivolta dei commercianti e degli artigiani che rifiutano la politica, il vuoto del gollismo, poco attraente per i giovani: « Ordine Nuovo » di Parigi è fatto per il cinquanta per cento di militanti tra i venticinque e i quaranta anni. Li favorisce, soprattutto, uno stato di cose che porta ognuno a difendersi contro gli altri: i notai che si sentono odiati e i cui privilegi stanno per essere aboliti, la potente associazione dei genitori di allievi di scuole private che non accetta i nuovi programmi e i nuovi metodi di studio, la prospettiva dell'Europa, la jacquerie degli agricoltori. Rappresentano l'ultima ridotta di una Francia che non vuole cambiare: ma non sono più assediati. Ed i loro capi sanno bene qual è il loro destino: « Si servono di noi — dice il colonnello Rémy — finché facciamo comodo, poi si mettono a gridare contro la rinascita del fascismo quando siamo forti ». « Questo è il gioco — commenta Mitterrand — che non permette alla Francia di andare avanti ». Michele Tito Londra. Un convegno di veterani della Divisione Ledere: in Francia la destra sa trarre partito dal diffuso nazionalismo (Foto Grazia Neri)