Oggi le primarie a New York Un plebiscito per McGovern?

Oggi le primarie a New York Un plebiscito per McGovern? Verso la "Convention,, democratica di Miami Oggi le primarie a New York Un plebiscito per McGovern? 11 senatore del South Dakota dispone già dei voti di 1091 delegati, ma è avversato . dai burocrati del partito - L'appoggio di Kennedy potrebbe assicurargli la nomina Microfoni-spia messi dai repubblicani nella sede dei democratici (Dal nostro corrispondente) New York, 19 giugno. Alla vigilia deUe « primarie» dello Stato di New York, le ultime di una lunga serie incominciata a marzo, George McGovern ha rafforzato la sua posizione nella lotta per la candidatura democratica aUa presidenza. I suoi principali avversari, l'ex vicepresidente Humphrey, il senatore Muskie e il governatore dell'Alabama Wallace, hanno tuttavia annunciato che si batteranno anche alla « Convention » o assemblea di partito di luglio a Miami. Wallace è stato operato ieri all'ospedale della Santa Croce nel Maryland, un mese dopo l'attentato di cui fu vittima: la pallottola di rivoltella estrattagU non ha spezzato la spina dorsale, e forse tra sei mesi potrà di nuovo camminare con l'aiuto delle stampelle. Per ora, egli è paralizzato. McGovern ha ottenuto un centinaio di suffragi dai delegati alla Convention nelle riunioni della scorsa fine settimana dei direttivi del partito democratico in sei Stati diversi: il Connecticut, il North Dakota, il Colorado, il Montana, l'Utah, l'Idaho e a Portorico. Secondo i calcoli del New York Times, egli dispone adesso di 1091 delegati. Alla Convention occorrono 1509 suffragi per la nomina a candidato ufficiale alla presidenza. A marzo, nessuno avrebbe previsto una situazione siffatta alla vigilia delle «primarie» nello Stato di New York: il favorito era Muskie. Domani, sono in gioco i suffragi di 248 delegati e il New York Times prevede che McGovern ne otterrà circa 200. Il senatore pacifista compete virtualmente da solo nello Stato di New York, uno dei più «a sinistra» dell'America. Humphrey, Muskie e Wallace, prevedendo una secca sconfitta, non hanno tenuto comizi. Il New York Times afferma che nelle ultime riunioni dei direttivi del partito, il prossimo weekend, McGovern conquisterà un'altra trentina di suffragi. Egli dovrebbe quindi presentarsi alla Convention con oltre 1300 delegati, forse quasi 1400, poiché altri potrebbero disertare il loro campo per puntare sul «cavallo vincente». Ciò non significa, tuttavia, che McGovern abbia «la nomina in tasca», come scrive la Washington Post. Il senatore pacifista è infatti avversato dalla burocrazia del partito, dalla direzione dei sindacati, e dall'ala destra, che è piuttosto numerosa. Tutte temono il suo radicalismo o progressismo. Invero, Humphrey e Muskie si presentano alla Convention come i candidati del compromesso o della conciliazione: le loro prospettive sarebbero buone se McGovern non ottenesse la nomina al primo ballottaggio. Molto dipenderà dall'uomo che McGovern sceglierà come possibile vicepresidente: se avesse il consenso di Edward Kennedy, la vittoria sarebbe certa. Alla Convention, l'uomo di rottura sarà Wallace. Il governatore dell'Alabama parteciperà ai lavori in carrozzella. Egli è ancora in convalescenza, smagrito, piegato dalla sofferenza, ma più deciso che mai a strappare consensi al suo populismo e razzismo. I medici non sanno se riacquisterà completamente l'uso delle gambe e il controllo delle sue funzioni biologiche entro un anno e mezzo o due, ma Wallace ha deciso che non si ritirerà comunque dalla scena politica. Cinque, tra finanziatori, dipendenti e simpatizzanti del partito repubblicano sono stati arrestati dalla polizia mentre, nottetempo, nascondevano microfoni e strumenti di registrazione nel quartier generale del partito democratico a Washington. I massimi esponenti repubblicani hanno immediatamente condannato l'iniziativa dei cinque, negando ogni responsabilità. Ma i dirigenti democratici hanno affermato che l'episodio «solleva i più gravi interrogativi degli ultimi venticinque anni sulla poliiica americana». Il segretario del partito, Lawrence O'Brien, ha parlato di «spionaggio» ed ha annunciato che adirà le vie legali. Il caso è complicato dal fatto che due dei cinque avevano lavorato per la Cia. Le indagini sono state affidate all'Pbi, la polizia federale. I personaggi principali della vicenda sono un cubano naturalizzato americano, Bernard Barker, un miliardario di Miami, in Florida e James McCord, un ex agente segreto, responsabile di parte dei servizi di sicurezza del Comitato nazionale repubblicano e del Comitato per la rielezione del presidente Nixon. Il New York Times svela stamane che Barker è un finanziatore dei repubblicani. nsanFsfrsnVFsslUictad«gaqsspn I movimenti dei cinque sono stati così ricostruiti. Essi sono arrivati da Washington a Miami venerdì sera, ed hanno preso alloggio al Waterga- te Hotel, in un vasto complesso residenziale che ospita anche il quartier generale del partito democratico. La notte di sabato, sono penetrati nel¬ l'ufficio del segretario O'Brien con complesse apparecchiature elettroniche, ed hanno incominciato a fotografare documenti segreti, e a sistemare microfoni nelle pareti. James McCord possiede un'agenzia di investigazioni, ed è esperto nell'ascolto di conversazioni a distanza. Dopo l'arresto, sono stati incarcerati. L'ex ministro della Giustizia Mitchell, dimessosi per dirigere il Comitato per la rielezione del presidente Nixon, ha dichiarato tra l'altro: «I cinque arrestati non agivano né per conto nostro né con la nostra approvazione: sono sorpreso e addolorato che circolino tali voci». Egli ha aggiunto: «Né nella nostra campagna né nel nostro processo elettorale vi è posto per iniziative del genere, e noi non le permetteremo né le perdoneremo». O'Brien, senza mettere in dubbio le dichiarazioni di Mitchell, ha però reagito negativamente. Anche McGovern, il primo dei candidati democratici alla presidenza, ha denunciato «la prassi di intrusione» del governo repubblicano negli ultimi anni, senza però fare accuse specifiche. La vicenda minaccia di diventare un grosso scandalo. e. c. New York. George McGovern (Telefoto Associated Press)