Il passaporto ai dissidenti

Il passaporto ai dissidenti INCONTRO A ROMA CON IL FIGLIO DI ESENIN Il passaporto ai dissidenti Ora gl'intellettuali scomodi, se non finiscono in manicomio, sono invitati a lasciare l'Urss (Nostro servizio particolare) Ritma, giugno. Governi Stalin o Breznev, l'uscita dall'Urss più che regolata è ostacolata da una serio di complicate formalità burocratiche. Assume particolare rilievo in tali circostanze l'arrivo in Europa occidentale di numerosi intellettuali russi, sia ebrei cui è stata concessa l'emigrazione, sia dissidenti, cui le autorità hanno imposto la scelta tra espatrio e reclusione. Sembra trattarsi attualmente della più estesa applicazione di un provvedimento coattivo, sin qui sporadico. Con l'entrata in vigore del nuovo sistema, tra altri hanno lasciato l'Urss degli ebrei di Sverdlovsk, città degli Tirali chiusa agli stranieri, il poeta Josif Brodskij, due firmatari di numerose petizioni e proteste, l'orientalista Jurij Glazov e Jurij Titov, un architetto diventato pittore, i cui quadri di argomento religioso sono giunti a Roma semidistrutti dall'acido solforico. Il più noto tra gli espulsi è Aleksandr Sergejevic Esenin-Vol'pin, figlio del poeta Sergej Esenin e di Nadezda Vol'pina, donna di vasta cultura, traduttrice dal francese e dall'inglese. Esenin-Vol'pin nacque a Mosca nel 1925 (l'anno in cui si suicidò suo padre). Diventato kandidat in matematica (titolo equivalente press'a poco a libero docente) nel 1949, venne denunciato agli organi di sicurezza per due poesie non pubblicate (.Non ho mai preso l'aratro, li corvo), arrestato, dichiarato incapace d'intendere e di volere, internato nell'ospedale psichiatrico di Leningrado, condannato nel 1950 a cinque anni di confino a Karaganda e amnistiato dopo la morte di Stalin. Nel 1959 Esenin-Vol'pin subì un secondo internamento per aver mandato all'estero le sue poesie e il Libero trattato di filosofia, e poi un terzo breve ricovero nel '68. Nella trentina di poesie, vergate da Esenin-Vol'pin tra il 1941 e il 1958. in parte in prigione, al manicomio e al confino, si palesano con accenti ora disperati ora ironici la sua opposizione a Stalin e al comunismo, l'aspirazione alla libertà e alla schiettezza, il rifiuto di ogni compromesso. « O concittadini vacche e tori, I Dove vi hanno condotto i bolscevichi... I Quando i treni circoleranno liberamente I Partirò dalla Russia per sempre!... Certo, non tornerò!... Affinché la Russia non abbia nulla delle mie ceneri » scriveva a Karaganda nel 1952. Un atteggiamento che in vent'anni dev'essere alquanto cambiato, se nel corso di un breve soggiorno a Roma Esenin-Vol'pin indica, al contrario, come fine della sua futura attività il raggiungimento per ogni cittadino russo del diritto di uscire liberamonte dal suo paese e di potervi tornare. Durante questo primo viaggio all'estero, iniziatosi in un clima drammatico, riusciamo a incontrarlo brevemente dopo una vivace conferenza stampa sui danneggiati quadri di Titov. Egli ci ha parlato del nuovo sistema, adottato dalle autorità sovietiche, per liberarsi dai dissidenti, decimando cosi le file dell'opposizione democratica e creando gravi conflitti, perché non tutti sono disposti ad espatriare: Solzenicyn, per esempio, certo non lo farà. Insiste sulla importanza della glasnost', la diffusione delle notizie e la pressione dell'opinione pub blica su quanto avviene nel l'Unione Sovietica. Sapere quanti detenuti politici siano effettivamente rinchiusi nei manicomi pare non sia possibile, mentre è vero che in genere si trovano lì con delinquenti comuni al trettanto numerosi. Tuttavia un progresso in confronto con i tempi di Stalin sembra che ci sia: ora si possono filmare petizioni e proteste senza rischiare la vita, conchiude Esenin Vol'pin. Lia Wainsteìn